Linee Parallele, recensione: siamo padroni del nostro destino?

Linee parallele parla di tutti noi, della vita e del controllo che potremmo avere sul nostro futuro: il film è disponibile su Netflix.

Avatar di Nicholas Massa

a cura di Nicholas Massa

La vita è da sempre un’insieme di scelte e conseguenze, inserite nei vari e specifici contesti culturali in cui l’essere umano vive. Ovviamente ogni scelta conduce a una strada differente, a sviluppi del tutto inediti all’interno dello spettro infinito di possibilità che il futuro potrebbe, o meno presentare. L’essere umano da sempre cerca di controllare, o almeno, d’indirizzare la propria vita in una direzione o nell’altra, e lo fa attraverso gli elementi centrali di un sistema sociale che vuole imbrigliarci seguendo modelli prestabiliti o del tutto inediti, chiuso e al tempo stesso aperto a nuovi sviluppi. Linee parallele (Look Both Ways in lingua originale), il nuovo film Netflix, in uscita il 17 agosto, diretto da Weanuri Kahiu, su una sceneggiatura di April Prosser, con protagonista Lili Reinhart (Riverdale), sviluppa tutti i suoi ragionamenti partendo proprio da una riflessione del genere, costruendo una narrazione destrutturata e relativamente interessante. Scegliere significa aprire nuove strade, ma il cuore pulsante del film resta ancorato all'essere umano stesso e alla sua forza e determinazione ben oltre una semplice resa calvinista.

Riflettere sul destino dell’individuo non è qualcosa d’inedito all’interno della storia del cinema. Abbiamo già assistito a studi formali di questo tipo (guarda ad esempio Slinding Doors), che nel bene o nel male hanno tentato di far chiarezza sull’elasticità delicata con cui la vita stessa viene intessuta, istante dopo istante. Con questa pellicola ci troviamo davanti a qualcosa di familiare, almeno all’inizio, per poi prendere una piega del tutto personale, ammantando i singoli momenti attraverso un’ulteriore ragionamento connesso al destino e alla falsa predestinazione che talune culture del consumo vorrebbero propinarci. Tutto in favore di un’autodeterminazione attualissima e ben lungi da una semplice sperimentazione formale.

Linee parallele, un titolo che parla da sé

Al centro di Linee parallele troviamo Natalie (Lili Reinhart), una giovane neolaureata pronta a realizzare tutto il suo potenziale. Il suo sogno è quello di lavorare nel mondo dell’animazione, strettamente legato a una dimensione artistica che da sempre fa parte del suo quotidiano vivere. Disegnare, infatti, ha lo stesso peso, per lei, che ha per tutto gli altri il respirare. Si tratta di una caratteristica della sua attitudine e del suo carattere, al tempo stesso perfettamente calibrato e razionale nei confronti di quello che la vita avrà in serbo per lei. Dopo la laurea Natalie si vede già a Los Angeles, alla ricerca di un lavoro nel mondo che da sempre l’ha attratta, così da mettere a frutto sia quello che ha appreso negli anni, sia da realizzare il suo sogno di sempre. 

Da tutto ciò si sviluppa la doppia storia di questa pellicola. Da una parte vediamo una Natalie rimasta incinta del suo migliore amico, pronta ad assumersi le responsabilità delle sue scelte, tornando a casa dai suoi e scegliendo di diventare madre. Dall’altra invece troviamo una donna in carriera che segue alla perfezione tutti i suoi piani. Il messaggio di fondo del film, però, è proprio legato a quest’ultima dinamica: non puoi pianificare la tua vita nel dettaglio. Così la macchina da presa ci mostra due storie, due Linee parallele appunto, in cui la giovane dovrà destreggiarsi fra mille difficoltà, e anche laddove gli ostacoli sembreranno meno,  la realtà imprevedibile dell’esistenza saprà comunque metterla alla prova in qualche modo. A fare la differenza, infatti, non è la semplice riflessione sul destino e sulle conseguenze delle nostre scelte, ma il modo in cui noi stessi affrontiamo ogni cosa. Essere padroni del proprio destino significa rispondere in linea diretta a quello che la vita ci pone davanti, dimostrando anche fermezza, resistendo e inseguendo gli obiettivi che fanno parte della nostra stessa visione. 

Nulla vieta a Natalie di mantenere stretto a sé il suo sogno, nulla le vieta di continuare a crederci, certamente la sua strada, in entrambi i casi, sarà costellata di battaglie, anche dure, in cui avrà un grande peso l’appoggio delle persone a lei care. In ciò ritroviamo il lato più interessante di questa pellicola dalle caratteristiche leggere, nel modo stesso in cui porta avanti due narrazioni apparentemente agli antipodi con un elemento fondamentale in comune: Natalie. Lei è il collante dell’intero film, con una trama che mette la sua stessa vita, divisa in due possibilità, sotto alla lente d’ingrandimento. Come reagirà? Quale sarà la storia migliore per lei?

Linee parallele, volere è potere

Il messaggio più interessante alla base di Linee parallele non si lega alla sua struttura formale o al modo in cui rappresenta l’esistenza di Natalie. Non si tratta di una storia legata al destino e alle semplici conseguenze di quello che scegliamo di essere e fare ogni giorno della nostra esistenza. Piuttosto della volontà con cui plasmiamo le nostre possibilità, o potremmo farlo. In questo risiede il valore stesso della pellicola. Natalie ha un sogno e in un momento di relax la sua vita cambia travolgendola del tutto.

Se non avesse scelto quello che ha scelto cosa sarebbe successo? Lei sarebbe stata una ragazza differente? Sarebbe cambiata per sempre rispetto alla Natalie che conosciamo all’inizio del film? Potrebbero esserci più risposte a domande del genere, anche perché tutto varia in base al carattere del singolo individuo in esame. La storia di Natalie, però, mira a mettere tutto in chiaro con il passare delle sequenze, fino ad arrivare al suo finale. Scegliere di delineare il proprio destino nonostante tutto, abbattendo le problematiche della vita (queste potrebbero essere sentimentali, lavorative, familiari…) resta il cuore pulsante dell’intera storia, con una protagonista che tenta di trovare se stessa continuamente.

Uno stile semplice

Dal punto di vista formale ci troviamo davanti a un film estremamente semplice nel suo insieme e ben confezionato. La macchina da presa si sofferma tantissimo su Natalie stessa, sul suo sguardo rotto o speranzoso, sui dettagli emotivi della sua esistenza. Questa particolare attenzione allo specifico umano ritorna in ogni sequenza, senza risultare mai troppo invadente, coagulandosi con tutto il resto in una coerenza formale vicina anche alla sceneggiatura stessa. Nulla di nuovo all’orizzonte per quanto concerne la struttura del film, pur con tutti gli sforzi generazionali alla base della caratterizzazione sia dei personaggi di sfondo che della messa in scena generale. Il fatto di costruire l’intera narrazione intorno a Natalie funziona, anche se un minimo approfondimento del contesto intorno a lei, e degli altri personaggi a lei intorno, non avrebbe guastato. 

Ne fuoriesce un film dalle premesse familiari, pronto a sviluppare una duplice storia anche interessante e coerente dall’inizio alla fine. Nulla di troppo inedito ma comunque ben realizzato nella sua interezza. Il libero arbitrio della protagonista s'infrange ben presto su quello dei suoi stessi spettatori, costruendo un discorso che non si approfondisce mai del tutto, riuscendo comunque a suscitare qualcosa d'importante, con un finale da non sottovalutare affatto.