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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Corre l’anno 2066 e in Italia regna l’anarchia. L’Europa come la conosciamo non esiste più, solo 9 Paesi sono riusciti a ricostituire un’unione ribattezzata Nuova Europa e il nostro (ex)Bel Paese non ne fa parte emarginato con una colossale muraglia lungo la catena delle Alpi. Gli Italiani diventano i nuovi migranti verso la Nuova Europa, con ribelli ed eroi che proveranno a scendere nell’Arena pur di sentirsi ancora europei… Max Bertolini scrive di questo scenario distopico in Hangar 66 insieme ai suoi lettori.

L’idea di Bertolini è quella che si può definire il primo e autentico “social comic”, un fumetto nato sui social network, dove tutti i suoi followers possono partecipare attivamente alla creazione della storia, delle ambientazioni e di molti altri dettagli, che di volta in volta Max propone attraverso la sua community di “hangers”. Nella cornice del Lucca Comics 2018, nello stand di Edizioni Inkiostro, ci siamo uniti agli hangers scendendo nell’Arena e abbiamo intervistato Ma Bertolini per voi.

Prime impressioni su questo Lucca Comics?

L’entusiasmo dei lettori è palpabile e senza la loro presenza sarebbe difficile mandare avanti il progetto di Hangar 66.

L’idea di un social comic come nasce?

Ho fatto una domanda sulla mia pagina Facebook due anni fa: ho chiesto qual era quel tipo di fumetto che i lettori avrebbero voluto leggere. Mettendo insieme tutti i feedback ricevuti, sono giunto alla conclusione che l’utenza desiderava un qualcosa che avrei voluto fare anch’io. E questa è stata una bella cosa perché si stabilisce un contatto con i lettori, ti rendi conto esattamente di ciò che vogliono. Pian piano ho iniziato a creare i personaggi insieme a loro, ho creato un canovaccio della storia, l’ho proposto e poi ho suggerito alcuni spunti, dov’era possibile inserire delle proposte, ambienti familiari, caratteristiche dei personaggi che disegnavo. Così è nato il primo numero.

Hai creato un legame speciale con la community degli hangers e vediamo con piacere che riesci a dedicarti a tutti. Ma quanta libertà di scelta offri loro?

Io lascio la possibilità di interagire con la storia, ma l’ultima parola è sempre la mia. Io ho una struttura in testa, al suo interno ci sono diverse caselle che possono essere riempite come i nomi dei personaggi, le ambientazioni e perfino le musiche. Ad esempio nel secondo episodio c’è una musica che gli hangers hanno scelto.

Che importanza dai ai social per H66? Tu riesci a rispondere a tutti e a tenere tutti molto vicini.

I social sono fondamentali per Hangar 66, ma anche per un rapporto autore-lettore che oggi è davvero ridotto. Riuscire a interagire con i lettori è di fondamentale importanza, l’autore deve smettere di stare su un piedistallo e stare insieme a loro, costruire qualcosa insieme a loro…come H66

Su H66 c’è anche tanta fantapolitica o che si ispira al nostro periodo storico. Cosa hai voluto proporre ai lettori?

Il punto di forza che volevo proporre ai lettori, che speravo potesse interessare era proprio questo. Se fossimo noi i migranti - come oggi gli africani -  come reagiremmo? Come ci comporteremmo in situazioni estreme, con disagio sociale e politico, con un’Italia semi distrutta dall’anarchia e di come potrebbe essere in un futuro che, per fortuna, non potrebbe mai avvenire. È tutta fiction, non succederà mai perché non ci sono le condizioni, però se succedesse come reagirebbero gli Italiani? È una circostanza storica già accaduta, gli italiani sono stati migranti verso gli Stati Uniti.

Cosa accade agli italiani in H66? Quali sono le principali avversità che devono affrontare?

Per gli italiani è impossibile entrare nella Nuova Europa, c’è un grande muro, una costruzione titanica. L’unico modo per superare i confini della NE è l’Arena. Se vinci nell’Arena diventi europeo.

Perché proprio l’Italia fuori dalla NE?

Da quando siamo entrati nell’Unione Europea, abbiamo subito una svalutazione della nostra vecchia moneta, c’è stato un sentimento di avversione per la visione europea, soprattutto ultimamente. Ma ci sono anche altri stati che non fanno parte della NE, come la Spagna. Ma l’italia ha un ruolo protagonista rivolto ai lettori, che appunto sono italiani.

H66 è un progetto a lungo termine?

Col prossimo volume finisce. Mi spiace per chi è appena entrato, ma siccome impiego moto tempo su questo progetto, proprio perché devo conciliare la mia attività bonelliana, non voglio far aspettare troppo i lettori con gli anni proponendo una storia troppo lunga. Quindi, la mia idea è quella di produrre altri due volumi di 45 pagine, non troppo lontani tra loro, diciamo entro i prossimi 8-10 mesi.

A proposito di SBE, noi abbiamo visto che hai lavorato moltissimo su Nathan Never e su altre produzioni sci-fi. È una propensione personale? Su H66 ci sono molti elementi di questo tipo.

Mio padre aveva tutta la collezione di Urania, io sono cresciuto leggendo fantascienza. Quando sono nato c’erano le missioni lunari, quindi ho avuto da sempre questa grandissima passione. Poi negli anni ‘80 sono arrivati i robottoni giapponesi - come Gundam - e tutto questo è confluito su H66 in modo naturale.

Stai già lavorando a qualcos’altro?

Sto lavorando a Morgan Lost, al terzo volume della terza serie.

In questi mesi abbiamo seguito molto da vicino il progetto di Max, al punto che il sottoscritto appare nel Muro degli Eroi del secondo volume “Nero” in vendita da pochi giorni. Inoltre, la visione straordinaria di questo autore che ha abbracciato quella dei i suoi lettori, ci ha permesso di riflettere sull’attuale periodo storico che stiamo vivendo, spingendoci ad avere un pensiero più unitario, disinteressato e meno distruttivo che dovrebbe arrivare da un’Europa più coesa di come la conosciamo.

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