Tin Toy, la lunga ombra di un piccolo giocattolo

Riscopriamo Tin Toy, il cortometraggio della Pixar datato 1988 che fu progenitore e mentore di Toy Story.

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a cura di Adriano Di Medio

Nessuno studio di animazione ha una storia che si può definire “normale”. Ma del resto è giusto così, quando c’è di mezzo la creatività. La Pixar, se possibile, è ancora meno normale. Nata da un’intuizione di un vecchio collezionista di giocattoli appassionato di Hayao Miyazaki e Lupin III, ha innalzato l’animazione in CG a vera e propria arte.

Pochi però si ricordano che tutto ciò è nato da un giocattolino di latta. Dopo la strana storia de La Partita di Geri, torniamo a quell’inizio: Tin Toy, il cortometraggio Pixar del 1988 oggi disponibile su Disney+. Un classico in tutti i sensi, che ha influenzato su più livelli tutto quello che la Pixar ha fatto e che continuerà a fare. Oggi vi raccontiamo la sua storia.

https://www.youtube.com/watch?v=bX1NLuJrPZg

Tin Toy, ovvero il giocattolaio e il tizio della mela morsicata

In realtà, Tin Toy non è la prima opera artistica realizzata dalla Pixar. Quel primato spetta a Luxo Jr., cortometraggio di un paio d’anni prima incentrato sulla frustrazione di una lampada-padre che non riesce a controllare la lampada-figlio mentre quest’ultima gioca. Se Luxo Jr. avrebbe donato alla Pixar il suo logo (la lampada da tavolo che schiaccia la “I” viene proprio da questo cortometraggio), Tin Toy è se possibile più importante. Questo perché esso gettò le basi della più grande delle rivoluzioni animate, ovvero l’indimenticabile Toy Story.

Tin Toy racconta infatti la breve storia di Tinny, un uomo-orchestra giocattolo di latta. Dopo essersi “risvegliato” dentro la sua scatola dovrà avere a che fare con il neonato Billy, al quale è stato regalato. Dovendo interagire con un bambino ancora troppo piccolo per sapere come si gioca con lui, Tinny prenderà coraggio e lo farà guadagnare anche agli altri (terrorizzatissimi) giocattoli del neonato.

Le radici produttive di Tin Toy, almeno alla base, sono abbastanza note. Nella seconda metà degli anni Ottanta la Pixar non se la passava bene. Nel 1986 Steve Jobs l’aveva acquisita dalla Lucasfilm per dieci milioni di dollari, nella speranza che almeno uno dei tre percorsi (hardware, software e animazione) potesse portare prosperità. Così non fu nei primi tempi, e le acque cominciarono ad agitarsi. Tra licenziamenti ed emorragie finanziarie, alla fine Jobs si convinse a spingere solo sui cortometraggi.

Nella primavera del 1988, la liquidità era talmente scarsa da spingerlo [Jobs] a organizzare una dolorosa riunione per decidere tagli a tutto campo. Al termine dell’incontro, Lasseter e il suo team di animazione avevano quasi paura a chiedere a Jobs di autorizzare nuove risorse per un altro corto. Alla fine, affrontarono l’argomento e Jobs rimase in silenzio, sembrava scettico. Avrebbe dovuto metterci più di 300.000 dollari di tasca propria. Dopo qualche momento, domandò se ci fosse già uno storyboard. […] Jobs disse che avrebbe finanziato il progetto: «Credevo in quello che John stava facendo» avrebbe detto in seguito. «Era arte. Lui ci teneva e io ci tenevo. Gli ho sempre detto di sì.» Il solo commento che fece alla presentazione dell’uomo orchestra fu «Ti chiedo solo una cosa, John: fallo magnifico.» (Dalla biografia Steve Jobs di Walter Isaacson, Mondadori 2011, pp. 269-270)

Il punto di incontro fu creato appunto da John Lasseter, uno dei fondatori della Pixar appassionato collezionista di giocattoli vintage. Tra il collezionismo e l’osservazione del suo nipotino, Lasseter arrivò a pensare di invertire il punto di vista da umano a giocattolo. Per quest’ultimo, il neonato avrebbe potuto essere una sorta di imprevedibile “mostro”.

In tal senso venne paradossalmente in aiuto proprio la tecnologia poco avanzata dell’epoca. Il bambino appariva come fin troppo “finto” (ci fu anche chi disse avesse la cellulite) ma era qualcosa di perfetto per rendere la visione paurosa che poteva avere di lui un giocattolo come Tinny. Con poco budget e risorse, Tin Toy però riuscì nell’impossibile: accolto con una standing ovation, venne premiato l’Oscar 1988 per il miglior cortometraggio d’animazione. Fu il primo dei grandi momenti della Pixar, che con questo premio si aggiudicò il primo di molti risultati storici. Tin Toy è il primo cortometraggio in grafica computerizzata ad essere stato premiato dall’Academy.

Tin Toy e i giocattoli

Abbiamo visto come Tin Toy alla radice non parrebbe niente di elaborato, perlomeno a livello narrativo. Si tratta in realtà di un amorevole inganno da parte della Pixar: attraverso il concetto del “giocattolo che prende vita” il corto acquisisce una profondità invidiabile, stratificandosi in numerosi sottotesti e rimandi. La maggior parte di questi non erano ai tempi chiari neppure agli stessi Pixar, che inconsapevolmente li avevano infusi nella loro creazione.

L’idea degli “oggetti che provano sentimenti” è quasi banale, ma di fatto è potentissima. Tin Toy che prima è spaventato dal bambino ma poi capisce che il suo compito è esserci per lui è un’idea che, nella sua silenziosità, è alla base della Pixar tutta. Un concetto più volte semplificato con la frase “gli oggetti sono felici quando vengono usati per ciò per cui sono stati costruiti”. Ecco quindi che un giocattolo è felice quando un bambino gioca con lui.

Vediamo se indovino: Andy è un bambino davvero speciale, e tu sei il suo grande amico, l’amico del cuore. E quando Andy gioca con te, anche se non puoi muoverti… è come se fossi vivo, perché è così che lui ti vede. […] Perché con Emily era la stessa cosa. Per me lei era tutto il mio mondo. (Jessie in Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa, Pixar 1999)

Gli umani in questo senso “trasferiscono” le emozioni in ciò cui si affezionano, e in qualche modo li fanno “prendere vita”. Quello di Tinny in Tin Toy è quindi un sacrificio solo all’inizio, che diventa realizzazione quando non vede più Billy come un “mostro”. Anzi si indispettisce quando il bambino perde subito interesse nei suoi confronti e anzi si appassiona alla scatola.

L’ombra lunghissima di Tin Toy

Il pubblico generalista spesso si ferma al fatto che Tin Toy abbia vinto un Oscar e spianato la strada al primo Toy Story. Ancora una volta ci troviamo davanti a una semplificazione brutale, che ignora come il “bello” di Tin Toy sia venuto praticamente tutto dopo l’Oscar. Il piccolo uomo-orchestra di latta ha influenzato la produzione Pixar in un modo tale che la sua eredità concettuale si spinge fino ai giorni nostri.

La prima bozza di quello che sarebbe divenuto Toy Story verteva infatti proprio sul riprendere il personaggio di Tinny, narrandone le avventure successive al suo avere a che fare con Billy. I primi (non chiari) abbozzi di trama parlavano di come Tinny venisse smarrito dal suo padroncino e cercasse con ogni mezzo di tornare da lui. Per farlo si sarebbe trovato a collaborare con un manichino da ventriloquo. Due caratteri così opposti (Tinny fedele, lui cinico e tagliente) avrebbero trovato una convergenza come nel più classico dei buddy movie.

A stupire questa bozza era però il finale: tra una peripezia e l’altra i due giocattoli si sarebbero trovati in un asilo. Ancor più inaspettatamente, avrebbero scelto di restarvi, in modo da essere sicuri di non essere più smarriti o rubati. Concetti che in effetti sono stati poi riutilizzati, in maniera semioticamente invertita e “antagonistica”, proprio in Toy Story 3. Ma Tin Toy non si sarebbe limitato solo a fare da ideale “collante” per la chiusura della saga di Woody e Buzz.

L’idea di un lungometraggio animato realizzato interamente al computer era saltata fuori subito dopo la vincita dell’Oscar. Ma pure se attraente, era pure un’idea fin troppo spaventosa per una compagnia appena ripresasi dal baratro. Pertanto all'inizio si pensò realizzare uno speciale natalizio dal titolo A Tin Toy Christmas. Qui  Tinny avrebbe scoperto di essere parte di un set di giocattoli musicali, decidendo poi di partire alla loro ricerca.

Tale speciale non fu mai prodotto, e infatti oggi non restano che pochi storyboard. Ma anche da questi semplici fogli disegnati, ecco che emerge di nuovo l’eredità di Tin Toy. I componenti dell’appena accennata “orchestra di Tinny” sarebbero divenuti Gli Amici del West di cui Woody in Toy Story 2 viene rivelato fare parte.

Un futuro di camei, fino al presente

Infine, Tinny ha avuto i suoi rimandi e camei proprio nel mondo di Woody e Buzz. La maggior parte di questi sono nascosti o scenografici, mentre con Toy Story 4 sono divenuti espliciti. Andiamo con ordine: il primo sta proprio in Toy Story, ed è un cameo indiretto. Nella scena dell’assemblea, uno dei libri che Woody ha alle spalle è intitolato proprio Tin Toy, e ha come autore Lasseter, appunto regista di Toy Story.

Tra l’altro tra le costine di quei libri si leggono chiaramente altri titoli di cortometraggi Pixar. A destra c’è Knick Knack, cortometraggio del 1989 che fu l’ultimo lavoro dello studio prima di dedicarsi al lungometraggio. La costina a sinistra dell’inquadratura invece (è più difficile da vedere in quanto Woody la copre spesso) recita The Adventures of André and Wally B. Quest’ultimo è il primo cortometraggio “ufficioso” della primordiale Pixar, datato 1984 e prodotto quando le persone chiave del team erano ancora sotto l’ala della Lucasfilm. Era stato diretto da Alvy Ray Smith e Lasseter vi aveva lavorato nelle vesti di character designer e animatore.

Chiaramente nel 1995 questi riferimenti (compreso quello a Tin Toy) erano impossibili da cogliere, non essendo i corti Pixar ancora ufficialmente distribuiti. Sarebbero divenuti noti solo un anno dopo, quando per sfruttare il successo di Toy Story i corti vennero per la prima volta raccolti in VHS. Curioso il fatto che a quest’ultima fosse stato attribuito il “titolo-macedonia” Tiny Toy Stories.

Il secondo cameo di Tin Toy sta in Toy Story 2, ma è molto più nascosto. Nella scena in cui i giocattoli di Andy fanno zapping per trovare lo spot della Fattoria dei Giocattoli di Al, se si guarda bene (si può cogliere meglio fermando il video o facendolo avanzare fotogramma per fotogramma) un paio di brevissimi spezzoni sia di Tinny che del bambino Billy. Tra l’altro, buona parte delle trasmissioni televisive che si vedono in quella scena non sono che fotogrammi dei cortometraggi Pixar prodotti fino a quel momento.

https://www.youtube.com/watch?v=8PySojI_yN4&feature=emb_title

Infine, l’ultimo cameo è quello esplicito: in Toy Story 4, Tinny compare come usciere (e a quanto pare proprietario) di un flipper nel negozio di antichità. Tale flipper è stato adattato come una sorta di “discoteca” o “club” per giocattoli, e Woody e la ritrovata Bo Peep vi entrano per parlare con il giocattolo stuntman Duke Caboom. Con l’occasione Tinny ha anche un breve dialogo con Bo Peep. Coerentemente il protagonista di Tin Toy non può parlare e comunica solo con il suono della fisarmonica, della quale Bo Peep sa interpretare i suoni.

Conclusione: Tin Toy è Toy Story, solo che non lo sa

Alla luce di tutto quello che abbiamo visto, forse vedremo i film Pixar (e in special modo la saga di Toy Story) con un occhio un po’ diverso. Tin Toy non solo ha gettato le basi per Toy Story, ma potremmo quasi dire che era Toy Story e non lo sapeva. Dal concetto del giocattolo che prende vita fino alla riflessione sul giocattolo stesso e dei suoi “compiti”, il piccolo Tinny si è serenamente conquistato un meritato posticino nella storia dell’animazione.

Un pupazzo di latta ispirato da un collezionista di giocattoli vintage che ha avuto la fortuna di condividere la sua visione con un altro genio, quello Steve Jobs che aveva capito con largo anticipo che l’animazione computerizzata sarebbe stata il futuro. Dal baratro finanziario all’Oscar, Tin Toy ha dimostrato che è di nuovo grazie alle cose piccole che la creatività umana vince e progredisce. E che quando crei qualcosa, è come se ci lasciassi “qualcosa di umano”.

Un “frammento” che poi nel suo piccolo è come se pensasse autonomamente. Come ha fatto quel piccolo uomo-orchestra di latta. Cinque minuti pregni di storia e significato, che vi consigliamo assolutamente di vedere, se non altro per capirne l’enorme valore storico e culturale. Come sempre, è su Disney+.

Se volete approfondire la Pixar delle origini, trovate la raccolta dei corti in DVD a un prezzo davvero conveniente. Se invece volete vedere la conclusione della storia di Woody, qui c'è Toy Story 4 in Blu-Ray!