The Night Of, una vita sconvolta in una notte

Una miniserie che mostra il lato sporco e decadente della giustizia americana, nella maniera più realistica e coerente possibile. Una narrazione densa che appassiona, nonostante il ritmo lento.

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a cura di Andrea Balena

Ancora grazie ad HBO la scorsa estate è uscita The Night Of, una miniserie crime che enfatizza le mancanze del sistema giudiziario americano, attraverso una vicenda classica ma non banale né noiosa. Nasir "Naz" Khan (Riz Amhed) è un tranquillo studente universitario di origine pakistana, che vede la sua vita sconvolta nel giro di poche ore: dopo una notte brava con una ragazza appena conosciuta si ritrova ad essere il principale sospettato del brutale omicidio della stessa. Nonostante le prove siano schiaccianti, lui continua a dichiarare la sua innocenza. La storia ruota attorno al processo, in cui il ragazzo è rappresentato da un avvocato furbo ma squattrinato (John Turturro), e alla pericolosa vita in carcere del protagonista, un luogo dove viene applicata una forma di giustizia differente.

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The Night Of si caratterizza per una sceneggiatura azzardata che non propone colpi di scena degni di nota. Questa scelta si traduce nell'assenza degli artifici narrativi spesso utilizzati per smuovere le acque quando l'interesse tende a scemare, e tuttavia la storia risulta solida e perfettamente capace di colpire lo spettatore. Lo fa non soltanto tramite la vicenda di Naz, ma attraverso la denuncia di tematiche sociali e razziali in una città tentacolare e multietnica come New York, oppure mostrando la rassegnazione e i pregiudizi che guidano la vita nelle tristi celle del penitenziario di Rykers.

I vari set riflettono il generale senso di decadenza e abbandono, persino delle stazioni di polizia o delle aule di tribunale. La telecamera è attenta a sottolineare i particolari di tale degrado e, in maniera simile a quanto avviene in Breaking Bad, diventa il punto di vista dei protagonisti e mostra il mondo come loro lo percepiscono. La regia è quasi interamente firmata da Steven Zaillian (anche in veste di co-sceneggiatore), e insieme a una fotografia grigia e oscura crea un comparto estetico assolutamente meraviglioso, che si pone fra i punti più alti del mondo televisivo.

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I due protagonisti risultano tra i meglio caratterizzati degli ultimi anni. Turturro nei panni del cinico John Stone crea un personaggio fenomenale, un avvocato arrivista ma dal cuore tenero, che tenta il tutto per tutto per risolvere il caso della sua carriera e dimostrare le sue reali capacità a una società che sembra voltargli le spalle. Alle sue sventure si sommano il divorzio, l'indifferenza del figlio e i problemi di salute. Il giovane Riz Ahmed si dimostra una vera sorpresa, nonché il cuore pulsante dell'intera storia. La sua trasformazione fisica e mentale durante la detenzione lascia a bocca aperta, e non c'è da stupirsi che abbia ottenuto una nomination ai Golden Globe.

L'evoluzione della vicenda, in contrapposizione alle tendenze moderne, mantiene un ottimo ritmo senza puntare a un vero climax, e la risoluzione della vicenda non appare scontata e neanche trionfale. La discesa negli inferi del ragazzo ha un reale peso sulla sua psiche, sulle sue relazioni e sulla sua visione del mondo. Come è arrivato a quella punto? Una domanda che tormenterà il giovane Naz per il resto della vita.

Lo show potrebbe non piacere per diverse ragioni: il ritmo lento e snervante che mostra le ampollose fasi burocratiche, oppure le tematiche e la messa in scena eccessivamente pesanti e atipiche per una visione d'intrattenimento. Appena uscita in Italia, questa miniserie si può trovare su Sky Atlantic e sul suo servizio di streaming (Now TV).

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Spinte da numeri in continua crescita, le serie TV continuano dunque ad espandersi sotto il profilo della produzione, scrittura e nomi coinvolti, fino a sfiorare i livelli cinematografici di Hollywood e in alcuni casi propongono personaggi, mondi e regie talmente iconiche e apprezzate da entrare di diritto nella cultura popolare, come è avvenuto con Breaking Bad. Più recentemente questa popolarità rischia di costringere a diluire un serial in più stagioni e sono sempre più rare le storyline che si esauriscono nell'arco di una annata (vedere ad esempio come sono gestiti gli archi narrativi di The Walking Dead).

Se non ben gestita, la forma del racconto seriale può risultare noiosa, specialmente se utilizzata in serial tanto simili tra loro da degenerare nel format procedural, marchio di fabbrica dei telefilm americani dei decenni scorsi, sebbene i casi unici ci siano ancora. Ad esempio, David Lynch recentemente ha rivelato che la stagione finale di Twin Peaks è stata concepita e girata come un lunghissimo film, successivamente spezzato in fase di montaggio in 18 episodi. Anche HBO con True Detective ha riportato in auge la struttura delle serie antologiche, permettendo ad ogni stagione di concentrarsi su storie e tematiche diverse. The Night Of dimostra dunque ancora una volta che le più interessanti scelte registiche e produttive nel mondo delle serie TV possono migliorare ed evolvere formule ampiamente rodate.