Intervista a Mirko Cannella, voce di Rio de La Casa di Carta

Le interviste ai professionisti del doppiaggio continuano con Mirko Cannella, voce di Rio in La Casa di Carta.

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a cura di Lorenzo Ferrero

Anche questo mese abbiamo avuto modo di intervistare uno dei professionisti del mondo del doppiaggio, di pari passo con Voices, lo show in onda sul canale Twitch di Cultura Pop ogni primo e terzo giovedì del mese. Quest'oggi è il turno di Mirko Cannella, classe 1992, voce di Rio de La Casa di Carta, che è all'interno del mondo della recitazione fin da ragazzino; attore di teatro oltre che doppiatore, si è diplomato all'Accademia d'arte drammatica del Teatro Golden di Roma e ha avuto modo di recitare anche con Enrico Montesano al Teatro Brancaccio di Roma con lo spettacolo "C'è qualche cosa in te...".

Questo è solo un estratto della chiacchierata che abbiamo avuto con Mirko Cannella a Voices. Se volete vedere (e sentire) l'intervista completa, potete andare al video che trovate in fondo all'articolo.

Una classica domanda di rito per rompere il ghiaccio: perchè hai deciso di intraprendere la carriera di doppiatore?

Fin da piccolo il mio sogno era fare l’attore. Tra i miei amici c’era chi voleva fare il calciatore, chi l’astronauta, chi l’archeologo…io invece ho sempre avuto questo obiettivo. Quello che, però, mi limitava molto all'inizio era il fatto che fossi molto timido. Mio padre era (ed è) un assistente al doppiaggio, dunque spesso mi capitava di andare a lavoro con lui e di assistere ai turni in queste sale così buie, ma allo stesso tempo così magiche. E fu proprio questo, unito al fatto che non avessi gli occhi puntati addosso, ad aiutarmi molto a superare le mie paure. E così a 12 anni ho cominciato questa splendida avventura, che mi portò qualche anno a frequentare anche diversi corsi di recitazione, fondamentali per migliorare e crescere dal punto di vista artistico, ma anche umano.

Hai studiato alla Accademia d'arte drammatica del Teatro Golden di Roma, ricevendo una formazione artistica completa. Quanto è stato importante per te il teatro?

Il teatro per me è vita. Quando mi chiedono di scegliere tra teatro e doppiaggio non so sinceramente cosa rispondere, perché è come scegliere tra mamma e papà, ed è praticamente impossibile! Il percorso accademico che ho seguito mi ha permesso di migliorare molto e di poter ambire a ruoli sempre più importanti nel doppiaggio. E nel corso degli anni ho continuato, e sto continuando, a frequentare masterclass teatrali per imparare.

Dalla tua esperienza teatrale è nato anche il gruppo dei "Pezzi di Nerd". Da cosa nasce questa idea?

I Pezzi di Nerd sono la mia "famiglia teatrale". Ci siamo conosciuti in accademia (frequentavamo lo stesso corso) e tra di noi c'era una particolare alchimia e così, tra una battuta e l’altra, abbiamo deciso di fondare un gruppo. Abbiamo iniziato facendo un po' di gavetta nelle serate di cabaret organizzate nelle piazze romane e col passare del tempo, abbiamo capito che avevamo un grande potenziale, specialmente per quanto riguarda la scrittura di commedie: abbiamo infatti scritto ben tre spettacoli, Ho adottato mio fratello, Genitori in affitto, e Se mi ricordo… Ti sposo, con i quali stiamo girando l’Italia da nord a sud. Stiamo anche per realizzare la centesima replica del primo di questi, un traguardo decisamente importante per un gruppo così giovane! L’unico nostro rimpianto è che l’avremmo dovuta fare lo scorso anno e per ovvi motivi abbiamo “perso” più di 12 mesi. Ma l’importante è non arrendersi e continuare per la propria strada! E ci stiamo riuscendo per fortuna.

A differenza di alcuni tuoi colleghi, nel tuo curriculum di doppiatore hai tantissimi ruoli diversi, piuttosto che legati sempre allo stesso attore o personaggio. Esiste uno in particolare a cui vorresti però prestare la tua voce in maniera costante?

Ho avuto il piacere di doppiare tantissimi personaggi in questi anni di carriera. Il primo turno lo feci nel 2004, quindi è passato un bel po’ di tempo e ammetto che mi piacerebbe molto “legarmi” a qualche attore. Certo, alcuni li ho doppiati anche tre o quattro volte, ma senza che ci fosse una continuità su altri loro progetti, purtroppo. Tra quelli che mi piacerebbe continuare a doppiare ci sono, per esempio, Miguel Herran de La casa di carta, o Cole Sprouse di Riverdale. Sarebbe veramente bello prestare loro la mia voce in maniera costante.

Di tutti questi personaggi, qual è quello a cui ti sei più affezionato?

E’ molto difficile scegliere! Per un discorso di riscontro col pubblico, devo per forza nominare proprio Rio de La casa di carta e Jughead di Riverdale. Per un discorso affettivo ti dico Mickey di Shameless, una serie stupenda che purtroppo sta volgendo al termine, ma che è durata ben 11 stagioni: si può dire che sia quasi cresciuto con lui! E grazie a Mickey ho vinto anche il mio primo premio, nel 2015, come miglior voce maschile di un telefilm per il festival Le voci del cinema.

Parliamo de "La Casa di Carta". Quando hai iniziato a doppiare la serie hai mai pensato che sarebbe diventata un tale fenomeno mediatico?

Mai mi sarei aspettato un successo del genere! Si sapeva che sarebbe stata una serie carina, ma ce ne sono tantissime altrettanto belle, ma che poi non hanno seguito. Con La Casa di Carta, invece, è stato incredibile. Sono fiero di partecipare a questa lavorazione e sarò sempre grato al direttore del doppiaggio Lucio Saccone per avermi dato questa opportunità.

C'è qualche aneddoto o episodio particolare che ricordi col sorriso?

Si, c’è un episodio che, a posteriori, mi fa molto sorridere, ma quando è successo non tanto. Una premessa: a volte, quando un personaggio che doppiamo mangia, il direttore può scegliere se farci simulare “l’effetto di noi che mangiamo” o farci mangiare veramente qualcosa, per rendere tutto ancora più verosimile. In un’occasione (purtroppo non ricordo il nome della produzione) il mio personaggio mangiava e a un certo punto si strozzava per qualche secondo. Faccio la scena mangiandomi una merendina (mai scelta fu più sbagliata) e a un certo punto mi strozzo per davvero! Sfortuna vuole che mi è successo proprio insieme all’attore sullo schermo e nessuno si è preoccupato. Anzi, mi hanno fatto i complimenti perché sembrava vero! Fortunatamente non successe nulla di grave, ma mi presi un bello spavento; forse ero entrato troppo nel personaggio (ride, ndr)

Mi piacerebbe avere il tuo parere sulla recente questione del doppiaggio "politicamente corretto", ovvero il dover necessariamente abbinare una determinata etnia del doppiatore con quella di un determinato personaggio.

Per quanto mi riguarda, queste polemiche “politicamente corrette” riguardanti il doppiaggio mi sembrano tutto tranne che “corrette”. Anzi, mi sembrano pure un po’ razziste. Perché non è giusto che si debbano doppiare solo attori che abbiano “lo stesso colore di pelle” o “la stessa etnia”. In questo modo, regrediamo invece di migliorare, poichè si privano chances a tantissimi artisti. E a lavorare non sarà più chi è bravo, ma chi appartiene alla stessa etnia dell’attore originale, il che lo trovo abbastanza assurdo e ridicolo. Ciò che deve contare, specialmente in un lavoro come il nostro, è il talento e l’aderenza "voce-volto". Fine. Il resto, secondo me, sono solo chiacchiere.

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