Genesi di un capolavoro

La lotta di classe che infuocava l'inizio del XX secolo prende forma nel capolavoro di Fritz Lang, che mette in scena un'opera colossale e fonda il mito cinematografico del robot, piantando il seme della lotta tra Uomo e Macchina.

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a cura di Tom's Hardware

Riguardo le fonti di ispirazione che fecero da riferimento per Metropolis non si hanno informazioni del tutto sicure. Di certo ad oggi possiamo dire che la sceneggiatura fu scritta a quattro mani da Thea von Harbou, una delle sceneggiatrici più influenti del periodo, e suo marito Fritz Lang, uno dei registi più importanti di tutti i tempi, basandosi sul romanzo omonimo della stessa scrittrice, edito nel 1925.

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Le riprese durarono dal maggio 1925 all'ottobre dell'anno successivo, ragion per cui la pellicola fu disponibile nelle sale soltanto nel 1927. In più sappiamo, ma non è certo una di quelle cose da mettere sul curriculum, che Metropolis fu, per qualche motivo, il film preferito di Adolf Hitler. Ciò avrebbe spinto il führer ad offrire al regista la direzione della UFA, istituto cinematografico tedesco che in quel periodo era proprietà del regime, nonostante i gerarchi nazisti fossero a conoscenza del fatto che Lang professasse la religione ebraica.

Il regista rifiutò e fuggì a Parigi la notte stessa in cui Goebbels gli propose l'incarico, nel marzo del 1933. Stando a quanto riportato da Lang stesso, che in un'intervista dichiarerà:

"Il 30 marzo 1933, il ministro della Propaganda in Germania, Joseph Goebbels, mi convocò nel suo ufficio [...] e mi propose di diventare una sorta di fuhrer del cinema tedesco. Io allora gli dissi: «Signor Goebbels, forse lei non ne è a conoscenza, ma debbo confessarle che io sono di origini ebraiche» e lui: «Non faccia l'ingenuo signor Lang, siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no!». Fuggii da Berlino quella notte stessa."

Anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale il regista decise di trasferirsi ancora, stavolta negli Stati Uniti, dove continuò il suo lavoro contribuendo a rendere grande Hollywood. Di Thea von Harbou, invece, sappiamo che aderì al partito nazional-socialista ben prima del trionfo alle elezioni del '33, e che probabilmente proprio questo fu il motivo per cui nello stesso anno divorziò da Lang.

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Thea von Harbou

Fu autrice di tantissime sceneggiature, molte delle quali trasposte in lungometraggi diretti dai più grandi registi dell'epoca: nel 1921 scrisse Fantasma, per la regia di Friedrich Wilhelm Murnau (che anni dopo sarà regista di Aurora, primo vincitore in assoluto dell'Oscar al miglior film nel 1929). Nel 1924 fu invece la volta di Desiderio del cuore, diretto da Carl Theodor Dreyer.

Tuttavia, il suo lavoro e quello di Lang restano inscindibili. Insieme i due diedero infatti alla luce, oltre a Metropolis, anche la scrittura di altre pellicole considerate oggi dei capolavori, come I Nibelunghi, prima trasposizione cinematografica della saga di Sigfrido (nel 1924) o l'indimenticabile M - Il Mostro di Düsseldorf, del 1931: pellicola che, grazie anche ad uno stupefacente Peter Lorre, risulta ancora oggi incredibilmente moderna e al passo coi tempi.

Insieme a Lang, von Harbou concepì anche la saga del Dottor Mabuse, il cui secondo episodio fu anche l'ultima collaborazione tra i due ed uscì nelle sale nel 1933. La saga fu poi conclusa con "Il diabolico dottor Mabuse", ultimo lungometraggio diretto dal regista e uscito nel 1960.

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Per noi di Retrocult poi è doveroso citare Una donna nella Luna del 1929, dove si ebbe per la prima volta una rappresentazione talmente realistica di un viaggio spaziale che i modellini usati per il film furono distrutti dalle SS durante la seconda guerra mondiale, in quanto troppo simili ai V2 utilizzati per bombardare Londra. I V2, vale la pena ricordarlo, protagonisti di un altro capolavoro, vale a dire L'Arcobaleno della Gravità di Thomas Pynchon.

Tornando a Metropolis, von Harbou concepì l'opera mescolando molteplici influenze, la più evidente delle quali è senza dubbio quella esercitata da Karel ÄŒapek, con la sua opera teatrale R.U.R la quale, portata in scena per la prima volta nel 1921 a Praga come dramma in tre atti, rappresentava un mondo in cui uno scienziato, animato da buoni propositi, crea i robot per liberare l'Uomo dallo sfiancante lavoro fisico, ma gli automi finiscono invece per ribellarsi, schiavizzando l'umanità.

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In R.U.R. inoltre compare per la prima volta il termine robot (derivante dalla parola polacca per "lavoro forzato" o anche solo "lavoro": robota) e, con esso, il timore reverenziale rappresentato dalla minaccia delle macchine. Un tema che dopo anni resta ancora al centro delle attenzioni degli sceneggiatori; lo ritroviamo infatti in moltissime opere che con saghe, tante che dobbiamo limitarci a ricordarne solo alcune. Saghe come Matrix e Terminator, film come 2001: odissea nello spazio, Wargames e Avengers: Age of Ultron, la recentissima serie TV Westworld, oppure ancora fumetti, come il nostrano Nathan Never che ci ha deliziati per anni con lo splendido ciclo dei tecnodroidi.