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a cura di Tom's Hardware

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Il personaggio creato sul modello della filosofa statunitense, che si presenta ai due protagonisti di Innocence come la signorina Haraway è, visivamente parlando, l'esatta trasposizione anime della sua immagine: tratti marcati, capigliatura corta, figura esile. La dottoressa Haraway è un tecnico scientifico della polizia elettronica, che riempie i suoi rapporti "di opinioni non richieste", come ricordato in seguito da uno dei due protagonisti.

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I due entrano nel suo asettico laboratorio a temperatura 0C° (cfr. il laboratorio del progettista di occhi Hannibal Chew nel Blade Runner di Scott) e la signora, o meglio la signorina, mostra dalle prime battute di saperla più lunga di quanto la sua mansione tecnico-operativa richieda: intavola da subito un fitto dialogo con i personaggi sulla natura del sentimento per l'artificiale, sul sogno umano della creazione ex-nihilo ed espone ipotesi sulla valenza sociale della genitorialità.

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Sul modello del dialogo didascalico con le personalità ultramondane che Dante instaura nel suo viaggio nell'aldilà, Togusa e Batou sperimentano un'immersione nel mondo filosofico di Donna Haraway a partire dall'ambiente nel quale la incontrano - un asettico laboratorio - e, allo stesso tempo, seguono il tracciato filosofico che sostiene l'evoluzione della loro indagine di polizia.

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La filosofa è rappresentata perciò in chiave finalistica come una donna dai caratteri e i modi marcatamente maschili, fredda e razionale - non solo a causa della temperatura della stanza in cui disseziona le sue ginoidi -, come un ibrido umano pensante e senza identità sociale di genere. "Signora o signorina fa lo stesso" preciserà ad un certo punto -, e soprattutto, ma lo si scopre soltanto alla fine, artificialmente modificata sul modello che il genere del film impone: mostra un visore occultato nella parte superiore del volto.

Una caratteristica questa che la Haraway in carne ed ossa, creatrice di un linguaggio filosofico fondato sull'immaginario tecnologico (con lo scopo di sabotare "l'informatica del dominio") avrà di sicuro apprezzato. Come dichiara lei stessa, alla fine del Manifesto Cyborg: "anche se entrambe [le figure] sono intrecciate in una danza a spirale, preferisco essere cyborg che dea".

E Mamoru Oshii non poteva scegliere per lei un contrappasso migliore.

Silvia Milani

29511867 1964718513845232 3638796588273855813 n[1]Silvia Milani nasce a Pesaro nel 1978. Si laurea in lettere a Urbino con una tesi intitolata Il Futurismo e la nascita del robot. Nel 2015 Pubblica per i tipi Delos il saggio intitolato Universal robots, la civiltà delle macchine. È insegnante di scuola superiore, editor e relatrice presso la community Oilproject ed è titolare del corso di Scrittura Creativa e Tecniche di Narrazione presso l'Università dell'età Libera di Pesaro.

retrocult

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