Aggiornamento
Meta ha condiviso la propria posizione sulla vicenda attraverso una dichiarazione, che riportiamo di seguito, attribuibile a un portavoce dell'azienda.
“Non concordiamo con affermazioni secondo cui avremmo violato il DSA e continuiamo a dialogare con la Commissione europea su questi temi. Nell’Unione europea abbiamo introdotto modifiche alle opzioni di segnalazione dei contenuti, ai processi di ricorso e agli strumenti di accesso ai dati da quando il DSA è entrato in vigore. Siamo fiduciosi che queste soluzioni siano pienamente conformi a quanto richiesto dalla legge europea.”
Anche TikTok ha rilasciato una dichiarazione, anch'essa attribuibile a un portavoce dell'azienda.
"TikTok è impegnata a garantire la massima trasparenza per la propria community e riconosce il valore del contributo che i ricercatori apportano alla piattaforma e al settore nel suo complesso. Abbiamo investito in modo significativo nella condivisione dei dati e, a oggi, circa 1000 team di ricerca hanno potuto accedere ai dati attraverso i nostri strumenti dedicati. Stiamo esaminando le conclusioni preliminari della Commissione europea. Tuttavia, i requisiti che impongono una riduzione delle misure di protezione dei dati risultano in diretta contrapposizione con il DSA e il GDPR. Se non fosse possibile rispettare pienamente entrambi, invitiamo le autorità di regolamentazione a fornire indicazioni su come conciliare tali obblighi."
Articolo originale
Le piattaforme social più popolari al mondo si trovano ancora una volta nel mirino dell'Unione Europea. La Commissione europea ha emesso una decisione preliminare che accusa Facebook, Instagram e TikTok di violare il Digital Services Act, la normativa comunitaria che regola i servizi digitali. Le violazioni riguardano aspetti cruciali come la gestione dei contenuti illegali, le pratiche di moderazione e gli obblighi di trasparenza verso ricercatori e utenti.
Secondo Bruxelles, Meta starebbe creando ostacoli deliberati che rendono difficoltoso per gli utenti segnalare materiale illecito sulle proprie piattaforme. L'accusa più grave riguarda l'utilizzo di quelli che vengono definiti "dark patterns", ovvero schemi ingannevoli nell'architettura delle interfacce utente progettati per confondere chi naviga. Questi meccanismi fuorvianti comprometterebbero la rimozione tempestiva di contenuti gravissimi, tra cui materiale pedopornografico e propaganda terroristica.
La questione della moderazione rappresenta un nodo centrale. Gli utenti di Facebook e Instagram incontrerebbero difficoltà non solo nel segnalare contenuti inappropriati, ma anche nel contestare le decisioni prese dai sistemi di moderazione automatica o dai team della piattaforma. Un processo che dovrebbe essere trasparente e accessibile risulterebbe invece volutamente macchinoso, secondo l'analisi della Commissione europea.
Un altro fronte critico riguarda l'accesso ai dati da parte della comunità scientifica. Sia Meta che TikTok hanno implementato procedure complesse e strumenti inadeguati che impediscono ai ricercatori di analizzare informazioni pubblicamente disponibili sulle piattaforme. Questa restrizione compromette la possibilità di condurre studi indipendenti sul funzionamento degli algoritmi, sulla diffusione della disinformazione e sull'impatto sociale dei social network, tutti elementi che il Digital Services Act mira invece a rendere trasparenti.
Le conseguenze economiche potrebbero essere significative. La normativa europea prevede sanzioni fino al 6% del fatturato globale annuale per le società che non rispettano le regole del DSA. Per colossi come Meta, che genera decine di miliardi di dollari all'anno, si tratterebbe di multe potenzialmente miliardarie. Tuttavia, trattandosi di una decisione preliminare, le aziende hanno ancora la possibilità di difendersi o di adottare misure correttive prima che la Commissione emetta il verdetto definitivo.
Il Digital Services Act rappresenta uno degli strumenti più ambiziosi dell'Unione Europea per regolamentare le piattaforme digitali, imponendo obblighi specifici alle grandi aziende tecnologiche in materia di moderazione dei contenuti, tutela degli utenti e responsabilità sociale. Questa non è la prima volta che le società americane del settore tech si scontrano con la regolamentazione europea, storicamente più rigorosa rispetto a quella statunitense nella protezione dei consumatori e nella limitazione del potere delle corporation digitali.
Le piattaforme coinvolte hanno ora diverse opzioni: possono contestare formalmente i rilievi della Commissione presentando le proprie argomentazioni, oppure possono implementare rapidamente le modifiche richieste per conformarsi alla normativa. La decisione finale di Bruxelles arriverà nei prossimi mesi e potrebbe segnare un precedente importante per il futuro della regolamentazione digitale non solo in Europa, ma potenzialmente a livello globale, considerando che altre giurisdizioni osservano con attenzione l'approccio normativo comunitario.