Blast Integrale di Manu Larcenet, recensione: bite the pain

Coconino Press riporta in fumetteria e libreria, in una nuova edizione, Blast Integrale, il graphic novel capolavoro di Manu Larcenet.

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a cura di Domenico Bottalico

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Coconino Press riporta sugli scaffali di fumetterie e librerie italiane, in una nuova edizione, Blast Integrale. Il graphic novel capolavoro di Manu Larcenet (originariamente pubblicato in 4 tomi, anche in Italia, e poi raccolto in un unico volume) rappresenta uno degli apici del fumetto contemporaneo (l'ultimo dei 4 tomi è uscito in Francia nel 2014) non solo per la capacità pressoché perfetta di rappresentare la peculiarità stessa del fumetto come forma d'espressione e d'arte, ovvero la sintesi fra immagini e parole, ma anche per la capacità di sublimare la forma in un contenuto che, giocando con la narrazione di genere, diventa una indagine sulla natura umana, su sé stessi e sulla realtà.

Blast Integrale di Manu Larcenet: "close your eyes and begin to relax"

Polza Mancini, trentotto anni, obeso, alcolizzato, senza fissa dimora. Polza è accusato di aver picchiato una donna che ora giace in coma in un letto di ospedale. È per questo motivo che è stato arrestato ed è sotto interrogatorio da parte di due poliziotti che vorrebbero ricostruire l'accaduto e per farlo devono ricostruire innanzitutto la vita e gli spostamenti di Polza. Clochard per scelta, Polza, dopo la morte del padre avvenuta a causa di un devastante tumore, ha avuto un crollo psicologico e si è lasciato il matrimonio, la professione di critico gastronomico e la civiltà alle spalle. Questa decisione è maturata dopo aver avuto quello che lui definisce un blast, una sorta di stato di illuminazione o di epifania in cui raggiunge il perfetto equilibrio con sé stesso distaccandosi completamente dalla realtà sia fisicamente che mentalmente diventando testimone di una verità "altra" e intelligibile rappresentata dai moai, le gigantesche teste situate sull'Isola di Pasqua.

I poliziotti dimostrano tutta la loro pazienza nel seguire l'odissea ed il progressivo ma inesorabile allontanamento fino ai margini della società di Polza. Il ritorno alla natura e la ricerca del blast, accompagnato dall'alcool, che assume una funzione eucaristica e di compenetrazione/contemplazione del mondo, è inframezzato dapprima dalla sosta in un accampamento di lavoratori stagionali, una sorta di stato invisibile che riconfigura le regole di convivenza sociale, e poi dall'incontro con San Jacky, spacciatore e avido lettore, con cui esperisce il lato più dionisiaco e violento della realtà.

Ben presto però corpo e mente iniziano a tradire Polza. L'inverno lo costringe a cercare riparo, e quindi ad introdursi abusivamente in case il più lontano possibile dai centri abitati, mentre l'alcool aggrava i suoi problemi al fegato. Dopo una devastante emorragia, viene quindi ricoverato in un ospedale psichiatrico dove deve combattere con l'intontimento causa dalle medicine trovando conforto solo nell'amicizia con Roland. La fuga dall'ospedale tuttavia segna l'inizio della fine: Polza viene abusato fisicamente e raccolto, devastato ancora una volta nello corpo e nella mente, da Carole, la figlia di Roland uscito anche lui dall'ospedale.

Inizia così un percorso di guarigione lento e doloroso che lo allontana dal blast e lo avvicina, inspiegabilmente, a Carole. Quando la ragazza però rivela a Polza la natura del disturbo del padre la situazione subisce una macabra virata. Il racconto in analessi di Polza a questo punto si ferma e la ricostruzione analitica dei due agenti irrompe brutale per un ultimo blast, quello che viene condiviso dal lettore.

Blast Integrale di Manu Larcenet: bite the pain

Spesso il fumetto, soprattutto quando si coniuga nella sua forma più "discorsiva" ovvero come graphic novel, è aperto a più livelli di interpretazione/lettura e il lavoro di Manu Larcenet non esula da questo esperienza. Blast Integrale è una lettura complessa e stratificata. I rimandi segnici e verbali sono ricchissimi di sfumature e aperti ad interpretazioni multiple che rendono l'opera raffinata, complessa e al tempo spesso estremamente immersiva.

Da questo punto di vista è interessante utilizzare il concetto di narrazione come a priori cognitivo per rintracciare un ideale parallelismo fra la forma del whodunnit? e quindi del racconto noir/procedural e la figura di Polza Mancini. Lacernet delinea un protagonista grottesco nel senso più negativo del termine: grasso, sporco, alcolizzato. Polza è cosciente della sua "condizione" e sa che il corpo è la rappresentazione di sé stesso verso il mondo: si tratta della premessa narrativa (in didascalia) che apre il libro e si rifà idealmente a certe riflessioni del filosofo Merleau-Ponty.

Il corpo diventa specchio delle tribolazioni interiori di Polza, una inadeguatezza che rappresenta una fuga dalle convenzioni sociali e da una contemporaneità opprimente che fa del corpo-oggetto la cifra dell'esistenza. Più il corpo è sano, più buona è l'esistenza. Polza Mancini ha un atteggiamento fortemente nichilista nei confronti di questo assunto e più in generale della sua vita, ripensa alla morte del padre divorato dal cancro ed è lui stesso poi vittima di abusi sessuali ovvero la massima mortificazione del corpo.

Il racconto in analessi di Polza allora diventa un ambiguo grimaldello. Mai troppo lineare o razionale, il suo volano è la ricerca del blast rappresentato graficamente da una creatività davvero libera e spontanea (nel libro sono gli stessi figli di Lacernet ad aver realizzato i diversi blast con i loro disegni). Sempre più rarefatti e difficili da ottenere, i blast vengono prima propiziati dal trauma della morte del padre e della fuga dalla civiltà e poi da una mortificazione del corpo fatta di abusi di alcool e sostanze e fisici poi.

Polza racconta, i poliziotti cercano di ricostruire. Polza abbandona la parola intesa come convenzione sociale fuggendo dalla civiltà salvo poi ritornarvi solo quando costretto (l'interrogatorio appunto) e soprattutto solo dopo aver esperito altre forme di comunicazione e altre forme di umanità. La lettura, la musica, la danza, la pittura, la scultura e il disegno. Ancora una volta dal verbale si procede al non-verbale rimettendo al centro la rappresentazione della stessa realtà attraverso corpi "martoriati" e "demistificati".

Il twist finale non è solo l'apoteosi del racconto di genere, magistralmente gestito da Manu Lacernet, ma è anche un messaggio drammatico di riappropriazione del sé inteso come narrazione del proprio io. Rileggere quindi oggi Blast Integrale, a distanza di qualche anno dalla sua "naturale" conclusione, sembra far riemergere una esigenza assolutamente attuale. Manu Lacernet ha di fatto anticipato, giocando fra fiction e faction (intesa qui non come narrazione di fatti realmente accaduti ma come contrapposizione fra due tipi di racconto basati su prospettive ed esigenze diametralmente diverse ovvero quelle di Polza e dei due poliziotti), l'importanza di ripensare la narrazione biopolitica legata al corpo o così come si è estesa oggi all'identità di genere.

Graficamente, Blast Integrale è uno scontro di approcci. È impossibile infatti non notare l'estrazione umoristico-satirica dello stile di Manu Larcenet che emerge prepotente nelle figure sempre tratteggiate evidenziandone in maniera ora grottesca ora caricaturale i connotati fisici (l'esempio più lampante è il padre di Polza). La linea di Larcenet tuttavia non è continua ma al contrario pervasa da un nervosismo che dona una patina straniante a personaggi e ambienti calati poi in un bagno di inchiostro in cui le mezze tinte all'acquerello vengono interrotte solo dalla creatività dei blast o da pochi accenni di colore ben specifici in alcuni passaggi.

L'utilizzo delle mezzetinte all'acquerello dona un'atmosfera plumbea e costantemente opprimente alle vicende. A questo contribuisce anche il lavoro in fase di ripartizione della tavola e degli spazi con panoramiche e campi lunghi tanto suggestivi quanto capaci di rendere anche gli spazi aperti minacciosi e "incombenti" sulle figure. Interessante è anche notare come Larcenet utilizzi una impostazione della tavola lontana da quella tipica del fumetto francese. Vi è un utilizzo attento di pagine intere, mentre lo schema ricorrente è quello 2x3 riquadri con svariati rimaneggiamenti soprattutto in favore di doppie orizzontali. Lo storytelling è ovviamente impeccabile e la lettura ha un ritmo perfettamente cadenzato di modo da coinvolgere il lettore pur lasciandogli il giusto momento di riflessione in alcune sequenze.

Il volume

Coconino Press confeziona un volume leggermente diverso per cura carto-tecnica ed editoriale rispetto alla precedente edizione Si parte dal formato più ridotto ovvero 17x24 cm (contro i 21,6×27,7 cm precedenti): si tratta in realtà dello stesso formato con cui l'editore aveva presentato i volumi singolarmente anni addietro. La carta è sempre opaca e porosa ma dalla grammatura importante e dalla tonalità più chiara: la resa è ugualmente ottimale. Scelte dettate, come ha detto lo stesso editore sui suoi canali social ufficiali, dalla oramai arcinota emergenza legata all'approvvigionamento della materia prima. La riduzione delle tavole viene compensata dalla maneggevolezza del volume (stiamo parlando di un tomo cartonato da oltre 800 pagine) e dall'ottima rilegatura a filo che permette una lettura agevolissima. Non ci sono contributi redazionali dei curatori italiani tuttavia è d'uopo segnalare l'ottima traduzione e l'ottimo adattamento dei testi.