Twin Peaks, Lynch riuscirà a rivoluzionare nuovamente la TV?

Il regista seminale David Lynch decide di rispolverare Twin Peaks dopo 25 anni, dandole finalmente il finale che merita. Senza più restrizioni produttive, il Nostro compie un'operazione artisticamente incredibile in grado di rivoluzionare il medium.

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a cura di Andrea Balena

8 aprile 1990: la data della premiere di Twin Peaks, una nuova serie TV che nei mesi precedenti aveva raccolto l'interesse degli spettatori statunitensi tramite semplici ma intriganti claim pubblicitari, uno su tutti il martellante "Chi ha ucciso Laura Palmer?". Era il banco di prova di un regista indipendente, David Lynch, che per la prima volta gettava il suo sguardo sul mondo del piccolo schermo.

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Abbiamo già trattato la serie originale in passato, ma vale comunque la pena di ricordare il gigantesco impatto culturale che ebbe sulla televisione negli anni successivi. Grazie alla sua scrittura più stratificata e complessa - che attingeva a tecniche e metodi tipici dei romanzi - e una regia più ricercata e cinematografica, Twin Peaks ha riscritto le regole della serialità televisiva e aperto la strada verso un'età dell'oro, nella quale viviamo ancora oggi.

21 maggio 2017: a distanza di oltre venticinque anni dalla sua brusca interruzione, Twin Peaks torna sui nostri schermi, con la sua stagione (presumibilmente) finale. Al timone di questa operazione c'è ancora Lynch, che si è imposto sul network Showtime per avere il pieno controllo dell'operazione. Ne è seguito un capolavoro di segretezza: una produzione e set blindati, da cui non sono trapelate informazioni, e una campagna marketing che non ha rilasciato nemmeno un trailer più dello stretto necessario.

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L'intenzione dell'autore è la medesima di 27 anni fa: lo spettatore non deve vedere il programma come un semplice svago, ma come un complesso enigma che viene svelato di settimana in settimana. Rivelare con trailer e anticipazioni toglie solo la magia della scoperta. Un'idea anacronistica ma rivelatasi vincente.

Fin da subito sembra chiaro che questo revival non vuole essere un semplice contentino per i fan, ma piuttosto un nuovo complesso esperimento mediatico. La genesi di questa stagione ne è la prova: Lynch e il co-autore Mark Frost hanno scritto la sceneggiatura come se si trattasse di un unico lunghissimo film da 18 ore, in seguito spezzettato in fase di montaggio. Le puntate non rispetteranno così i classici ritmi narrativi autoconclusivi, ma saranno una parte di un flusso continuo. Anche la regia, per evitare fraintendimenti e discussioni interne, è stata interamente curata da Lynch. Ci sono le tutte le premesse per un prodotto di ottima fattura e di grande interesse per la serialità mondiale.

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Le prime due puntate pilota, intitolate semplicemente The Return, riprendono in maniera insolita la storia: così come nella realtà, anche nella finzione è passato un quarto di secolo. Ritroviamo molti degli attori originali nei loro iconici ruoli, a partire dal protagonista Kyle MacLachlan nei panni dell'Agente Speciale Dale Cooper. Dopo gli avvenimenti finali della seconda stagione, il nostro era rimasto intrappolato nella Loggia Nera, lo spazio metafisico dove risiedono le misteriose entità sovrannaturali che abitano i boschi della cittadina. La narrazione inizia quando il buon Dale finalmente ottiene la sua chance di uscire dalla prigione, e dovrà compiere una vera odissea per fermare l'antico male che "indossa" il suo stesso volto, a piede libero per l'America.

La mano di Lynch si nota sin dal primo minuto, grazie alle sue inquadrature fisse e stilisticamente uniche, i dialoghi assurdamente prolissi ma allo stesso tempo criptici, la fissazione cronica nel rappresentare la sfera dell'onirico con semplici ma dirette immagini. Se non avete mai apprezzato i precedenti lavori di questa mente, anche in questo caso avrete di che lamentarvi. I fan che lo conoscono solo tramite Twin Peaks forse rimarranno a bocca asciutta, perché queste nuove puntate puntano ad essere una gigantesca summa della cifra stilistica di Lynch sviluppatasi nel corso degli anni. Ci sono tutti i passaggi della vita artistica dell'autore in appena due ore: gli spogli ambientali industriali visti in Eraserhead, gli opprimenti appartamenti di Blue Velvet, le riprese notturne dalle automobili di Mullholland Drive e persino i trip visivi esplorati in Inland Empire. Chi conosce e apprezza la sua filmografia saprà cogliere pienamente questi dettagli, ma basta un po' di apertura mentale per lasciarsi trasportare dalle ipnotiche immagini.

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La visione risulta quindi più difficile da seguire che in passato, ma molto del fascino della nuova serie deriva proprio dal suo animo pienamente lynchiano. Nessuna chiave di lettura viene fornita, lo spettatore è sperduto, come Cooper, in questo immaginifico mondo.

In appena due puntate è impossibile dare un primo giudizio sull'opera, vista anche la sua particolare natura e divisione. Per ora l'indiscusso fascino per le geometrie impossibili, i mondi assurdi e le inquietanti visioni superano di gran lunga i dubbi sulla riuscita finale del progetto. Per una volta, non esistono modi per scoprire cosa accadrà in futuro. Siamo tutti sulla stessa barca in quest'avventura, e dovremo sintonizzarci sul canale Sky Atlantic ogni lunedì (o il venerdì, per vederlo doppiato in italiano) per scoprire come andrà a finire. Come se ci trovassimo a rivivere il 1990.


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