Il mondo dell'intelligenza artificiale sta vivendo una fase di consolidamento verticale che ricorda i grandi monopoli industriali del secolo scorso. SoftBank e OpenAI hanno appena annunciato la creazione di una joint venture in Giappone che rappresenta un perfetto esempio di come gli investimenti nel settore AI stiano creando un circuito chiuso di profitti, dove il denaro fluisce in un ecosistema controllato dagli stessi attori che lo alimentano. La mossa solleva interrogativi sulla sostenibilità economica di un modello che sta assorbendo decine di miliardi di dollari senza ancora dimostrare ritorni tangibili su scala globale.
La nuova entità, denominata SB OAI Japan, sarà controllata al 50% da ciascuna delle due società madri e si occuperà di localizzare e commercializzare le soluzioni enterprise di OpenAI nel mercato giapponese. Il primo cliente di questa iniziativa sarà lo stesso SoftBank, in una dinamica che evidenzia come gli investitori nel campo dell'AI stiano essenzialmente finanziando se stessi attraverso strutture societarie stratificate.
Il prodotto di punta della joint venture è stato battezzato Crystal Intelligence, descritto come una "soluzione AI enterprise preconfezionata" destinata specificamente alla gestione aziendale e alle operazioni corporate in Giappone. L'offerta combinerà le tecnologie enterprise di OpenAI con servizi di implementazione e supporto localizzati, un approccio che riconosce le peculiarità del mercato nipponico in termini di lingua, cultura aziendale e conformità normativa.
La strategia di SoftBank prevede una fase di validazione interna particolarmente strutturata. Il conglomerato giapponese implementerà le soluzioni della joint venture attraverso le sue numerose business unit, testerà l'efficacia dei prodotti per lo sviluppo e la "trasformazione aziendale", per poi trasferire le competenze e le best practice acquisite ad altre aziende attraverso SB OAI Japan. Un modello che trasforma essenzialmente SoftBank in un laboratorio vivente per le tecnologie OpenAI.
L'operazione si inserisce in un contesto più ampio di investimenti massicci da parte di SoftBank nell'ecosistema OpenAI. Il conglomerato ha recentemente impegnato decine di miliardi di dollari direttamente nella società guidata da Sam Altman, mentre parallelamente sta investendo ulteriori somme ingenti nella costruzione di data center e infrastrutture dedicate all'AI. Questa integrazione verticale crea un flusso circolare di capitali dove l'investitore diventa fornitore di servizi, cliente e distributore simultaneamente.
La tempistica dell'annuncio non è casuale: sempre più analisti finanziari e osservatori del settore tech stanno sollevando preoccupazioni sulla sostenibilità del modello economico dell'AI generativa. Le valutazioni stratosferiche delle aziende del settore e le quantità enormi di capitale investito senza chiari segnali di ritorno economico stanno generando paragoni sempre più frequenti con la bolla delle dot-com di fine anni '90, quando l'adozione diffusa di Internet portò a una corsa agli investimenti in venture capital e valutazioni insostenibili.
Il parallelo storico è particolarmente rilevante per il mercato giapponese, che fu uno dei più colpiti dallo scoppio della bolla tecnologica all'inizio degli anni 2000. Negli ultimi due decenni si sono ripetuti cicli simili, con massicce iniezioni di capitale in modelli di business non provati e senza prospettive concrete di profittabilità a breve-medio termine. La differenza cruciale rispetto al passato è che i costi di sviluppo e operativi dell'AI, in particolare per l'addestramento dei large language model e l'inferenza su larga scala, sono ordini di grandezza superiori, con consumi energetici e investimenti in hardware che si misurano in miliardi.