Il confronto tra il presidente degli Stati Uniti e le grandi aziende tecnologiche ha raggiunto un nuovo livello di tensione quando Donald Trump ha pubblicamente chiesto il licenziamento di un dirigente di Microsoft. Si tratta di Lisa Monaco, recentemente nominata responsabile degli affari globali del colosso di Redmond, che secondo il presidente rappresenterebbe un rischio per la sicurezza nazionale a causa del suo passato nelle amministrazioni Obama e Biden.
La strategia di Trump non è una novità assoluta nel panorama delle relazioni tra Casa Bianca e Silicon Valley. Lo scorso agosto, il presidente aveva adottato un approccio simile nei confronti di Intel, accusando il CEO Lip Bu Tan di lealtà verso la Cina e mettendo in discussione la sua idoneità a guidare il gigante dei semiconduttori.
La vicenda si era poi conclusa diversamente: dopo una visita del dirigente alla Casa Bianca, Trump aveva cambiato tono, elogiando le qualità di leadership del CEO e siglando un accordo che prevedeva una partecipazione del 10% del governo americano in Intel, in cambio di sovvenzioni già autorizzate sotto il CHIPS Act.
L'episodio Intel dimostra come le pressioni presidenziali possano trasformarsi in opportunità di dialogo, ma anche quanto sia sottile il confine tra diplomazia aziendale e cedimento alle richieste politiche. Il precedente potrebbe ora influenzare la risposta di Microsoft, che finora non ha commentato pubblicamente le dichiarazioni di Trump.
Le accuse contro Monaco e il tema dell'accesso ai dati
Attraverso i suoi canali social, Trump ha sostenuto che la carriera di Monaco nelle precedenti amministrazioni democratiche - entrambe coinvolte in indagini sulle sue azioni - la renderebbe inadeguata per un ruolo in Microsoft. Il ragionamento del presidente si basa sui numerosi contratti governativi dell'azienda di Redmond, che secondo lui permetterebbero alla dirigente di accedere a "informazioni altamente sensibili". Trump ha definito "inaccettabile" questo tipo di accesso, concludendo con una richiesta diretta: "È mia opinione che Microsoft dovrebbe immediatamente interrompere il rapporto di lavoro con Lisa Monaco".
La posizione di Trump ha ricevuto il sostegno dell'attivista conservatrice Laura Loomer, che ha rivendicato il merito di aver informato il presidente sulla nomina di Monaco. Loomer ha inoltre sfidato il CEO di Microsoft Satya Nadella a "conformarsi" ai desideri di Trump, alzando ulteriormente la posta in gioco della controversia.
Nonostante Microsoft mantenga effettivamente una miriade di contratti con il governo americano, rimane tutt'altro che certo che Monaco - o altri dirigenti senior dell'azienda - abbiano automaticamente accesso a informazioni che potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Le dichiarazioni di Trump fanno riferimento a episodi che il presidente ha spesso definito "cospirazioni del Deep State", termine che utilizza per descrivere presunti tentativi di perseguitare lui e i suoi sostenitori.
La situazione pone Microsoft in una posizione particolarmente delicata. L'azienda ha certamente osservato come altre grandi corporazioni americane, come l'emittente ABC, abbiano rapidamente scelto di risolvere le cause legali intentate da Trump durante la sua presidenza. Alcuni di questi accordi sono arrivati mentre le aziende aspettavano l'approvazione dei regolatori per operazioni o decisioni cruciali.
Microsoft non è attualmente in attesa di approvazioni federali per iniziative importanti. Anzi, Washington ha recentemente facilitato alcune operazioni del gigante del software, come la costruzione di data center, e ha allentato le regolamentazioni sull'intelligenza artificiale in modi che favoriscono Redmond. Anche così, comunque, l'azienda fondata da Bill Gates non vuole certamente mettersi contro il Presidente degli Stati Uniti, e con ogni probabilità cercherà la conciliazione.
L'amministrazione Trump potrebbe teoricamente minacciare di cancellare alcuni contratti Microsoft, una mossa che beneficerebbe competitor come Google, Oracle e AWS. Tuttavia, tale decisione comporterebbe probabilmente costi elevatissimi per Washington in progetti di migrazione. Qualsiasi scelta di sostituire Microsoft risulterebbe quindi in contraddizione con la politica dell'amministrazione di ridurre le spese governative superflue, creando un paradosso strategico che potrebbe limitare le opzioni concrete a disposizione della Casa Bianca.