Botta e risposta

Spesso si leggono storie di clienti insoddisfatti di marketplace e venditori, che gridano alla truffa. Ma quando sono i clienti a fare i furbetti? Che succede? Ecco la storia di Brico Bravo.

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a cura di Tom's Hardware

Quando ci è venuta l'idea di scrivere questo pezzo, avevamo solo una vaga idea dell'estensione del fenomeno e delle forme in cui si presenta. Per soddisfare la nostra curiosità abbiamo fatto qualche domanda ad Alessandro Samà, l'artefice della trasformazione di un negozio di ferramenta dell'EUR in un'azienda di ecommerce di portata nazionale.

brico bravo

D: Partiamo con qualche domanda generale: come si passa da un negozio di ferramenta all'EUR ad azienda che vende online ed effettua 200.000 spedizioni all'anno?

R: Partendo da dietro il bancone! (N.d.A.: ride) Sin da ragazzo sono stato in negozio e dietro il bancone a servire i clienti. Vendere mi piaceva e mi piaceva anche il contatto con i clienti. Poi, sai com'è, c'era un computer connesso a Internet e ho deciso di provarci. Era il 2004 e il commercio online era uno sconosciuto. Iniziai a mettere qualche stufa su eBay, quasi per gioco... in pochi giorni avevo venduto tutte quelle che avevamo.

D: Un bel colpo...

R: Sì, ma mio padre non ne fu molto contento. Non aveva più stufe da vendere!

D: Immagino che siano cambiate tante cose da allora. Come ci sei arrivato?

R: Grazie all'aiuto di tante persone. Innanzitutto la mia famiglia che ha creduto in quella che sembrava una follia. Quando siamo partiti eravamo in due, io e mio cugino Federico. Pensa che all'inizio segnavamo le vendite su un quaderno! Poi siamo passati ai file di Excel ma inserivamo a mano tutti i dati di ogni singola vendita. Un incubo... allora ho chiamato lui (N.d.A. indica Elleno Bedendo, CEO di TooEasy, la software house che segue Brico Bravo). C'è voluto un po' ma oggi riusciamo a gestire diverse migliaia di ordini al giorno.

D: Quindi a chi devo fare i complimenti per il Netcomm Award come miglior ecommerce del 2016 per il tempo libero?

R: Ce li dividiamo volentieri (N.d.A: ridono).

D: Arriviamo al motivo dell'incontro. Il tema delle truffe online è particolarmente sentito e discusso dai consumatori ma qual è la vostra esperienza come venditori?

R: Purtroppo anche noi abbiamo avuto qualche problema. Fino a qualche anno fa i danni maggiori li abbiamo avuti da pagamenti con carte di credito clonate o rubate. Venivano sul sito, si registravano con dati falsi, pagavano con una carta rubata o clonata, fornivano un indirizzo reale e poi aspettavano il corriere in strada, magari per delle ore. Appena lo vedevano gli andavano incontro mostrandosi sicuri, anche perché sapevano cosa arrivava e da chi. E comunque, quando mai un corriere vi ha chiesto un documento?

Altre volte ci è capitato che sfruttassero delle falle del sistema, come nel caso dei buoni sconto (N.d.A.: l'episodio raccontato qualche pagina fa). Per quanto possiamo testare le nostre piattaforme, c'è sempre qualcosa che può sfuggire ma gli errori ci servono per migliorare.

D: Posso immaginare... hanno mai arrestato qualcuno per queste truffe?

R: Denunce ne abbiamo fatte tante ma non sappiamo come siano finite. Tranne per noi, perché i soldi ce li abbiamo sempre rimessi.

D: E oggi? È cambiato qualcosa?

(N.d.A. a questa ed alla prossima domanda risponde Elleno Bedendo)

R: Oggi è più difficile. I tentativi sono all'ordine del giorno ma banche ed intermediari hanno introdotto sistemi di verifica ed allerta che funzionano abbastanza bene. Sia chiaro, ci provano ancora ma è molto più difficile e anche noi abbiamo introdotto qualche accorgimento nel software gestionale.

D: Puoi spiegarti meglio?

R: Senza scendere nei particolari, il sistema blocca ed evidenzia ordini che presentano anomalie. Quando succede, gli ordini sono sottoposti a verifica da parte di un operatore che chiama o scrive al cliente. Per i clienti è una scocciatura ma quando gli spieghiamo il motivo ci ringraziano.

D: E qui arriviamo ai clienti... le storie di Carlo, Filippo e Luisa sono casi isolati?

R: Sfortunatamente no anche se si tratta di casi eclatanti. Quando hai migliaia di ordini al giorno può succedere che i ragazzi della logistica si sbaglino o che il corriere danneggi qualcosa. Accade meno dell'uno per cento delle volte ma, quando capita, ci scusiamo e cerchiamo di farci perdonare. Purtroppo, però, ci sono anche clienti poco... trasparenti.

Può succedere che il prodotto si danneggi durante il trasporto e come prima cosa chiediamo delle fotografie. Alcuni ci hanno risposto che non potevano perché l'avevano già buttato ma tuttavia pretendevano comunque il rimborso.

Altre volte abbiamo ritirato il prodotto ma quando ci è arrivato era evidente che il danno fosse stato causato dal cliente durante il montaggio.

D: Di quanti casi parliamo e come vi comportate?

R: Non sono tantissimi... tieni conto che possiamo arrivare a 4.000 spedizioni al giorno, quindi parliamo di una ventina di casi al massimo.

Quando succede, se c'è anche solo la possibilità che il cliente abbia ragione, gli proponiamo la sostituzione o il rimborso. Invece, se è chiaro che il danno ha altre cause, glielo comunichiamo e gli mettiamo a disposizione la merce per il ritiro.

D: E la loro reazione?

R: Alcuni spariscono e non si fanno più sentire. Altri diventano verbalmente aggressivi o maleducati e minacciano azioni legali. Se di mezzo c'è un marketplace, spesso aprono una contestazione.

D: Parliamo dei marketplace. Molti italiani preferiscono acquistare sui marketplace perché si sentono più tutelati. Cosa ne pensi e com'è il loro atteggiamento in questi casi?

R: In un certo senso i marketplace sono costretti ad offrire una maggior tutela perché chiunque può iscriversi per vendere quindi devono preservare il loro reale patrimonio, ovvero i clienti. Questo, però, vale per qualsiasi azienda seria che non vuole essere una meteora nel mercato: se non tieni ai tuoi clienti, non hai futuro.

Tornando ai marketplace, in generale tendono a dare ragione al cliente a meno che non sia evidente il contrario, come nei casi di cui parlavamo prima.

Alcune volte è successo che il marketplace emettesse il rimborso e ci stornasse il pagamento prima che il cliente ci restituisse la merce. Quando abbiamo provato a recuperarla, il cliente o non rispondeva né alle email né alle telefonate oppure non si faceva trovare quando il corriere si presentava per il ritiro... e ovviamente il marketplace non ti rimborsa.

Sia chiaro, capisco perché lo fanno anche se non trovo che sia corretto penalizzare i venditori seri perché sono aziende come la nostra che attirano i clienti.

D: Ritieni che i consumatori conoscano i loro diritti?

R: Da quello che mi dicono i ragazzi dell'assistenza clienti, in generale li conoscono abbastanza bene anche se alcuni pensano che essere un consumatore significhi avere una sorta di immunità totale.

Ad esempio, abbiamo avuto un cliente che ha acquistato una carriola salvo poi esercitare il diritto di recesso. Ci è stata restituita completamente sporca e rigata, proprio come ci si aspetterebbe dopo un utilizzo. Visto che per noi era invendibile, gli abbiamo proposto un rimborso parziale oppure di riprendersi la carriola, secondo quanto previsto dalla legge*. Invece ha iniziato ad insultare i miei colleghi e ci ha fatto causa.

(*) N.d.A.: Alessandro Samà fa riferimento all'Art. 57, comma 2, del Codice del Consumo secondo cui:

"2. Il consumatore è responsabile unicamente della diminuzione del valore dei beni risultante da una manipolazione dei beni diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni".

In altre parole, se esercitiamo il diritto di recesso, il venditore ha il diritto di rimborsarci un importo inferiore qualora l'avessimo usato più di quanto necessario per "stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento".

D: Un'ultima domanda e vi lascio tornare al vostro lavoro. Ritenete che tutto questo abbia un impatto sui consumatori?

R: Siamo un'azienda e in quanto tale non ci possiamo permettere di perdere denaro. Questi comportamenti generano dei costi di cui dobbiamo tenere conto ma la parte peggiore è che assorbono risorse che potremmo invece destinare a risolvere i problemi dei clienti meritevoli.