The Matrix: tutto quello che c'è da sapere sulla saga

A 20 anni dall'uscita, riesaminiamo la saga di The Matrix e cerchiamo di capire come ha cambiato per sempre il cinema di fantascienza.

Avatar di Walter Ferri

a cura di Walter Ferri

Il 5 novembre del 2003 usciva nelle sale cinematografiche statunitensi The Matrix Revolutions, terzo capitolo della trilogia di The Matrix.

Siamo pronti ad affrontare la mole di informazioni pre-lancio di The Matrix 4 e vi invitiamo a leggere la nostra analisi del primissimo trailer pubblicato.

31 marzo 1999, i fratelli Larry e Andy Wachowski debuttano al cinema con il loro secondo lungometraggio, The Matrix. È un successo epocale, uno spartiacque cinematografico che impone al millennio venturo un nuovo modo di pensare e produrre i blockbuster d’azione. Una trama con sottotoni articolati, una serie di effetti speciali audaci e ambizioni artistiche palpabili: questi sono stati gli elementi che hanno incantato e intrattenuto le attenzioni del largo pubblico, che hanno permeato per anni la cultura pop. All’epoca sembrava esistesse solo Matrix, aveva raggiunto chiunque e invaso ogni campo. Fashion, editoria, tecnologia, nessuno ne era esente, eppure l’opera magna dei Wachowski non ha fatto altro che concretizzare e democratizzare alcune forti suggestioni narrative che già da tempo aleggiavano negli ambienti culturali. Tra letteratura e cinema, citiamo gli esempi più rilevanti.

Neuromante

1984, usciva Neuromante, il primo romanzo dello scrittore statunitense William Gibson. Pur considerando l’esiguo bacino dei lettori di fantascienza, l’autore aveva già sviluppato una discreta fama grazie ai suoi incisivi racconti brevi. Si trattava di scritti dalle dimensioni contenute, ma di grande profondità descrittiva, ambientati in futuri distopici soffocati dalle spire strette di tetri cyberspazi. Con Neuromante, Gibson conquistò in un sol colpo il Nebula Award, il Philip K. Dick Award e l’Hugo Award, un traguardo mai raggiunto in precedenza da nessun autore ed eguagliato da pochi. L’origine del genere cyberpunk può essere ricondotto agli scrittori della beat generation, ma William Gibson, forte dei suoi successi, ne ha codificato i parametri estetici per come li conosciamo oggi, lasciando per sempre il segno nella storia della fantascienza.

Neuromante orbitava attorno alle vicende di Henry Dorsett Case, ex-hacker, tossicodipendente e disoccupato, un protagonista antieroico punito severamente per aver fallito una missione: il suo vecchio datore di lavoro gli aveva infatti inibito l’accesso alla Rete, meglio nota come Matrix. Oltre a condividere l’etichetta con cui viene identificata la realtà virtuale nei rispettivi universi, Neuromante e The Matrix esibiscono similitudini tematiche e contenutistiche più profonde. Tra queste, la più eclatante non può che essere la metodologia con cui gli utenti si connettono e interfacciano con lo spazio cibernetico: i protagonisti di The Matrix accedono al loro avatar inserendo un lungo cuneo appuntito alla base della nuca, quelli di Neuromante navigano applicandosi sul corpo una serie di elettrodi medici. In ambo i casi la procedura è invasiva, chirurgica, e traduce gli impulsi elettrochimici del corpo in dati informatici. In altre parole tramuta gli esseri umani in macchine e li lega indissolubilmente a universi fittizi fatti di realtà artificiali segretamente manipolate da occulti poteri dominanti. Il cyberspazio assorbe l’uomo con una millantata promessa di libertà, quindi lo sottomette tacitamente alle regole del sistema.

L’influenza di Neuromante sull’opera dei Wachowski è evidente, tanto evidente che alcuni intransigenti patiti di fantascienza hanno identificato i chiari parallelismi come veri e propri atti di plagio. Intervistato in merito a queste illazioni, Gibson ha spezzato una lancia in favore dei registi, asserendo che i due «siano arrivati a creare quel mondo appoggiandosi alla stessa osmosi creativa a cui ho sempre attinto anche io».

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Johnny Mnemonic

Pellicola del 1995, Johnny Mnemonic merita di essere ricordata più come punto di incontro tra Neuromante e The Matrix, che per i propri meriti cinematografici. Tratto da un omonimo racconto di Gibson, il film fu infatti un flop tanto al botteghino quanto agli occhi della critica e ancora oggi preserva un saldo rating di 13% su Rotten Tomatoes. Narrava le vicende del titolare Johnny, un “corriere mnemonico” che trafficava informazioni digitali grazie a un sistema di archiviazione piantato saldamente nel cervello. Un protagonista che all’inizio della vicenda era un semplice mezzo per trasferire dati – in pratica una chiavetta USB senziente dotata di un sistema anti-hackeraggio di ultima generazione – che si trasforma progressivamente in campione capace di smantellare il decadente ordine costituito. Rispetto a quanto visto con il romanzo di Neuromante, le similitudini tra Johnny Mnemonic e The Matrix sono più circostanziali, ma varrebbe la pena menzionare questo lungometraggio anche solo per il sistema di caricamento dati proposto con cui Johnny registra gli input informatici. Essendo l’apparecchiatura di stoccaggio dati un tutt’uno con il suo cranio, il protagonista non può che accedervi inserendo un connettore alla base della nuca, in maniera non dissimile a quanto avrebbero proposto poi i fratelli Wachowski. Questa affinità, di per sé superficiale, si gonfia ed enfatizza a dismisura perché a interpretare Johnny è stato Keanu Reeves, attore che solo pochi anni dopo avrebbe replicato un’esperienza simile vestendo i panni di Neo, protagonista di The Matrix.

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Dark City

Nel 1998, l’anno prima che The Matrix raggiungesse i cinema, uscì Dark City, un prodotto cinematografico di tale qualità che ancora oggi viene considerato il film più apprezzabile e intrigante dell’intera carriera di Alex Proyas, regista meglio noto per aver partorito blockbuster quali Il Corvo e Io, Robot. Un piccolo capolavoro del cinema che troppo spesso viene ignorato e dimenticato dal grande pubblico. Un thriller neo-noir ambientato in una città afflitta da una notte perenne, per le sue strade omicidi misteriosi e un protagonista che doveva fuggire da un inarrestabile quanto inquietante gruppo di uomini in nero. Questi “stranieri” erano fasciati da capo a piedi da uniformi di colore scuro, solo i loro volti pallidi ed emaciati lasciavano trapelare che quei vestiti erano abitati da corpi morti posseduti da entità tutt’altro che umane. Gli esseri esercitavano un dominio completo sulla città, politico e fisico, erano in grado di compiere azioni soprannaturali con cui sovrascrivere la realtà e i cittadini.

La trilogia di The Matrix ha richiamato molti degli spunti narrativi di Dark City. Messe a confronto, le pellicole hanno una quantità notevole di evidenti parallelismi e critici cinematografici della portata di Roger Ebert non si sono fatti problemi nel definire il film dei Wachowski come una creatura dalle premesse “riciclate”. Interrogati a riguardo, Andy e Larry hanno categoricamente negato di aver attinto ispirazione dall’opera di Proyas, ma la loro posizione è ugualmente dubbia. Alex Proyas ha sottolineato con un certo ardore che i progetti fossero sostenuti entrambi da almeno un produttore condiviso e va da sé che i due fratelli abbiano avuto tempo e modo di conoscere a fondo la pellicola concorrente. A sfumare ulteriormente i confini sono stati i set designer di The Matrix, i quali hanno acquistato e riutilizzato le scenografie di Dark City, creando irrimediabilmente un’ulteriore connessione con l’opera di Proyas. A prescindere da come siano andate veramente le cose, le due pellicole differiscono grandemente nell’essenza, ovvero nel pubblico che intendono raggiungere: una è pensata per gli amanti della fantascienza intesa nella sua connotazione più ortodossa, l’altra indulge in azione e stile per poter far colpo sull’ampio bacino d’utenza degli spettatori occasionali.

Il tredicesimo piano/eXistenZ

A ulteriore dimostrazione che The Matrix ha scolpito il proprio successo dando voce a un sentimento condiviso, è interessante notare che altri due film trattanti le medesime tematiche siano usciti immediatamente in coda al mastodonte firmato Wachowski. Nell’aprile 1999 comparvero nelle sale cinematografiche Il tredicesimo piano, prodotto da Roland Emmerich reduce, ed eXistenZ, diretto dal maestro dell’horror David Cronenberg. Due pellicole che, seppur degne di attenzione, sono state affossate dalla sfortunata calendarizzazione. Non possono in alcun modo vantarsi di aver influenzato The Matrix, tuttavia hanno possibilmente contribuito a suggerire ai fan nuove e impreviste letture del film stesso. Tanto Il tredicesimo piano quanto eXistenZ approfondiscono infatti con dovizia un elemento filosofico che i Wachowski hanno toccato solo di sfuggita, cioè l’effettiva impossibilità di distinguere la realtà dalla finzione. Negli anni ha pertanto attecchito la teoria, in verità poco supportata dal copione, che l’universo virtuale del Matrix sia stratificato in più livelli e che i suoi protagonisti non abbiano modo effettivo di riconoscere il mondo reale. Una prospettiva affascinante che, come vedremo, si muove tuttavia in controtendenza con gli intenti dei due autori.

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The Matrix

Thomas Anderson è un impiegato pallido e introverso con una doppia vita. Se di giorno può dirsi cittadino modello, di notte si trasforma in Neo, hacker di comprovato talento ossessionato da un’unica domanda: cos’è il Matrix? La risposta lo raggiunge una notte, quando il monitor del suo computer inizia autonomamente a lanciargli dei messaggi. A contattarlo è Morpheus, il carismatico leader di un gruppo terroristico di hacker, il quale lacera il velo di Maya e gli rivela che l'umanità intera è soggiogata da intelligenze artificiali ormai fuori controllo. Il mondo conosciuto da Thomas non esiste e il Matrix è un costrutto virtuale sviluppato appositamente per nascondere questa fosca verità.

Nello scoprire la menzogna, Thomas Anderson muore, ma al suo posto sorge un redivivo Neo, un uomo nuovo che si sveglia nel freddo e ostile mondo reale. Il suo corpo è debole, la sua pelle è incrinata da innesti metallici da cui protrudono spessi cavi. Le macchine che hanno vigilato per anni sul suo corpo lo identificano ora come difettoso, lo scartano, lo gettano in una cloaca per liberarsi di lui. Morpheus lo raccoglie, lo addestra e lo istruisce, infine gli rivela di essersi interessato a lui perché convinto di aver trovato il messia delle profezie, colui che salverà gli umani dalla schiavitù delle macchine.

A piccoli passi, superando dubbi e insidie, Neo compie il suo destino. Scopre i suoi poteri, supera ogni limite, sconfigge le implacabili guardie del Matrix e si eleva allo stato di superuomo, preparandosi a rivoluzionare per sempre lo status quo che sottomette le persone ai loro aguzzini.

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I personaggi

Più che dell’umanità, il Neo interpretato da Keanu Reeves era il salvatore della contro-cultura nerd. La sua rappresentazione, blanda e poco carismatica, ha offerto al pubblico in questione una tela bianca su cui poter tratteggiare la propria immagine. Neo non era un eroe, uno sportivo, un militare o un agente segreto, Neo era un ragazzo qualsiasi che si interessava di computer e si sentiva disadattato. The Matrix ha “riabilitato” agli occhi del grande pubblico la figura del nerd, dimostrando che anche i cosiddetti colletti bianchi potevano vantare un profilo eroico e virtuoso. Molti giovani adolescenti hanno iniziato a fantasticare di veder riconosciuti i propri talenti, sognavano di imparare doti atletiche con un semplice upgrade virtuale, in breve si inserivano nei panni del protagonista. Spesso letteralmente. Per anni è stato comune imbattersi in ragazzi e ragazze che avevano deciso di aderire al peculiare senso del fashion di cui i Wachowski si erano fatti portavoce.

Morpheus

Per Morpheus, Andy e Larry avevano suggerito a Laurence Fishburne di prendere come ispirazione la suadente compostezza dell’omonimo personaggio scritto da Neil Gaiman per il fumetto The Sandman, offrendo per vie traverse un’ennesima allusione culturale altrimenti oscuro alla sensibilità del grande pubblico. Come il suo riferimento fumettistico, Morpheus era uno zelota incapace di accettare obiezioni al proprio punto di vista, un uomo carismatico con una serie di inossidabili dogmi, ma anche un seduttore di folle il cui pacato autocontrollo lo rendeva sorprendentemente affabile. Era un mentore saggio e paterno, quello che tutti avrebbero voluto avere al proprio fianco.

Trinity

Trinity, coprotagonista interpretata da Carrie-Anne Moss, era l’incarnazione della femme fatale, della dominatrix fasciata in abiti aderenti che tutto può e che non è rallentata da nessun difetto. Era un’antieroina inarrestabile e archetipale, la classica “donna forte” per come la potrebbe immaginare un adolescente avido lettore di comics americani. Trinity era il contraltare speculare di Neo, un profilo cavo in cui le ragazze si sarebbero potute inserire, ma il suo era anche un ruolo pieno di limitazioni e che evidenziava una certa inesperienza autoriale. Mentre la vacuità di Neo era compensata dalla sua crescita, Trinity veniva presentata sin da subito come un personaggio completo e il suo contributo alla trama si condensava nel soddisfare gli interessi amorosi del protagonista. Il suo stile superava di gran lungo l'utilità del suo ruolo, un errore narrativo che, si sarebbe scoperto poi, è un marchio di fabbrica dei fratelli Wachowski.

L'Agente Smith

Tra la schiera degli antagonisti è opportuno ricordare l’Agente Smith, il sistema antivirus più inquietante che una realtà virtuale possa mai progettare. Fu una performance eccelsa, quella di Hugo Weaving, dimostrò un talento recitativo assolutamente inaspettata. Prima di The Matrix, l’attore era noto solamente ai cinefili e per lo più per aver interpretato una sfacciata drag queen in Priscilla – La regina del deserto. Le aspettative erano minime, la sorpresa immensa. Narrativamente, Smith aveva un ruolo inizialmente povero di sfaccettature: era il volto incarnato di un ordine fascista, del conformismo enfatizzato all’estremo, del controllo totalitario che porta all’estinzione. Più complesso era il ruolo di Joe Pantoliano, il sottoposto di Morpheus noto come Cypher. Lui dava voce alla dissidenza e al dubbio, sottolineava le criticità del pensiero del suo capitano e metteva alla prova gli equilibri formali del gruppo. Era il diverso tra i diversi, una dissonanza di grandi potenzialità che gli autori hanno immolato in modo da cementare la monolitica credibilità di Morpheus.

Il viaggio dell’eroe

Anche i più feroci detrattori della trilogia di Matrix sono pronti a concedere che il primo capitolo della saga sia quantomeno piacevole da guardare, addirittura memorabile. Adoperando efficacemente una tecnologia tutto sommato rudimentale, l’effettista John Gaeta aveva coniato l’espediente cinematografico definitivo, aveva cioè trovato una soluzione registica di tale impatto visivo da mettere in ombra ogni altro elemento della pellicola. L’intuizione di Gaeta era stata quella di allineare camere fisse e simulare una sequenza video scattando singoli fotogrammi in rapida sequenza. Un’idea semplice nel concetto, ma complessa nella pratica, la cui buona riuscita ha popolarizzato un effetto di iper-slowmotion altamente riconoscibile e che è in seguito entrato nella cultura pop con il nome di “bullet-time”.

Non basta un singolo effetto speciale a rendere grandioso un film. La rivalutazione di identità ai margini della società, tema che i Wachowski avevano già trattato nel film Bound - Torbido inganno, ha certamente dato voce a una crescente fetta demografica, adulti e adolescenti che fino ad allora non erano mai stati presi sul serio. Matrix è stato per la cultura nerd ciò che The Horror Rocky Picture Show fu per gli esponenti della sessualità non binaria, un gesto di pubblica accettazione di quegli atteggiamenti che fino a poco prima venivano considerati devianze.

La forza di tale messaggio è stata convogliata attraverso la struttura narrativa identificabile ne “il viaggio dell’eroe” formalizzato dallo sceneggiatore Christopher Vogler. Si tratta di uno schema comune a diverse mitologie e religioni, opportunamente riadattato per la stesura di copioni cinematografici: un protagonista segnato da difetti riceve una chiamata all’avventura in un mondo alieno, accetta il proprio ruolo grazie al sostegno di una guida, supera con i suoi alleati una serie di sfide e infine muore – più o meno metaforicamente – per tornare rinato, cambiato dalle nuove esperienze. Il viaggio dell’eroe è il minimo comun denominatore che unisce Il Signore degli Anelli, Moby Dick e Star Wars. È la base ancestrale su cui sono state costruite molte delle trame più efficienti mai scritte ed è un modello di eroe archetipale a cui ci è antropologicamente difficile resistere.

La filosofia

L’infanzia e le esperienze di vita di Andy e Larry Wachowski hanno un ruolo essenziale nel definire le tematiche della loro produzione artistica. Cresciuti da un padre fortemente ateo e da una madre cristiana convertitasi allo sciamanesimo, i due fratelli non hanno potuto che sviluppare una visione strettamente personale della filosofia e del concetto di spiritualità. Matrix è, per stessa definizione dei registi, un atto di decostruzione della filosofia e, tenendo conto dei sequel, dell’iconografia religiosa. Dalle ombre proiettate sulla parete della caverna di Platone alla metafisica di René Descartes, sono molti i pensatori che si sono soffermati sul mettere in discussione la percezione della realtà, ma Robert Nozick e Arthur Schopenhauer sembrano essere particolarmente pertinenti, nell'analisi di The Matrix.

Il primo ha cercato di confutare le teorie utilitaristiche dell’edonismo etico attraverso l’esperimento paradossale della “macchina del piacere”. In altre parole, per dimostrare che i valori umani hanno radici più profonde della ricerca del mero piacere, Nozick ha ipotizzato un meccanismo che, collegato al cervello umano, sia in grado di simulare sensazioni gradevoli fittizie, teorizzando al contempo che la natura della nostra società finirebbe con il ripudiare un simile inganno. Il secondo attinge invece allo gnoseologismo dell’induismo e del buddismo, suggerendo che la vita quotidiana non sia altro che un “sogno” normato da regole dettate dagli schemi conoscitivi condivisi dall'umanità. Secondo Schopenhauer, infrangere questo “letargo conoscitivo” corrisponderebbe a un’elevazione dell’anima individuale, un “risveglio” che garantirebbe la contemplazione della vera essenza della realtà e la salvezza dal ciclo continuo di morti e rinascite noto come saṃsāra.

The Matrix tratta con estrema superficialità queste tematiche, ma queste tematiche sono innegabilmente fondamentali per la pellicola e molti accademici hanno colto la palla al balzo per pubblicare una serie infinita di manuali di filosofia e di documentari divulgativi. Tra tutti, vale la pena nominare il documentario Return to Source: Philosophy & The Matrix. Non perché sia il meglio riuscito o il più interessante, ma sicuramente è quello preferito dai fratelli Wachowski, i quali lo hanno approvato e personalmente inserito negli extra della Ultimate Matrix Collection.

Identità e BDSM

«Pensiamo che le persone gay e queer non siano le uniche a vivere nascoste. Tutti lo facciamo», dichiarò Larry nel 1998 ai microfoni del magazine Gadfly. «Tendiamo tutti a chiuderci in scatole, a intrappolarci. Quello che abbiamo cercato di fare è stato definire i personaggi attraverso il tipo di trappole che determinano la loro vita». L’intervista faceva riferimento a Bound – Torbido inganno, ma potrebbe rispecchiare la natura di tutte le produzioni Wachowski, nonché della loro stessa vita privata. The Matrix ha infranto la “scatola” della sfera nerd, controcultura di cui i due fratelli facevano parte e che prima del loro avvento era rappresentata sul grande schermo con un certo imbarazzo. Fan del cinema anime giapponese e dei comics americani, Andy e Larry hanno esplorato con il loro blockbuster d’azione un totale ribaltamento dei ruoli costituiti. I gracili hacker non erano più personaggi di supporto, erano combattenti che, con la sola forza mentale, potevano tenere testa ad armate intere di soldati addestrati. Un contrappasso di funzione decisamente enfatizzato e che malcelava una certa dose di disagio, ma che era anche un dirompente atto di ribellione nei confronti dei preconcetti istituzionali.

Un medesimo desiderio di riconoscimento, anche se su scala molto più modesta, si può riscontrare nelle scelte estetiche di ascendenza BDSM. Morpheus e i dissidenti che lavoravano al suo fianco indossavano abbigliamenti vistosi, fatti di lunghi cappotti di pelle o aderenti tute in lattice. Un equipaggiamento che, vista la natura segreta del loro operato, certo non aiutava a preservare un basso profilo, ma che ben si sposava con una cifra stilistica di origine bondage. Questa connessione, tutt’altro che utile o sensata ai fini della narrazione, era piuttosto il riflesso delle esperienze di vita di Larry Wachowski, all’epoca impegnato in una liaison amorosa adulterina con Ilsa Strix, una mistress professionista divenuta in seguito educatrice sessuale.

Che si apprezzi o meno il talento autoriale dei Wachowski, bisogna ammettere che i due registi hanno sempre perpetrato una campagna in sostegno all’emancipazione individuale e sociale. La loro filmografia si fonda sull'idea che le minoranze oppresse debbano ribellarsi ai mondi che le vogliono incasellare e sterilizzare, che si debba riconoscere alla diversità un’equa dignità umana, che i gruppi marginalizzati debbano poter rivendicare i propri diritti. Questo impegno politico nasce dichiaratamente da un impulso personale, da un desiderio dei fratelli Wachowski di sentirsi pienamente accettati dagli altri e da sé stessi, aspirazione che nel tempo li ha portati a intraprendere il percorso di transizione di genere. Andy e Larry sono oggi Lilly e Lana. Fino a questo punto dell’analisi abbiamo ritenuto opportuno valutare le sorelle Wachowski per le persone che erano ai tempi delle riprese di The Matrix (giovani uomini frustrati amanti dei fumetti), ma, volendo rispettare la loro scelta, inizieremo da ora a considerarle con l'identità che si sono attribuite, cioè quella femminile.

Prima di continuare

Verrebbe da pensare che dopo aver visto The Matrix sia naturale guardare il suo diretto sequel, The Matrix: Reloaded, tuttavia questa non sarebbe la scelta ottimale. Dopo il successo ottenuto al botteghino, il brand si è infatti frammentato e ha ridistribuito i propri contenuti su scala multimediatica. La pellicola non era più il solo mezzo per vivere l’esperienza di Matrix, alcuni risvolti narrativi erano anzi ben custoditi da articoli a cui molti spettatori non hanno mai avuto accesso. Essenziali per ottenere un’esperienza completa erano la raccolta di corti animati The Animatrix e il videogame Enter the Matrix, ambo prodotti al cui interno erano celate informazioni che andavano a completare le controparti filmiche.

The Animatrix

Scritto da Stephen King e diretto da Lawrence Kasdan, il 21 marzo 2003 usciva al cinema L’Acchiappasogni. L’unico elemento in comune con l’opera delle Wachowski era il distributore e Warner Brothers, facendo un assist al film horror, aveva deciso di proiettare in apertura della pellicola un corto animato che faceva da introduzione al tanto atteso The Matrix: Reloaded. Si trattava della prima apparizione de L'ultimo volo della Osiris, primo dei nove episodi animati che avrebbero infine costituito The Animatrix.

Per comprendere al meglio la natura di Animatrix bisogna tenere conto della sua fondamentale superfluità. Tutte le informazioni che se ne ricavano sono aggiuntive e nessuna di queste è strettamente essenziale. Quello che si otteneva prestandosi all’esperienza era piuttosto un valore qualitativo aggiuntivo che andava a definire e raffinare tutti quegli elementi che Lilly e Lana avevano solamente abbozzato grossolanamente. Quattro episodi erano direttamente ispirati ai loro appunti personali: il già citato L’Ultimo volo della Osiris dettagliava in che modo la resistenza umana fosse venuta a conoscenza di alcune informazioni essenziali alla trama di Reloaded; Il secondo rinascimento parte I e II rivelava da dove fossero nate le divergenze tra macchine e umani, nonché come fosse caduta la civiltà umana; Storia di un ragazzo introduceva il personaggio di Michael Karl Popper, un giovane che nei film sarebbe poi comparso fugacemente e senza troppe cerimonie.

I restanti episodi sono veri spin-off, ma proprio per questo motivo i rispettivi autori hanno avuto ampio margine creativo, giungendo a soluzioni che hanno ampliato la mitologia di Matrix costruendo nuovi fonti di ispirazione affianco ai binari già esplorati dalle Wachowski. In ogni caso tutto The Animatrix era caratterizzato da standard molto alti e coinvolgeva registi che di nota fama e talento: Shinichiro Watanabe (celebre per la serie Cowboy Bebop), Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scrolls), Peter Chung (Æon Flux), Kōji Morimoto (animatore di Akira), Takeshi Koike (Afro Samurai), Mahiro Maeda (designer di Neon Genesis Evangelion), Andy Jones (effettista di Final Fantasy: The Spirits Within). Complice la presenza di queste eccellenze, la raccolta è l’opera collegata a The Matrix più apprezzata dalla critica. Grazie a The Animatrix, non solo i film sono maggiormente godibili, ma l’intera saga ne guadagna di interesse e pregio.

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Enter the Matrix

Sviluppato da Shiny Entertainment, Enter The Matrix usciva il 14 maggio 2003, un giorno prima del debutto cinematografico di The Matrix: Reloaded. Era stato pensato sin da subito come parte integrante del film, Lilly e Lana avevano addirittura girato più di un’ora di pellicola da inserire in esclusiva nel gioco. Molte delle scene lí presenti andavano a spiegare quei fastidiosi omissis che avrebbero tarlato i lungometraggi principali. Ogni volta che un personaggio secondario compariva/scompariva senza troppe spiegazioni, ogni volta che il copione recitava battute che suggerivano pregressi, era probabile che le spiegazioni si trovassero in Enter the Matrix.

La vicenda iniziava subito in coda a L’ultimo volo della Osiris, Niobe e Ghost, due personaggi inediti che sarebbero presto ricomparsi in The Matrix: Reloaded, recuperavano le informazioni raccolte dai compagni e le trasmettevano a loro volta alla base centrale della città di Zion, ultima roccaforte umana.

Le azioni interpretate videoludicamente del giocatore andavano di fatto ad aprire le vicende cinematografiche, creando un bizzarro rapporto simbiotico che col passare dei livelli si intensificava fino a divenire armonico. Coloro che giocavano a Enter the Matrix avevano l’illusione che con le proprie azioni stessero contribuendo attivamente al successo di Neo. Una finzione palese che però lasciava spazio a un’immersione totale nel brand. Un esperimento interessante che all’epoca non fu apprezzato e che, con tutta probabilità, ha intaccato negativamente la solidità del prodotto che avrebbe invece dovuto supportare.

Reloaded e Revolutions

La presenza di Neo mette a rischio la stabilità di Matrix e spaventa le macchine, le quali sembrano forzate a un drastico cambio di strategia. Ormai vulnerabili nel mondo virtuale, decidono di attaccare la resistenza umana direttamente nel mondo reale, usando immense trivelle per perforare la crosta terrestre e raggiungere ultimo rifugio degli uomini liberi. Le operazioni militari vengono però scoperte dai protagonisti de L’ultimo volo della Osiris, i quali si sacrificano per trasmetterle al quartier generale, mettendo in allerta l’intero esercito di Zion. I militari predispongono un’ultima, disperata, linea di difesa impiegando tutte le risorse umane disponibili: l’idea è quella di formare un cordone di combattenti pronto a inviare degli impulsi elettromagnetici che disattivino gli avversari, ma qualcosa va storto e gli umani vengono schiacciati.

Nel frattempo Morpheus, convinto che l’unico modo di vincere la battaglia sia affidarsi ciecamente all’eletto della profezia, invia Neo a chiedere l’assistenza dell’Oracolo, un programma di Matrix che si è sempre dimostrato pronto a condividere la propria saggezza con gli esseri umani bisognosi. Da lei, Neo scopre che il suo scopo è quello di raggiungere un’intelligenza artificiale nota come “il fabbricante di chiavi”, ma che per poterlo trovare dovrà chiedere l’assistenza di un terzo programma, il Merovingio. La discussione tra i due viene interrotta dalla sorprendente comparsa del redivivo Agente Smith, il quale è stato alterato dal passato scontro con l’eletto e sembra ora in grado di violare le regole della simulazione sovrascrivendo la propria identità su chiunque entri in contatto con lui.

A seguito di una fuga rocambolesca, Neo, Morpheus e Trinity fanno visita al Merovingio, signore delle intelligenze artificiali emarginate. Egli suggerisce causticamente che Neo non sia altro che un burattino nelle mani dell’Oracolo e che altri abbiano subito il medesimo destino prima di lui, quindi si rifiuta di cedere il fabbricante di chiavi e congeda in malo modo i suoi visitatori. Per recuperare l’indispensabile risorsa, i tre umani violano la roccaforte del Merovingio e fuggono con il fabbricante di chiavi. Il programma concede all’eletto, e solo a lui, di varcare la soglia che porta alla Sorgente, il mainframe delle macchine. Al posto di trovare la soluzione alla guerra, Neo finisce in una stanza di controllo abitata dall’Architetto, la macchina che secoli prima aveva progettato e realizzato il Matrix. Da lui scopre che la figura dell’eletto non sia altro che un ennesimo sistema di controllo, che il suo compito non sia quello di vincere la guerra, ma di preservare la vita umana selezionando la manciata di esseri umani che andranno a ripopolare il mondo dopo l’inevitabile genocidio di Zion.

Pur consapevole dei rischi, Neo ripudia l’offerta per tornare dalle persone da lui amate, per combattere fino alla fine. Potenziato dall’incontro con l’Architetto, Neo scopre di aver esteso la portata delle sue abilità, ma quando cerca di bloccare le macchine nel mondo reale il suo corpo e la sua mente si separano e la sua coscienza rimane bloccata in un piano astratto del Matrix. Morpheus e Trinity scoprono dall’Oracolo come ricongiungersi con Neo, ma la breve esperienza extracorporea ha permesso all’eletto di venire a contatto con lati di Matrix che non aveva mai preso in considerazione. Comprende infatti che il mondo delle macchine è complesso e sfumato quanto quello umano, che le intelligenze artificiali abbiano imparato a sviluppare emozioni genuine. Questa nuova consapevolezza, rinforzata da infauste visioni, spinge Neo a voler raggiungere fisicamente la Sorgente in modo da parlamentare una tregua. Qui sigla un trattato di pace: la sopravvivenza di Zion in cambio della sconfitta dell’ex-agente Smith, oramai divenuto un male che ha inglobato l’intero Matrix. Neo si connette per un’ultima volta al Matrix, dando vita a uno scontro epocale contro un onnipotente Smith. Pur uscendone sconfitto, l’eletto si sacrifica per annientare il suo avversario dall’interno, scambiando la propria vita per un periodo di fragile pace.

Personaggi e il mondo

Neo, Trinity e Morpheus tornarono nei sequel pressoché invariati. Adamantinamente ossessionati dalle proprie certezze, hanno subito una crescita emotiva quasi nulla. Anche quando le loro certezze si rivelano inaccurate, la loro reazione era contenuta e non li spingeva a questionare radicalmente la propria natura. Come sostenuto dal Merovingio, essi non erano altro che pedine manipolate su molteplici livelli dall’Architetto e dall’Oracolo, pezzi di un gioco giocato da altri, esseri dal contenuto libero arbitrio. I tre protagonisti, d’altro canto, erano in Reloaded e Revolutions solamente dei mezzi atti a raccontare il mondo che abitavano. La loro presenza scivolava in secondo piano per accompagnare al meglio gli spettatori nell’esplorazione degli angoli più reconditi di Matrix e di Zion.

La loro staticità ha favorito infatti lo sviluppo di un variegato e vivace cast di supporto. L’Architetto, pur nella sua convoluta e ridicola complessità, ridimensionava il ruolo e il potere di Neo, ma fungeva anche da ponte nel giustificare la progressiva umanizzazione delle intelligenze artificiali. Lui, freddo calcolatore, aveva progettato le prime, alienanti, versioni del Matrix, simulazioni che spingevano gli esseri umani in una “behavioral sink”, distruggendone tanto la psiche quanto la salute fisica. Per rimediare a un tale difetto, le macchine avevano creato l’Oracolo, un sistema operativo mirato alla comprensione e all’interpretazione della psiche umana. Lei ha contribuito attivamente alla creazione della versione finale del Matrix introducendo nell’equazione del programma l’elemento del libero arbitrio umano. Ha cioè offerto agli umani la possibilità di scegliere, seppur inconsciamente, di evadere dalla simulazione. Un sistema funzionale, ma imperfetto. Con il tempo, il Matrix sarebbe infatti finito irrimediabilmente a partorire un’imprevedibile “anomalia”, un errore sistemico che avrebbe fatto collassare l’intero inganno. L’eletto è l’anomalia, ma un’anomalia inventata ad hoc dalle macchine, un rischio calcolato utile a riavviare regolarmente il simulatore in modo da evitarne il deterioramento.

Il Merovingio, trafficante di informazioni dal talento ineguagliabile, costituiva una terza fazione negli equilibri del Matrix, una che poteva essere assimilabile alla malavita e che era allo stesso tempo vernacolare e ambigua, ma anche criminalmente inesplorata. Antico programma destinato all’estinzione, egli è stato uno dei pochi capaci di nascondere il proprio codice di disattivazione, sopravvivendo di fatto nei secoli. Al suo fianco aveva raccolto quei bug di sistema e quei file obsoleti che si erano rifiutati di “tornare alla Sorgente”, ovvero che si erano opposti alla cancellazione. Protetto e servito da spettri, vampiri, licantropi e divinità, il Merovingio era un esule, ma anche uno dei fulcri di potere più influenti dell’intero Matrix. Le azioni e le richieste effettuate durante gli eventi di Reloaded e Revolutions suggeriscono egli nutrisse una particolare animosità nei confronti dell’Oracolo e che avesse fatto il possibile per ostacolarla, se non addirittura ucciderla.

I personaggi che animano il Matrix hanno ricevuto con gli ultimi due capitoli della serie un significativo spazio narrativo, ma anche la città di Zion, che nel primo The Matrix veniva solamente nominata, si è mostrata in tutta la sua decadente gloria. Quello che veniva rappresentato era un luogo spoglio e spiacevole, ma anche visceralmente amato dagli uomini e dalle donne che lo abitavano. Era improntato su un governo oligarchico, strutturato su una gerarchia fortemente militarizzata, una vera città-stato nella quale il destino di ogni abitante era intrecciato e tutti conoscevano tutti.

La filosofia parte II

Buona parte del metraggio cinematografico dedicato all’insediamento era riservato alla scenografica battaglia finale. Minuti e minuti di sfrenate sparatorie e dramma bellico che però aiutavano poco a comprendere la città. Il tempo di narrazione espositiva era invece perlopiù dedicato a un unico didascalico messaggio: uomini e macchine, seppur avversari, sono esseri simbiotici e non possono vivere gli uni senza gli altri. Esistono tuttavia spunti che Lilly e Lana hanno appena accennato, ambigue suggestioni proposte per vie traverse e che fomentano le teorie più disparate.

Il meticciato degli abitanti di Zion è certamente uno degli stimoli più evidenti e discussi dell’epoca, sia tra i cinefili che tra i commentatori esterni. Per i canoni archetipali del cinema hollywoodiano, la resistenza umana esibisce un numero esiguo di caucasici, anzi il tessuto sociale del baluardo umano è formato in gran parte da quelle che, altrove, sarebbero minoranze etniche. Nel suo Beyond the Matrix, il Pastore Stephen Faller interpreta tale scelta come una deliberata contrapposizione al paradigma razziale anglocentrico offerto nei confini simulati del Matrix. In pratica, sostiene che la presenza di una maggioranza caucasica nell’universo virtuale sia tematicamente controbilanciata da un predominio afroamericano nel mondo reale. La professoressa Stacy Gillis preferisce fornire un’interpretazione più spirituale e storico del contesto e in The Matrix Trilogy: Cyberpunk Reloaded ricollega la presenza predominante delle genti di colore all’importanza della “spiritualità nera” che caratterizzava lo stereotipo degli schiavi cristianizzati e dei culti rastafariani. Secondo lei, di fatto Zion contrasterebbe il freddo e impersonale Matrix con sogni di utopie, corporeità sfrenata e desiderio di liberazione poco affini all’educazione caucasica.

Il professor Adilifu Nama offre con Black Space: Imagining Race in Science Fiction Film una lettura particolarmente interessante: «Le politiche razziali di Zion sembrano basarsi su un modello multiculturale partecipativo di egualità razziale. Nello scenario di Zion è presentata un’utopia razziale dove neri, bianchi e altre persone di colore vivono e lavorano fianco a fianco e in cui i bianchi sono spesso subordinati, ma non sottomessi, ai neri». Questa spiegazione coincide alla perfezione con i modelli di pensiero tipici delle sorelle Wachowski, ovvero cerca di integrare e accettare l'alterità, facendola divenire norma sociale. A una simile conclusione si può arrivare anche leggendo con spirito critico Lana and Lilly Wachowski, testo scritto dall’assistente professore in studi interculturali e in studi di genere, Cáel M. Keegan. Secondo la sua opinione, ogni film delle due sorelle andrebbe a sondare la possibilità di una società utopica in cui l’accettazione del divenire transgender si sia tradotta e connessa in realtà politiche post-razziali. Una società tollerante non può che esserlo verso tutte le minoranze ed è naturale che questa divenga etnicamente varia di conseguenza.

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Delusione della critica

Sebbene The Matrix fosse stato pensato sin da subito come primo passo di una saga estesa, le ingerenze degli studios avevano spinto Lana e Lilly a riadattare il copione perché funzionasse autonomamente. Stando al disegno originale, il risveglio di Neo si sarebbe sviluppato progressivamente e sarebbe stato il punto nevralgico dell’intero arco narrativo, ma le necessità dettate dall’alto hanno imposto una strada diversa: quando Village Roadshow Pictures ha dato l’ok alla produzione dei sequel, Reloaded e Revolutions erano ormai stati svuotati della loro essenza e le sorelle Wachowski hanno deciso di colmare quel vuoto giocando con le aspettative del pubblico. Se il primo film era stato progettato per sedurre gli amanti dei film d’azione, i sequel avrebbero mirato invece a destrutturare le mitologie acquisite, a sconvolgere le certezze fornite per consolidare un universo aperto all’interpretazione degli spettatori.

Sono stati molti i fan che, usciti dalla sala di proiezione il 15 maggio, si sono però trovati delusi e frustrati. Una sensazione di malessere enfatizzata a dismisura dall’epilogo tronco di Reloaded e dalla dicitura “to be continued” che compariva appena prima dei titoli di coda. Anche la critica si rivelò cauta: alcuni citavano l’alto grado di intrattenimento delle scene d’azione, altri elogiavano l’introduzione di quella ambiguità narrativa tanto voluta dalle due sorelle, tuttavia ambo le schiere erano moderatamente frustrate dalla riuscita imperfetta della pellicola. I lunghi combattimenti di Neo, pur essendo molto scenografici, rimanevano quasi sempre superflui all’avanzamento della trama. Avendo modificato il copione perché l’eletto ottenesse immediatamente i poteri, si era infatti creato un paradosso per cui il protagonista, pur non avendo più la necessità di combattere in senso tradizionale, si destreggiava in interminabili sfide di arti marziali. Una scelta stilistica forzata dalla necessità di dover garantire al pubblico scene d’azione pregne di stile, ma che si abbatte spietatamente sulle debolezze del copione scritto dalle Wachowski.

Anche gli effetti speciali erano in molti casi meno riusciti di quelli del predecessore. Essendo le suddette scene di combattimento più complesse e caotiche di quelle viste in The Matrix, John Gaeta ha dovuto rinunciare al già collaudato “bullet time” in favore di una computer grafica che sin da subito è risultata datata. I combattenti erano artificiosi, dalle fattezze gommose e dalle animazioni prive di peso, spesso le loro coreografie erano ai limiti del cartoonesco. Se i fan dell'azione erano frustrati da queste imperfezioni, coloro interessati prevalentemente alla trama di certo non avevano vita migliore. Le basi filosofiche di The Matrix avevano fomentato anni di speculazioni e un numero incredibili di voli pindarici, Reloaded sembrava disperatamente rincorrerli nella speranza di tenere testa alle deduzioni dei propri fan. Gli scambi tra personaggi, anche quelle più informali, venivano formulati con toni espositivi opulenti e spesso il contesto non era all’altezza di toni tanto epici. Discutere del dualismo tra causa ed effetto va bene, discuterne più e più volte affiancandolo a torte afrodisiache che causano orgasmi esplosivi perde di credibilità.

Se Reloaded erano stati riconosciuti certi meriti e complessivamente era stato accolto con una cauta positività, Revolutions, uscito nelle sale appena sei mesi dopo, si era accattivato un’ondata omogenea di disprezzo. Reo di perpetrare i medesimi difetti del suo immediato predecessore, il film fu ulteriormente fiaccato da un epilogo che non seppe soddisfare le aspettative del pubblico. Le vaghe suggestioni spirituali del primo capitolo erano state incanalate definitivamente in un modello cristologico, i protagonisti venivano sterminati inceriminiosamente e persino le scene di combattimento erano meno memorabili. A partire da Revolutions, molti iniziarono a vedere le due registe come autoindulgenti e pretenziose, ma nel bene e nel male queste avevano offerto un epilogo definitivo alla propria trilogia.

Oltre il Matrix

Pur se gravato da una popolarità altalenante, è indubbio che The Matrix abbia inciso sulla cultura popolare al punto da alterare usi e costumi delle persone. L’industria cinematografica ha iniziato a investire con regolarità sulle pellicole di ispirazione fumettistica, lo stile delle uniformi in pelle nera ha dominato le estetiche fantascientifiche per un decennio, l’uso del “bullet time” è divenuto un elemento ricorrente nella produzione di videogiochi. L’opera delle Wachowski ha contribuito a coniare le abitudini dei consumatori anche in un senso più definitivo, aiutando non poco il successo del lancio del DVD, supporto video che nel 1999 era solamente agli albori. The Matrix si è dimostrato anche un’ottima avanguardia alla diffusione dei brand transmediali, ispirando tra le altre anche SquareEnix, l’azienda videoludica che aveva contribuito tecnologicamente alla nascita di Animatrix e che in seguito ha replicato questo genere di strategia di mercato molteplici volte. Ancor più, le Wachowski sono riuscite a far convogliare intellettualità e azione, battendo la strada a capolavori quali Inception e Mad Max. L'eredità della trilogia è ampia e sfaccettata e occasionalmente ha preso strade impreviste.

Red pills

Non tutto l’immaginario di The Matrix ha assunto infatti connotazioni costruttive. La dicotomia della scelta, incarnata nella pellicola da due pillole colorate, ha attecchito velocemente nell’immaginario pubblico, radicandosi nella produzione dei meme internettiani fino a divenire l’effige per eccellenza delle fazioni più estremiste della “manosfera”, movimento per i diritti del maschio che ha spesso derive misogine e antifemministe. I cosiddetti “Red Pills” promulgano l’idea che il mondo intero sia “sopito” nel torpore del femminismo e della correttezza politica, che i le battaglie per le pari opportunità abbiano paradossalmente portato la società a discriminare gli uomini. Le donne deterrebbero il vero potere e userebbero l’inganno per preservarlo occultamente. Ritenendosi portatori della verità, i red piller si identificano con i consumatori della “pillola rossa”, coloro che hanno infranto il muro di menzogne rappresentato da Matrix, e fanno il possibile per propagandare la propria opinione divergente. Il movimento ha negli anni intensificato i toni, allontanadosi dal più pacato credo politico della manosfera per avvicinarsi progressivamente alla “destra alternativa” di stampo sovranista. In un cortocircuito di portate sorprendenti, il bigottismo ha raccolto e fatto proprio il simbolismo di due donne transgender che promuovevano un messaggio di rispetto universale.

The Matrix Online

Né il produttore Joel Silver né le sorelle Wachowski avevano intenzione di proseguire la saga, successivamente a The Matrix: Revolutions. Era un’idea “repellente”, secondo Lilly. «L’ossessione culturale nel voler equiparare il successo di un film al successo del suo box office è tossico per questa industria», disse durante un’intervista rilasciata per promuovere Jupiter Ascending. «La sta spingendo sempre più a creare semplici prodotti, il che è uno dei motivi per cui siamo circondati da reboot. È come essere al McDonald. Le persone sanno già cosa aspettarsi, devono solo sedersi e guardare, inerti. Non fa bene al cervello». Un sentimento che, pur essendo condiviso da Lana, non ha però stroncato la narrazione estesa di The Matrix inteso come prodotto multimediale.

Sviluppato da Monolith Productions e pubblicato da SEGA, il 22 marzo 2005 ha fatto la sua comparsa ufficiale il videogame The Matrix Online, massive multiplayer online supervisionato dalle sorelle Wachowski. Il titolo introduceva i giocatori a un mondo in cui macchine e umani cercavo disperatamente di preservare la fragile tregua ottenuta grazie al sacrificio di Neo. Gli utenti interpretavano il ruolo di un neo-risvegliato aderente a una delle tre fazioni che dominano il Matrix: Zion, le macchine o il Merovingio. The Matrix Online, inoltre, progrediva costantemente, con la trama che avanzava in tempo reale aderendo a una calendarizzazione serrata che gli sviluppatori chiamavano "The Continuing Story".

Le vicende narrate si inserivano immediatamente dopo agli eventi di Revolutions, con Trinity e Neo giacenti morti nella città delle macchine. Pur mantenendo fede ai patti, le intelligenze artificiali si erano rifiutate categoricamente di restituire i due corpi a Zion, destando lo sdegno e il malcontento di Morpheus. Violando ogni ordine, il vecchio mentore di Neo iniziò a compiere atti di terrorismo posizionando bombe virali nei punti chiave di Matrix. I risvegliati colpiti, pur non subendo alcun dato fisico, venivano infettati da un malware che rivela alla gente comune la loro natura virtuale, mettendo di fatto a rischio l’equilibrio del sistema.

Tutte le fazioni iniziarono a dargli la caccia, ma prima di essere catturato il dissidente finì per imbattersi in uno spietato assassino capace di piegare parzialmente le regole del mondo simulato. Morpheus venne freddamente abbattuto, ma la missione del killer era più complessa e quella morte non era bastata a soddisfare la sua sete di sangue. Lui esisteva per danneggiare irrimediabilmente il Matrix, questo era il scopo. Per coronare le sue ambizioni prese a uccidere e cancellare figure di rilievo sia tra le umani che tra le macchine, sconvolgendo gli equilibri politici. Essendo l’assassino null’altro che una creatura antropomorfa composta da un fitto sciame di mosche, presto i risvegliati capirono di poter eliminare la minaccia con armi insetticide e, con altrettanta facilità, intuirono che il mandante dell’intera operazione non potesse che essere il Merovingio.

Stando alle rivelazioni di Michael Karl Popper, l’atteggiamento ostile del Merovingio nei confronti della corrente versione di Matrix e la sua creatrice sarebbe stato giustificato da vecchi rancori. L’antico programma, prima di divenire signore degli esuli, fu infatti il sistema operativo su cui si erano basate le prime, fallimentari, versioni della realtà simulata. L’avvento del Matrix moderno lo aveva privato di uno scopo e questo, a sua volta, lo aveva reso amaro e vendicativo, spingendolo a cercare di sublimare le sue frustrazioni eliminando il programma che lo aveva sostituito, ovvero l’Oracolo.

Tra inganni e doppi giochi, la tregua tra macchine e umani venne interrotta. Le intelligenze artificiali avevano infatti scoperto che nel mondo reale i risvegliati avevano preso a costruire segretamente una nuova Zion, mettendo in atto il primo passo di quella che prometteva essere una strategia espansionistica capace di minacciare gli equilibri di potere. Prima che l’attacco punitivo delle macchine potesse colpire gli avversari, però, un’anomalia prese a manifestarsi nel Matrix, catalizzando all’unisono l’attenzione di tutte le fazioni. Per le strade di matrix comparve infatti un “intruso” il cui avatar era composto da un semplice scheletro di wireframe. Su di lui, ogni genere di attacco convenzionale sembrava essere inutile e i suoi poteri valicavano di gran lunga quelli dell’eletto. Si trattava di Halborn, coscienza digitalizzata di quello che fu un tempo un essere umano, ma che da secoli si riconosceva ormai come qualcosa di diverso, come un “Oligarca”. Lui, e altri come lui venuti a seguito, cercavano con insistenza un’“Interfaccia Biologica di Programma”, ma nessuno pareva in grado di comprendere, men che meno di soddisfare, le loro richieste.

A causa degli scarsi risultati economici del gioco, i server di The Matrix Online furono chiusi anzitempo e la trama del gioco dovette essere troncata bruscamente. Nonostante ciò, l’avvento degli Oligarchi era stato evidentemente pensato come un evento epocale e ambizioso, mirava a stravolgere il senso dell’intero brand. Gli sviluppatori, insoddisfatti da una risoluzione tanto anticlimatica, fecero quindi trapelare i loro diari di lavorazione, rivelando che questi esseri imbattibili erano stati pensati come la trasposizione virtuale delle memorie e delle esperienze di grandi uomini e donne politici. Questi, all’alba della guerra con le macchine, avevano siglato con gli avversari un accordo, garantendosi sia l'immunità che un accesso amministrativo ai sistemi della Sorgente. Col passare degli anni, i loro corpi presero a deteriorarsi, convincendoli della necessità di un “trasferimentoi” nel Matrix per garantirsi la sopravvivenza. Le Interfacce Biologiche di Programma erano per loro dei recipienti in cui incarnarsi, ibridi che fungessero da ponte tra le macchine e gli esseri biologici, vascelli in grado di preservarne il potere. In altre parole, la Sorgente era stata ingannata per creare artificialmente Neo e Trinity perché i loro corpi potessero accogliere gli Oligarchi.

The Matrix 4

Come abbiamo detto, le vicende appena riassunte erano al secolo state benedette dalle sorelle Wachowski in persona, tuttavia le carte sul tavolo sembrano essere cambiate strada facendo e ora siamo in procinto di assistere a un nuovo sequel cinematografico che è facile credere farà tabula rasa di tutti i media laterali.

Alla regia torna Lana Wachowski, la quale si trova peraltro a dirigere il suo primo film in solitaria. «Il mio agente continua a girarmi materiale, di cui molto è fantascientifico», ha dichiarato Lilly a una conferenza accademica. «Ci sono sempre sottotesti favolosi nella fantascienza, ma da che ho portato avanti la mia transizione non sono più troppo interessata ai sottotesti». Le due registe hanno quindi opinioni contrastanti sulla natura di The Matrix 4 e Lana ha dovuto compensare l’assenza della sorella appoggiandosi ai talenti autoriali di David Mitchell, il quale ha iniziato a collaborare con Lana già ai tempi della trasposizione cinematografica del suo L'atlante delle nuvole, Cloud Atlas, e si è trovato felice a sostenere oneri e oneri derivanti dal vergare il copione di The Matrix 4.

La produzione del lungometraggio non è stata semplice. la pandemia di coronavirus caduta tra il 2019 e il 2020 ha rallentato enormemente la genesi e la distribuzione dell'opera, quindi abbiamo dovuto attendere fino al 9 settembre 2021 prima di poter vedere i primi trailer del tanto atteso film. La reazione è stata immediata e virale. Staff e operatori sono stati estremamente meticolosi nel preservare la segretezza sui contenuti del copione e quello che ne risulta è un'opera che, a prima vista, sembra molto distante dalle sue radici, specchio di una regista che negli anni è molto maturata. Inutile dire che i fan sono in trepidazione e il web sta scalpitando nel tentativo di decifrare il senso profondo del materiale pubblicitario attualmente distribuito.

Dalle immagini si evince che Neo e Trinity siano tornati in vita senza però essere consapevoli della loro identità, si intravede una società distopica che enfatizza le perversioni di controllo degli odierni Stati Uniti, un "1984" fatto di pillole e illusioni. Allo stesso tempo si fa palese la presenza di Yahya Abdul-Mateen II e Jessica Henwick, giovani attori che si prestano a reinterpretare rispettivamente di Morpheus e Trinity, solo più giovani e.. diversi. I pochi minuti di girato messi a disposizione del pubblico danno infatti a intendere che diversi mondi (diverse cicli di Matrix?) stiano convergendo, creando dissonanze di diversa natura e specie. Per un'analisi approfondita del trailer in questione vi invitiamo a leggere le nostre impressioni dettagliate. Tra le nuove aggiunte vale la pena menzionare anche Neil Patrick Harris, Jonathan Groff, Toby Onwumere, Max Riemelt, e Eréndira Ibarra, mentre Jada Pinkett Smith ha in passato sostenuto di aver partecipato al progetto nei panni di Niobe. Lambert Wilson ha detto di essere a disposizione della regista per riportare il Merovingio in scena, ma ci sono motivi di credere che la sua offerta non sia stata accolta.