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a cura di Antonino Caffo

Quanto incide la velocità e la qualità di un buffering video sulle prestazioni finanziarie di un'azienda? Forse tanto nel caso di una YouTube, o simile, e meno nelle altre? Non è proprio così.

Akamai ha analizzato il mercato dello streaming di qualità, risultato nel dossier “Understanding the Value of Consistency in OTT Video Delivery”. Si tratta di un nuovo rapporto pubblicato in collaborazione con MTM, una società di ricerca e consulenza specializzata in media e tecnologia.

Il documento combina dati con interviste fatte a dirigenti di varie realtà operanti nella distribuzione di video, col fine di valutare l'importanza e l'impatto della qualità dei filmati in streaming per il successo commerciale.

Seppur non vi sia uno standard di mercato che misuri la qualità dell'esperienza video online, il rebuffering è l'unico indicatore che ritorna costantemente in ogni conversazione. Data la relazione diretta tra rebuffering ed engagement dello spettatore, evitare o ridurre al minimo tali interruzioni è una priorità assoluta per la maggior parte dei fornitori di servizi.

Secondo un senior manager intervistato per il report: "Il calo del customer engagement si verifica non appena compare la rotellina che segnala il rebuffering. Il nostro obiettivo è quello di mantenere questo valore al di sotto dello 0,5%. Quando il rebuffering è inferiore allo 0,5, il 90% delle sessioni sono completate. Non appena si arriva allo 0,5-1%, il numero inizia a diminuire - 80%. Non appena si raggiunge l'1%, il tasso scende al 50%". Per questo, Akamai spiega:

Nel nostro report siamo arrivati a valutare che un singolo caso di rebuffering, per un’importante emittente video, possa valere 85.000 dollari. Abbiamo raggiunto la cifra guardando prima il volume di traffico video di un'importante rete americana tra giugno 2017 e giugno 2018, che ammontava a 370 milioni di video play. Utilizzando i dati sulla qualità dell'esperienza raccolti attraverso lo strumento Media Analytics di Akamai, abbiamo visto che ogni istanza di rebuffering si traduce in un tasso di abbandono dell'1%. Con una durata media dei video di poco più di otto minuti, un singolo rebuffer si traduce in 496.417 ore perse, o l'equivalente di 10,7 milioni di ad impressions (supponendo 11 minuti di ad time per ora a una media di 30 secondi per annuncio). A un CPM di 8 dollari, un'istanza di rebuffering potrebbe portare a 85.500 dollari di mancato guadagno. Ed è chiaro che, considerando queste valutazioni, la posta in gioco sta diventando sempre più alta quando si tratta di prestazioni e qualità video.