La Corte Superiore di Giustizia dell'Ontario ha recentemente affrontato un caso emblematico che mette in luce le conseguenze legali di chi, dopo la fine di un rapporto lavorativo, utilizza impropriamente informazioni riservate sottratte all'azienda.
L'ex dipendente, che gestiva rapporti con clienti chiave come Apple e Best Buy (rappresentanti fino al 60% del fatturato annuale dell'azienda), ha sostenuto di aver agito come informatore per denunciare irregolarità, ma la tempistica delle sue azioni e le modalità con cui ha utilizzato i dati aziendali hanno portato il tribunale a una conclusione ben diversa. La corte ha respinto la sua difesa basata sulla Carta canadese dei diritti e delle libertà, considerando il suo comportamento più vicino alla ritorsione che a una genuina segnalazione di illeciti.
Dopo il licenziamento senza giusta causa nell'aprile 2024, l'azienda aveva rispettato tutti gli obblighi previsti dalla legge, offrendo anche un'indennità aggiuntiva in cambio di una liberatoria completa e finale, prontamente firmata dal lavoratore. È stato proprio dopo questa apparente chiusura consensuale del rapporto che la situazione è degenerata in quella che il tribunale ha descritto come una "campagna di molestie" durata quasi un anno.
Una spirale di comportamenti molesti e violazioni della riservatezza
La vera complessità del caso è emersa quando l'ex dipendente ha iniziato a contattare ossessivamente il suo ex manager utilizzando almeno otto numeri di telefono diversi per aggirare i blocchi. Nonostante l'intervento della polizia di Toronto, che lo aveva avvertito di possibili conseguenze penali, i comportamenti molesti sono proseguiti, trasformandosi da manifestazioni di ammirazione a vere e proprie ostilità nei confronti dell'ex datore di lavoro.
Il punto di svolta è arrivato nell'agosto 2024, quando l'azienda ha scoperto che l'ex dipendente aveva scaricato l'intero contenuto del suo computer di lavoro, inclusi l'elenco del personale e informazioni riservate sui clienti con dettagli finanziari. Durante il procedimento giudiziario, l'uomo ha ammesso di aver trasferito il materiale aziendale su un disco rigido esterno, sostenendo però che il suo laptop non fosse funzionante.

Le ripercussioni per l'azienda sono state immediate e concrete. La pagina aziendale su Google Business è stata chiusa dopo che l'ex dipendente ha pubblicato "diverse centinaia di recensioni negative" in pochi mesi. Inoltre, l'azienda si è trovata coinvolta in un'indagine avviata da uno dei suoi principali clienti, mettendo a rischio relazioni commerciali vitali.
Le conseguenze legali non si sono fatte attendere. Il tribunale ha concesso un'ingiunzione interlocutoria e un ordine Anton Piller, una misura eccezionale che consente la perquisizione di locali senza preavviso. All'ex dipendente è stato ordinato di restituire e cancellare tutte le informazioni confidenziali, di astenersi dal molestare l'ex manager e di consegnare il suo laptop a un avvocato supervisore indipendente per un esame approfondito.
Particolarmente rilevante è stata l'osservazione della corte sui potenziali danni all'azienda: "In questo caso, il datore di lavoro rischia ulteriori danni significativi alla propria reputazione e la potenziale perdita dei suoi due principali clienti. Esiste un rischio concreto che l'attività del datore di lavoro possa fallire se perde uno o entrambi questi clienti."
Questo caso solleva questioni fondamentali sul confine tra proprietà intellettuale aziendale e diritti dei lavoratori. Mentre i contratti di lavoro spesso contengono clausole di riservatezza che si estendono oltre il termine del rapporto, la loro applicazione pratica può essere complessa, soprattutto quando si intrecciano con presunte violazioni etiche o legali da parte dell'azienda.
Il lavoratore è stato inoltre condannato a pagare costi legali per 34.570,15 dollari, una somma considerevole che riflette la gravità con cui la corte ha valutato la sua "continua campagna di molestie".
Per i datori di lavoro, questo caso sottolinea l'importanza di avere contratti di lavoro ben redatti che definiscano chiaramente gli obblighi di riservatezza. Per i lavoratori, rappresenta un monito sulle gravi conseguenze legali che possono derivare dall'appropriazione indebita di informazioni aziendali, anche quando si ritiene di agire come informatori di presunte irregolarità.
Comunque I datori di lavoro spesso manifestano un atteggiamento di superiorità e sfruttamento, trattando i dipendenti come meri strumenti per il profitto, privi di rispetto e dignità umana.
Quindi sicuramente il lavoratore non ha fatto niente di male. Si è difeso dai consueti schiavisti moderni.
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