Uno sguardo al cinema cinese: Shangai degli anni '30 attraverso il volto delle eroine

Osserviamo da vicino la Shangai degli anni '30, nelle pellicole del periodo: scopriamo il cinema di una Cina frammentata, rappresentata in maniera turbolenta dai volti delle dive in relazione alla metropoli.

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a cura di Valentina Valzania

Il cinema è una forma d'arte e di comunicazione che ha cominciato a svilupparsi in maniera variegata nel mondo. Nato alla fine del 19esimo secolo, ha "viaggiato" da parte a parte del globo attecchendo in maniera differente, richiedendo il proprio tempo per svilupparsi e crescere. Muovendo i primi timidi passi con le invenzioni di Edison, Muybridge, Plateau, Marey, Eastman e le opere generate dalle menti brillanti di artisti e visionari come i Lumière e Georges Méliès, ha impiegato. Il cinema cinese è un perfetto esempio di quanto questa forma d'arte si sia giustamente piegata per prendere piede in ogni cultura e in ogni singola realtà in cui è stata inserita.

Prima di parlare del fulcro di questo pezzo, ovvero della meravigliosa e tentatrice città di Shangai mostrata attraverso i volti delle iconiche attrici degli anni '30, è necessario osservare il contesto storico in cui tutto ciò è avvenuto; bisogna fare attenzione non solo al modo in cui il cinema è riuscito a incarnare la bellezza (e la complessità) degli anni '30 in Cina, ma anche ai tumulti che hanno portato a sperimentare, attraverso le varie ideologie che decisero di "provare" la via del cinema. Tramite tutto ciò si giunge all'affascinante unione donna- metropoli che più ci interessa.

"Promuovere l'arte, diffondere la cultura": come e perché è maturato il cinema cinese del periodo

Gli anni '20 permisero alla Cina di affacciarsi, coraggiosamente, al mondo dell'industria cinematografica. La società dell'epoca viveva comunque un periodo di grande subbuglio, sotto la pressione causata dalla straziante Prima guerra mondiale ma anche a causa di un governo centrale scarno e poco incisivo. Le premesse per uno sviluppo culturale c'erano e non c'erano allo stesso tempo: mancavano veri incentivi (o un vero interesse) da parte dello Stato ma, nel frattempo, i cineasti godevano di una libertà espressiva enorme. La crescita derivò principalmente dagli investimenti dei privati che videro nei film una possibilità di guadagnare nel breve periodo. Shangai divenne il centro della vita cinematografica dell'epoca.

All'inizio degli anni '30 si era tramutata come il vero e proprio nodo culturale di quest'arte: andare a vedere un film si era - già all'epoca - tramutato in un ottimo passatempo, chiaramente rivolto a chi poteva permetterselo nella Cina urbana. Non ci volle molto prima che la politica si rendesse conto dell'enorme potenziale che aveva di fronte a sé e, come nel resto del mondo, le pellicole divennero anche terreno di lotte idealiste a causa della loro facile abilità di trasmissione alle masse. Nel caso della Cina tra: l'imperialismo giapponese (ancora in auge), il Partito comunista e i nazionalisti.

Ed è in questo ambiente di cambiamento e riadattamento - volendo stringere sul lato storico, dato che l'articolo non vuole dilungarsi troppo in tale ambito - che tra i molteplici tentativi di dare nuovo "cibo cinematografico" al pubblico dell'epoca, nacque anche la dicotomia donna-Shangai, di grandissimo successo. L'utenza dell'epoca era stanca di storie trite e ritrite, così la sperimentazione portò verso nuovi racconti e nuovi legami, iconici e rappresentativi. Incredibile a dirsi ma il femminile ha assunto un ruolo determinante nelle produzioni cinematografiche cinesi degli anni '30: la figura affascinante, seducente e travolgente delle dive divenne strettamente legata allo spazio evocativo della caotica città di Shangai, una metropoli da capogiro.

L'associazione tra il femminile e la mondanità è ben presto svelato: questa unione nacque proprio espressione di un'urbanizzazione e una mondanità tutto fuorché positiva. La donna di questo cinema non solo osserva e si rispecchia nella caotica e tentatrice città, ma la rappresenta in tutto e per tutto. La tradizione e la cultura della campagna vengono spazzate via dalla dinamicità occidentale di Shangai che sul grande schermo esprime pienamente un cambiamento in atto nella società cinese; almeno in quella urbana e più agiata. In parte questo duo esprime - in modo piuttosto esplicito - il dolore e l'incapacità di riuscire a preservare pienamente la propria identità culturale. La donna moderna diventa quindi fulcro della città stessa, ne esprime ogni aspetto complicato e moderno; questo accade in pellicole quali The Peach Girl  (1931) di Bu Wancang, in Goodbye Shanghai (1934) di Zheng Yunbo, Women Side by Side (1949) di Chen Liting e molti altri.

Le eroine moderne: tra violenza e lotta per la propria indipendenza

Entriamo nel dettaglio dei film che abbiamo citato, osservando da molto vicino le vicende di queste protagoniste tumultuosamente occidentalizzate. In The Peach Girl l'eroina è la pura e virtuosa Lingu (interpretata dalla diva del cinema muto Ruan Lingyu), una giovane che vive in campagna e che dalla stessa regia viene spesso affiancata al fiore candido di pesco. Il suo fidanzato, ricco borghese, se ne innamora perdutamente proprio per questo suo aspetto e decide di portarla in città con sé. Proprio nella metropoli avviene il cambiamento che incarna alla perfezione moltissimi altri titoli di questo periodo: Lingu perde tutto ciò che aveva acquisito nella calma tenuta di campagna e diventa una ragazza moderna.

Il suo sguardo, le sue movenze, addirittura i suoi vestiti cambiano diventando attillati, più provocanti di quelli in cui l'abbiamo vista a inizio pellicola. Per assurdo la ragazza non si evolve semplicemente, sembra quasi assumere una nuova identità derivata proprio dall'enorme città che spazza via le virtù, in un solo soffio di vento. Prima la nostra protagonista era assurdamente candida, naturale in ogni sua sfaccettatura, priva di malizia: è la città a tramutarla in una creatura seducente, che di goffo non ha più nulla e anche se non si parla direttamente di Shangai, le didascalie ce lo fanno intendere secondo dopo secondo.

In Goodbye Shanghai questa contrapposizione è ulteriormente marcata e ci permette di comprendere ulteriormente quanto i registi cinesi dell'epoca intendessero dare potere alla figura femminile nel cinema, seppur attraverso una visione a dir poco problematica. Nel film di Zheng Yunbo la nostra eroina è corrotta fin nel profondo dalla vita a Shangai: giunta in città viene frastornata da una società che sembra nettamente differente, ne rimane incredibilmente intrappolata e non riesce più a uscirne. Tutta la frenesia del mondo urbano la travolge  e porta con sé anche la regia che riprende squarci della città in maniera asimmetrica. La giovane Bai Lu è ancora una volta simbolo della tradizione cinese, frammentata e sperduta in un mondo che sembra andare avanti troppo in fretta, senza morale.

La sorte della ragazza è terribile: la sua ingenuità e purezza vengono portate via da una violenza che non le permetterà mai più di districarsi dalla ragnatela soffocante e terribilmente addictive di Shangai. Una volta giunta nella metropoli non resterà più nulla di ciò che avevamo visto all'inizio dell'opera, la ragazza farà lavori disparati col solo fine di badare al figlio che sta per nascere come frutto dello stupro subito. Un altro esempio, meno violento ma pur sempre molto impattante, è quello del film New Woman (1935) scritto da Sun Shiyi. Ritorna il volto di quella che i mass media definirono la Greta Garbo cinese: Ruan Lingyu. 

L'opera unisce tutti gli aspetti caotici del nuovo mondo e porta sullo schermo varie tipologie di personaggi femminili: l'intellettuale affascinata da Shangai, la donna moderna completamente persa nella bolla culturale creata dalla città, l'operaia che combatte onestamente per la propria sopravvivenza. Ogni sfaccettatura è reale, è una parte di Cina che in pieno sviluppo sta franando sotto il suo stesso peso. La frenesia, l'eccessiva ma attraente dinamicità di questo nuovo mondo si affacciava sul pubblico attraverso i volti delle dive del cinema muto: in una bellezza raccapricciante e a volte profondamente violenta e crudele, ma comunque fortemente sincera e simbolica. Uno scorcio interessante sull'industria cinematografica di una Cina all'alba di una nuova era.