La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley: la recensione

Arriva su Disney+ La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley, il nuovo film di Guillermo Del Toro: la nostra recensione.

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a cura di Rossana Barbagallo

Guillermo Del Toro
, dopo aver portato a casa due Oscar con La Forma dell’Acqua, ci riprova quest’anno con la sua nuova produzione fresca fresca di uscita in streaming su Disney Plus
in seguito a un breve periodo in sala: La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley, film che ha ricevuto ben quattro nomination agli Oscar 2022. Thriller noir che a tratti prende la china dell’horror, La Fiera delle Illusioni è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di William Lindsay Gresham e remake della pellicola del 1947 con protagonista Tyrone Power. Questo film sembra essere però anche la sintesi perfetta della poetica e della visione del mondo di cui il regista ha piantato i semi nelle sue precedenti produzioni: la quintessenza di Del Toro potrebbe trovarsi proprio in questa produzione. È però meritevole di ricevere i premi a cui è stata candidata? Vi diciamo la nostra in merito attraverso questa recensione.

Dal circo al palcoscenico

È il 1939 e, mentre un secondo conflitto mondiale si sta avvicinando, tutti cercano di barcamenarsi nella vita come meglio possono. Anche Stan Carlisle (Bradley Cooper), uomo dal passato misterioso che cerca un proprio posto nel mondo e lo trova sotto il tendone di un circo diretto da Clem Hoately (Willem Dafoe). Sotto l’ala protettrice di Zeena (Toni Collette) e Pete (David Strathairn), Stan impara le tecniche di mentalismo che i due coniugi operano durante i loro numeri di “magia”. Intanto la giovane Molly (Rooney Mara, che in questa fiera itinerante interpreta “la ragazza elettrica”), desta un sentimento amoroso in Stan, ricambiandolo, e con lui decide di cercare fortuna altrove grazie al talento che l’uomo sembra possedere nel mentalismo.

Due anni dopo, Stan e Molly non calpestano più i terreni fangosi su cui pianta le tende il circo, ma i sontuosi palcoscenici di New York, intrattenendo il pubblico di città con il loro sbalorditivo numero. È durante una delle loro serate che fanno la conoscenza di Lilith Ritter (Cate Blanchett), analista che mette in dubbio i “poteri” di Stan ravvisandone i trucchi, ma mettendo su insieme all’uomo una truffa ai danni dei ricchi uomini della città. Con le conoscenze psicologiche di Lilith e i trucchi da spiritismo che Stan erige con le sue abilità da mentalista, potrebbe essere facile fare molti soldi. Si tratta però di un gioco molto pericoloso, come scoprirà Stan ben presto.

Le freak, c’est chic

Con la cinematografia di Guillermo Del Toro abbiamo imparato a leggere tra le righe (fatta eccezione per pochi casi, come ad esempio Pacific Rim che è mera azione, robottoni e kaiju) quanta umanità può essere racchiusa sotto la scorza di una creatura spaventosa, mentre chi indossa gli abiti dell’uomo dimostra talvolta di possedere l’animo di un mostro crudele e nefando. Mettendo da parte make up, trucchi prostetici e CGI, il regista messicano approfondisce questa retorica in La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley senza girarci troppo attorno: i veri mostri siamo noi. E quale miglior scenografia può ospitare al meglio le contraddizioni umane se non un circo con i suoi “freaks”? Ciò che destabilizza in questo film e lascia lo spettatore costantemente sul filo del rasoio, è però la totale assenza di veri freaks, di figure che, nell’epoca in cui la trama è calata, potevano essere definite “mostruosità”, “prodigi della natura” o “fenomeni da baraccone”.

Nell’atmosfera dark densa come una zuppa che permea l’intero film, aleggia una nota costante di magia e mistero. Credi di essere sempre sul punto di scoprire il mostro nella gabbia o il potere psichico che alberga in Pete o Stan, ma ciò cui ti trovi di fronte è la dura realtà: individui che si aggrappano alla vita con le unghie e, come nel caso di alcuni di essi, disposti a prendere il più possibile dal mondo mettendo in atto le peggiori bassezze. La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley prende quindi le distanze dal suo precedessore del 1947, che cercava di mantenere sempre un risvolto positivo della medaglia (piccola curiosità su di esso: il protagonista era Tyrone Power, padre di Romina Power, e quest’ultima ha un piccolo cameo nella pellicola di Del Toro). Il thriller noir di Del Toro tira fuori il mostro che dimora nell’uomo, gli dà il posto da freak da circo che sembra spettargli (senza che esso possieda particolari difetti o sproporzioni fisiche, ma con il suo aspetto anonimamente umano) e ci racconta fino a che punto possono arrivare l’orgoglio, la cupidigia, l’ambizione e il desiderio di vendetta. Anzi, parafrasando e rivisitando il celebre detto homo homini lupus, è spesso lo stesso uomo a trasformare i suoi simili in mostri per saziare le proprie necessità.

Sotto la patina di una fotografia che risalta e satura i colori di contrasto (abiti rossi e luci giallo-verdognole, panorami innevati bluastri e fiamme arancioni), una scenografia sontuosa ricca di luci e ombre, prove attoriali che non fanno quasi mai una grinza, insomma sembra che la sostanza ci sia. Con immagini talvolta parecchio disturbanti (qualcuno ad esempio replica Ozzy Osbourne, ma con un pollo) e una trama destabilizzante fino all’ultima, sconvolgente scena finale, Guillermo Del Toro è stato in grado di comunicare superbamente una realtà cruda e semplice, seppur qui agghindata con lo stile visivo del noir che spicca nei costumi, nelle inquadrature, nelle battute, finanche nei chiaroscuri sui volti dei protagonisti.

La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley: è tutto oro quel che luccica?

Cosa ci ha insegnato Patrick Jane in 7 stagioni di The Mentalist? Che se fai arrabbiare le persone sbagliate con i tuoi trucchi da mentalista, puoi finire male. Battute a parte, nonostante Guillermo Del Toro abbia saputo giocare perlopiù in maniera oculata le sue carte, perde per strada alcuni pezzi della sua opera proprio a causa della base su cui si fonda sostanzialmente la trama: il giochetto messo in atto da Stan e dalla sua complice, Lilith. È a questo punto di La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley che si scopre infatti quanto tale narrazione sia piuttosto scontata a tratti, arrivando al nonsense in altri. Ad esempio, che Stan a un certo punto mandi tutto in malora per la sua avidità non è solo un vago sentore: è proprio una certezza appiccicata addosso a Bradley Cooper dal momento in cui entra in scena nelle prime inquadrature. Sappiamo costantemente che si caccerà in guai più grandi lui raggirando qualcuno con i suoi trucchi da furfante patentato, insomma.

Ma anche nel caso di Lilith, analista senza scrupoli e a sua volta “disonesta” (come la definisce lo stesso Stan), siamo di fronte a un piccolo capitombolo: quali sono le reali motivazioni che la muovono? Perchè continua a muovere i fili di un piano diabolico, al di là di un semplicistico desiderio di rivalsa? Cosa vuole realmente questo personaggio così fumoso? Queste sono domande che, vi anticipiamo, non troveranno risposta ed è un vero peccato, soprattutto dal momento che i background così deboli che caratterizzano questi due protagonisti non poggiano su un’altrettanto debole interpretazione. Al contrario, sia Bradley Cooper che Cate Blanchett sono magistrali in questa pellicola: glaciale femme fatale lei, furfante misterioso e destinato a una vita da reprobo lui, la loro prova attoriale avviene sempre pecche.

Non si può dire invece lo stesso di Rooney Mara, che risulta insipida e monotona, nonostante il suo personaggio sia invece uno dei migliori a livello di caratterizzazione e rappresenta la controparte positiva del protagonista. In questo caso sarebbero potuti rimanere ai margini i personaggi interpretati da Willem Dafoe, David Strathairn e Toni Collette, tuttavia regalano proprio le performance degne di nota che ci si aspettava da essi. Anche dietro queste forti presenze viene ventilata però la fumosa presenza di un misterioso passato, tuttavia come nel caso di Stan i misteri restano per sempre tali e non vi è modo di scoprire le vere ragioni che muovono i protagonisti, che sembrano invece far fronte più a istinti e bisogni immediati.

Come già detto, La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley poggia comunque su una retorica di fondo piuttosto solida e sulla costruzione di immagini evocative ed emozionanti. Basti pensare al contrasto tra la ruota panoramica che illumina le attrazioni al circo di Clem con le luci più luminose che irradiano invece il Copacabana in cui si esibiscono Stan e Molly, per fare un esempio. O alle fiamme che avvolgono una stanza in rovina nei ricordi di Stan o il malinconico e grandioso giardino della sua ricca vittima.

Immagini di scenografie su cui vanno in scena i veri mostri del mondo e che rimangono certamente impresse. A esse, si unisce una cura visiva sempre tesa a rendere al meglio la fotografia noir di un tempo che, seppur avrebbe potuto essere resa molto bene anche in bianco e nero, viene invece esaltata da colori che risaltano i contrasti tra i protagonisti. Per queste e altre ragioni riteniamo che se La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley non possa aspettarsi una statuetta per il Miglior Film, la meriti invece quanto meno per la Miglior Fotografia o la Migliore Scenografia. In definitiva, se non avete dato una chance al film alla sua uscita in sala, suggeriamo di dargliene una almeno adesso che è disponibile, dal 16 marzo, su Disney+.

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