I furbetti dei quartierini

Spesso si leggono storie di clienti insoddisfatti di marketplace e venditori, che gridano alla truffa. Ma quando sono i clienti a fare i furbetti? Che succede? Ecco la storia di Brico Bravo.

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a cura di Tom's Hardware

All'inizio vi ho raccontato di Carlo, Filippo e Luisa ma vi rinfresco la memoria

È un grigio lunedì autunnale e Carlo Rossi contatta l'help desk chiedendo il rimborso dell'elettroutensile acquistato perché, nonostante l'imballo esterno risultasse integro, in quello interno non c'era traccia dell'attrezzo acquistato.

Filippo Bianchi, invece, chiede all'intermediario del pagamento di provvedere immediatamente al rimborso dell'ordine perché, dopo aver correttamente esercitato il diritto di recesso previsto dal Codice del Consumo, ha provveduto a rispedire indietro la merce e ne dà prova fornendo il numero di raccomandata A.R.

Luisa Verdi scrive una recensione estremamente negativa lamentando la mancata ricezione di quanto acquistato e il diniego del venditore ad effettuare il rimborso. È talmente arrabbiata che non le manda certo a dire e usa parole come "farabutti", "truffatori" e "disonesti".

Quanto sopra rappresenta il punto di vista di Carlo, Filippo e Luisa. Tuttavia Brico Bravo ci ha permesso di parlare con le persone che hanno gestito quelle situazioni e ci ha messo a disposizione i documenti relativi consentendoci di raccontare le storie da un diverso punto di vista.

L'operatore dell'assistenza clienti che risponde a Carlo è piuttosto incredulo. Un problema del genere è estremamente insolito, tanto da richiedere l'intervento della responsabile che, a sua volta, coinvolge altri colleghi. Dopo aver escluso tutte le ipotesi improbabili, ne rimangono solamente due: o il cliente sta mentendo oppure in magazzino c'è qualcuno che ruba e richiude le confezioni.

In ogni caso, non potendo dimostrare che il cliente mente, bisogna effettuare il rimborso altrimenti verrà lasciato un feedback negativo ed il marketplace abbasserà il rating dell'azienda.

truffa

Poi a qualcuno si accende una lampadina. Uno dei colleghi va in magazzino, prende un prodotto identico, lo pesa e scatta una fotografia: 2,2Kg. Nel frattempo un altro collega spulcia la mastodontica fattura del corriere fino a trovare la spedizione effettuata a Carlo Rossi, corre alla colonna del peso rilevato (e certificato) e lo evidenzia: 2,3Kg.

Filippo Bianchi aveva correttamente comunicato, sia al venditore sia all'intermediario del pagamento, di voler esercitare il diritto di recesso previsto dal Codice del Consumo. L'intermediario gli indica di spedire l'articolo al mittente assicurandogli che il rimborso sarebbe stato fatto appena avessero verificato che il numero di tracking era reale.

In effetti il numero di tracking fornito da Filippo corrispondeva ad una spedizione che aveva lui come mittente ed il venditore come destinatario, tuttavia dopo tre giorni la consegna va a buon fine ma l'intermediario tarda ad emettere il rimborso. Il quarto giorno, giustamente scocciato, Filippo invia una mail dai toni particolarmente aspri tacciando tutti di incompetenza e minacciando querele e cause civili.

L'assistenza clienti chiama il magazzino sollecitando la ricerca di questa spedizione che tuttavia nessuno riesce a trovare. Quando il problema arriva alla responsabile, il nome del cliente solletica un ricordo. Una rapida ricerca nel vassoio della posta e salta fuori una busta delle dimensioni di una cartolina ricevuta per raccomandata A.R.

Le due colleghe controllano il numero della raccomandata che, nonostante la loro incredulità, combacia con quello comunicato dal cliente. Aprono la busta e ci trovano un pacchetto di fiammiferi vuoto e schiacciato. Filippo avrebbe dovuto restituire un bene del peso di 65Kg e delle dimensioni di un frigobar.

Arriviamo infine a Luisa, adirata perché il suo acquisto non era stato consegnato. Era alta stagione e l'azienda ha affidato la spedizione al corriere il venerdì sera, 36 ore dopo aver ricevuto l'ordine. Purtroppo è il fine settimana, quindi il corriere tenta la prima consegna solo il martedì: destinatario sconosciuto. Il corriere informa il venditore che, a sua volta, interpella la cliente, la quale conferma di aver inserito un indirizzo errato e ne comunica un altro.

Giovedì il corriere ritenta la consegna ma la cliente è irreperibile. Luisa, scocciata per il ritardo, apre una contestazione per mancata consegna chiedendo il rimborso integrale. Il venditore ha quattro giorni per risolvere il problema, oppure l'intermediario del pagamento provvederà al rimborso.

corriere

È lunedì mattina e sono passati dieci giorni da quando l'ordine è stato fatto, quattro dei quali non lavorativi.

Alle 9:00 il venditore comunica al corriere di annullare la consegna. Pochi minuti dopo effettua il rimborso integrale informando Luisa tramite email e chiedendole la cortesia di rifiutare la consegna qualora il corriere si presentasse.

Alle 10:30 il corriere si presenta alla porta e Luisa accetta la consegna.

Alle 13:30 Luisa pubblica una recensione in cui dichiara di aver effettuato un ordine che dopo 15 giorni non era ancora stato consegnato. Inoltre, dichiara che l'azienda si è rifiutata di effettuare il rimborso quindi provvederà a sporgere querela per truffa. Ovviamente tutto questo è rinchiuso in poche righe condite di termini come "farabutti", "truffatori", "disonesti" e quant'altro.

È evidente che questi tre casi si sono risolti a favore dell'azienda ma quante volte finisce in questo modo? Quanti "furbetti" ci sono in giro e quanti danni creano a tutti noi? Per avere delle risposte, bisogna fare delle domande...