Avv. Giuseppe Croari – Dott. Francesco Rabottini
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La legge “anti-pezzotto” e il decreto “Omnibus” introducono strumenti rapidi e sanzioni severe contro la pirateria digitale.
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Gli ISP e le aziende sono obbligati a segnalare e bloccare i contenuti illeciti, con forti responsabilità legali.
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Le misure funzionano, ma sollevano critiche per i costi e i rischi a carico degli intermediari.
più che mai la pirateria di contenuti condivisi sul web rappresenta un inconveniente di non poco conto per le grandi aziende produttrici di contenuti media audiovisivi digitali. Questo fenomeno si pone quindi quale antagonista assoluto dell’industria digitale e, in particolare, dei fornitori di servizi internet e cloud, causando ogni anno, solo per il settore calcistico, un danno economico superiore ai 300 milioni di euro. In questo contesto, si è cercato di limitare le conseguenze negative generate dalla fruizione illegale di contenuti caricati su piattaforme a pagamento: tali sforzi sono confluiti nella creazione di normative ad hoc quali la Legge 93/2023, meglio conosciuta con il nome di Legge “anti-pezzotto”, e il D.l. 113/2024 “Omnibus”.
La Legge “anti-pezzotto”, famosa per aver introdotto il “Piracy Shield”, efficace strumento per il blocco rapido (30 minuti dalla segnalazione al Garante Privacy) e automatizzato di contenuti illeciti, costituisce lo strumento normativo più avanzato di lotta contro la fruizione illegale di contenuti protetti da copyright, in quanto trova diretta applicazione nei confronti degli utenti finali. Una prima comunicazione a riguardo è stata fornita dalla guardia di finanza lo scorso mercoledì 14 maggio: il numero degli utenti sanzionati per aver usufruito di eventi sportivi trasmessi via streaming ha superato le due migliaia.
Il Decreto, invece, convertito in Legge 143/2024, mira ad ampliare la responsabilità di un ingente numero di operatori, tra i quali i fornitori di servizi di accesso alla rete e i prestatori di servizi della società dell’informazione. Invero, tali soggetti sono tenuti a segnalare alle autorità i reati di accesso abusivo ai sistemi informativi, pena la possibilità di incorrere, in caso di omessa segnalazione, in sanzioni fino a un anno di reclusione.
Dynamic Injunctions: il Tribunale di Milano ne conferma l’importanza
Alla luce degli interventi normativi menzionati, particolare importanza viene assunta dalle “Dynamic Injunctions”, una tipologia di provvedimenti giudiziali flessibili volti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale online. Le DI o “inibitorie dinamiche” si distinguono dalle “Static Injunctions” in quanto, a differenza di queste ultime, non si limitano a bloccare contenuti specifici, ma permettono un monitoraggio e un’azione senza soluzione di continuità con riferimento a siti e piattaforme che ricaricano o spostano contenuti illegali.
In altre parole, le Dynamic Injunctions permettono di bloccare non solo un singolo sito che trasmette contenuti pirata, ma anche tutti quelli che proveranno a fare la stessa cosa cambiando nome o indirizzo. Funzionano come un sistema di sorveglianza attiva: se un contenuto illegale viene spostato o ricaricato su un nuovo dominio, l’azione giudiziaria resta valida e continua ad avere effetto. Così si evitano rincorse infinite tra chi diffonde contenuti illeciti e chi cerca di bloccarli.
Il Tribunale di Milano si è pronunciato sul tema con sentenza n. 2539/2025, prendendo parte a quell’orientamento di matrice europea che sostiene l’importanza di una tutela effettiva dei diritti di proprietà intellettuale, rifiutando interpretazioni meramente formalistiche che, concretamente, si risolvono in esenzioni di responsabilità per gli Internet Service Provider.
Misure restrittive: aziende e sistema giudiziario in difficoltà
Non serve essere addetti ai lavori per scorgere i catastrofici effetti che la paura di incorrere in sanzioni detentive potrebbe avere sul sistema giudiziario nel suo complesso: un eccesso di segnalazioni alle autorità competenti, infatti, non potrà che ingolfare ulteriormente tale sistema. Questa prospettiva, tutt’altro che rosea, individua la propria origine nelle critiche espresse dalle aziende del settore in tale ambito.
Le misure di contrasto alla pirateria hanno posto obblighi eccessivamente onerosi sulle spalle di soggetti non direttamente coinvolti all’interno dei disegni criminosi in parola. Si tratta di semplici intermediari, operatori che, nella maggior parte dei casi, non risultano essere in possesso di sufficienti competenze per determinare la rilevanza penale di determinate condotte. Ed è già successo che, per eccesso di entusiasmo, per incuranza o per incompetenza, sono stati danneggiati servizi del tutto legittimi come l’accesso a Google Drive.
Difficoltà aggiuntive per le aziende
All’interno del paradigma appena descritto, le aziende rappresentano i soggetti che più di ogni altro percepiscono la complessità, a volte eccessiva, delle misure normative che sono tenute a rispettare. Tra i principali obblighi previsti si rileva l’obbligo di segnalazione alle Autorità Giudiziarie dei reati di accesso abusivo ai sistemi informatici e frode informatica, da ottemperare nel momento in cui le aziende vengono a conoscenza di tali illeciti: sanzioni fino a un anno di reclusione, infatti, verranno comminate in caso di omessa segnalazione.
Un secondo obbligo, al cui rispetto sono tenuti gli Internet service provider (ISP), consiste nell’oscurare l’oggetto della segnalazione entro 30 minuti, consistenti nel lasso di tempo intercorrente tra il caricamento della segnalazione stessa e l’inizio della sua operatività. Si tratta in particolare di indirizzi IP e di “Fully qualified domain name”, ossia nomi di dominio non ambigui in grado di identificare senza dubbio una risorsa online.
Infine, un ulteriore obbligo per gli ISP è rappresentato dalla interruzione dei propri servizi anche per quanto concerne alias futuri relativi i portali Internet Protocol Television illeciti.
Questi obblighi sono stati oggetto di una forte critica da parte degli operatori del settore, in quanto, costringendo le aziende ad effettuare rilevanti investimenti in ambito tecnico ed economico, risultano essere eccessivamente onerosi ed incompatibili con una serena esecuzione della loro attività.
Il lato positivo
Nonostante il significativo novero di criticità, bisogna tenere a mente il fine ultimo che, sin dal principio, ha plasmato il contenuto delle norme sopra citate: fronteggiare un diffuso senso di impunità e, al contempo, recuperare preziose risorse da far confluire in un piano generale di miglioramento dei servizi.
Le parole del CEO di Sky Italia risultano particolarmente adatte a veicolare un importante messaggio: “le sanzioni rappresentano l’inizio di un cambiamento culturale necessario”. I detentori dei diritti, come la Lega Serie A, vedono di buon occhio l’imposizione di tali sanzioni nei confronti degli utenti, in quanto rappresentano lo strumento più indicato per far comprendere agli stessi l’importanza degli abbonamenti e assicurare la tutela di chi sceglie la legalità.
Le misure di contenimento della pirateria online adottate fino ad ora sembrano non aver ancora raggiunto un punto di equilibrio tra benefici e inconvenienti. Se da un lato si è finalmente riusciti nell’impresa di identificare i soggetti responsabili e sanzionare le loro condotte, dall’altro le aziende coinvolte non hanno esitato a rendere evidente un diffuso malcontento nei confronti di misure eccessivamente restrittive.
Nonostante queste critiche, pare doveroso riconoscere i grandi passi avanti fatti negli ultimi tre anni, nella direzione di un mercato digitale che sia il più possibile sicuro e pronto a difendersi da chi ne vuole approfittare.
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