Godzilla vs Kong: la recensione senza spoiler

Godzilla vs Kong è il quarto capitolo della saga del Monsterverse. Spettacolari scene di lotta tra i due mostri giganti più famosi del cinema.

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a cura di Andrea Vitagliano

Ci sono trame convolute che è difficile riassumere in pochi paragrafi. Ci sono film così profondi che servono pagine e pagine per esaminarli a fondo. E poi ci sono film che hanno tutto nel titolo: tema, scaletta e svolgimento. Quarto capitolo della saga del Monsterverse creato da Legendary, Godzilla vs Kong rientra proprio in quest’ultima categoria: promette botte da orbi tra due mastodonti e mantiene la promessa con due ore ignoranti di scontri in mare, in città, sottoterra. Una superficialità rinfrescante, ed una sola domanda che ci frulla in testa per quasi tutta la durata del film: chi sarà il re dei mostri stavolta? Kong o Godzilla?

Godzilla vs Kong, semplificazioni senza distrazioni

Liberamente ispirato al film della Toho King Kong vs Godzilla del 1962, il nuovo film del Godzilla moderno è uscito nei cinema il 31 Marzo, almeno nei paesi in cui i cinema non sono chiusi a causa dell’epidemia di COVID-19, è stato rilasciato in contemporanea anche sulla piattaforma HBO Max ed è quindi comodamente fruibile da casa per chi, come chi scrive, vive negli Stati Uniti. In attesa che il film venga distribuito in digitale ed in BluRay anche in Italia, lo abbiamo visto per voi. Godzilla vs Kong è il risultato di un lavoro certosino di semplificazione: tenere tutto ciò che ha più o meno funzionato nei capitoli precedenti e ridurre al minimo le distrazioni. Questo vuol dire focalizzarsi quanto più possibile sui due Titani, usando personaggi e dialoghi per giustificare lo scontro del titolo, trascurando tutto il resto. Ne viene fuori un film di intrattenimento semplice, che richiede una dose abbondante di sospensione dell’incredulità per essere goduto, ma che una volta accettato per quello che è, diverte.

Già dai titoli di testa è chiaro che stiamo assistendo ad un incontro di boxe o a un torneo di karate, quando in un riassuntone delle puntate precedenti Kong e Godzilla avanzano titano dopo titano su di un tabellone di un torneo ad eliminazione diretta. I due Titani si devono scontrare, ma siccome Kong è al sicuro sulla sua isola, serve qualcosa per farli incontrare. Presto fatto, la trama ci fornisce un pretesto: Godzilla è fuori controllo ed attacca un centro di ricerca apparentemente senza motivo. La risposta per fermarlo potrebbe essere nascosta nella Terra Cava, il mondo al centro del nostro pianeta, e l’unico modo di arrivarci è farsi guidare da Kong, che quindi viene portato via da Skull Island. Tutto qui. Il resto della trama può essere dimenticato senza ledere la visione del film, a meno che non vogliate seguire il worldbuilding, sempre in espansione, ma mai veramente in primo piano.

A conti fatti, il Monsterverse non è molto coerente, e sembra creato senza un piano preciso, ma lasciando libertà ad ogni sceneggiatore di aggiungere a piacimento e persino di cambiare le carte in tavola. Chi si avvicina a questa saga non deve concentrarsi troppo sui dettagli: l’organizzazione Monarch sembra avere soldi infiniti, gli aerei volano senza dover fare mai rifornimento, e le distanze o i tempi si adattano sempre alla necessità della sceneggiature. Persino le dimensione dei kaiju e di Kong vengono modificate di volta in volta in nome della trama. Per non parlare di antigravità, di telepatia, di collegamenti neurali “direttamente con il DNA”. Eppure, il risultato riesce a mantenersi in equilibrio: il film non si prende mai del tutto sul serio, né scade nell’autoironia e nella parodia, per cui finisce per essere sinceramente ingenuo. E gli si perdona più di quello che forse si dovrebbe.

Similitudini e differenze

Il primo film della serie, Godzilla, aveva un sottotesto naturalistico: i Titani sono la forza della natura crudele. I protagonisti umani osservano impotenti, i MUTO sono una calamità che si abbatte sul mondo e Godzilla è il dio buono guardiano dell’equilibrio. Kong – Skull Island prosegue con il tema della simbiosi, con un Kong più umano (d’altronde è un primate) protettore degli indigeni di Skull Island e l’avidità umana a perturbare l’equilibrio della natura. Godzilla: King of the Monsters prova ad insistere sul discorso “uomo contro natura”, ma lo fa tirando fuori uno dei piani malvagi più stupidi della storia del cinema fantastico.

Come già detto, in Godzilla vs Kong la trama ha la stessa funzione che le storie dei personaggi nel wrestling professionale, cioè fare da contorno allo scontro. Il combattimento non è un mezzo per far avanzare la trama, ma la trama è un mezzo per giustificare il combattimento. Una volta abbracciata questa consapevolezza, non c’è bisogno di trovare una morale per dare dignità intellettuale al film. Con uno sforzo di fantasia possiamo leggere un messaggio contro le grandi multinazionali nella rappresentazione caricaturale del CEO della Apex Technologies, la sospetta azienda al centro della trama, ma persino i piani malvagi non sono poi così malvagi e hanno come unica colpa quella di scatenare l’imprevisto.

I personaggi del Monsterverse sono sempre stati abbastanza bidimensionali e spesso anche mono-espressione, ma questo film non si sforza neanche. Nessun personaggio, bene e mal riuscito che sia, viene degnato di un arco narrativo o di uno qualsivoglia sviluppo: entrano in scena, mettono in moto gli eventi e poi convenientemente restano in disparte per non rischiare di rovinare le scene in CGI. Eppure, il cast è pieno di ottimi attori che vengono palesemente sottoutilizzati. Dai film precedenti ritroviamo solo Kyle Chandler / Mark Russell (Wolf of Wall Street, Super8) relegato a poco più di un cameo e Millie Bobby Brown / Madison (Stranger Things, Enola Holmes) che ha un ruolo minore nel terzetto responsabile del comic relief insieme ai nuovi aggiunti Julian Dennison (Deadpool 2) e Brian Tyree Henry. Rebecca Hall (Iron Man 3, The Prestige) interpreta una scienziata che studia Kong, ed anche se il suo personaggio rimane immobile senza alcuno sviluppo come tutti gli altri, la sua bravura viene fuori comunque. Peccato invece per Alexander Skarsgard (True Blood, La leggenda di Tarzan) che viene sprecato in un personaggio sbiadito, altalenante tra lo scienziato nerd e fifone ed il comandante della spedizione che pilota astronavi e spara ai mostri.

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Paradossalmente, il personaggio meglio caratterizzato è Kong, indiscusso protagonista del film anche solo contando i minuti di presenza su schermo. Come da lunga tradizione dei film sullo scimmione, Kong mostra un intero range di emozioni umane. Siamo qui per vederlo furioso, certo, ma è quando lo vediamo spaesato, spaventato, tormentato o vulnerabile, o quando vediamo il suo legame con Jia, l’ultima bambina Iwi rimasta su Skull Island, che iniziamo a tifare per lui.

Combattimenti e scene di azione

Tutto quello che è stato risparmiato dai dialoghi e della scrittura viene utilizzato per la parte spettacolare del film. La lezione di Pacific Rim è sicuramente stata ben digerita, e possiamo notare una chiara evoluzione nelle scene di azione rispetto ai film precedenti: come da tradizione, quando ci sono in scena creature giganti una sovrabbondanza di movimenti rallentati cerca di comunicare visivamente il peso e la stazza dei soggetti; ma se nei film precedenti abbiamo visto solo scontri tra lenti mastodonti, in questo film vediamo maggiore dinamismo, alternando scatti degni di un film di arti marziali ai più tradizionali movimenti pachidermici.

Al di fuori delle scene di lotta le inquadrature si mantengono su un registro standard, ma Adam Wingard approfitta dei combattimenti per sperimentare nuove inquadrature, dall’uso di una pseudo-spidercam a qualche POV dagli occhi del titano, fino a giocare con il ribaltamento del sopra e del sotto nelle scene di lotta acquatica o nella Terra Cava. Senza però esagerare.

Anche il registro di colore è cambiato. Molte delle scene nei film precedenti avvengono di notte e con toni fortemente desaturati (il MUTO nella centrale nucleare, Ghidora che si libera nell’Antartico dal ghiaccio, di notte, ecc.) probabilmente come trucco per alleggerire il peso sulla CGI. Skull Island aveva osato un po’ di più, con più luce ed un colore “bruciato” per ricordare certi film di guerra ambientati nella giungla. Godzilla vs Kong non ha paura di usare la luce e di mostrare dettagli e primi piani delle creature digitali. Persino le scene di notte, come lo scontro ad Hong Kong, sono estremamente ben illuminate, tra un raggio atomico, un’ascia luminosa ed i neon dei grattacieli di Honk Kong, tanto da rendere le scene quasi fluo.

Tolti personaggi credibili, tolta una trama articolata, cosa rimane? Rimangono i mega-combattimenti in una messa in scena di alto livello, in quantità sufficiente a soddisfare, senza strafare, la voglia morbosa di vedere i due giganti combattere per stabilire chi è il più forte. Onesto nella sua natura di film di mazzate, è un film che intratterrà piacevolmente i fan della serie, a patto di non di chiedergli più di quello che promette.