La corsa sfrenata verso risoluzioni sempre più elevate potrebbe aver raggiunto un punto di non ritorno dal punto di vista della percezione umana. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Cambridge, in collaborazione con Meta Reality Labs, ha condotto uno studio approfondito per determinare quando l'occhio umano smette effettivamente di percepire differenze tra display di dimensioni e risoluzioni diverse. I risultati, per molti versi sorprendenti, suggeriscono che oltre una certa soglia le tecnologie ultra-definite potrebbero rappresentare più un esercizio di marketing che un reale vantaggio per l'utente finale.
Il team di ricerca ha sviluppato un calcolatore di percezione visiva che tiene conto di molteplici variabili: distanza di osservazione, dimensione dello schermo e risoluzione nativa del pannello. Secondo i dati raccolti, un televisore da 50 pollici osservato da una distanza di tre metri mostra caratteristiche visive praticamente identiche sia con risoluzione 1440p che con risoluzione 8K. In altre parole, investire in un display con oltre 33 milioni di pixel rispetto a uno con meno di 4 milioni non produrrebbe alcun beneficio percettibile in quello specifico scenario d'uso.
L'approccio metodologico adottato dai ricercatori si distingue dagli studi precedenti per un elemento fondamentale: invece di limitarsi a misurare la risoluzione retinica percepita, hanno analizzato la capacità del sistema visivo umano di distinguere immagini perfettamente nitide da quelle di riferimento ideale. L'analisi è stata condotta separatamente per diverse tonalità cromatiche e livelli di luminosità, offrendo una mappatura molto più dettagliata delle reali capacità percettive dell'occhio umano in condizioni variabili.
La questione solleva interrogativi significativi sull'industria dell'elettronica di consumo e sulla direzione degli investimenti in ricerca e sviluppo. Con i produttori che spingono verso standard sempre più ambiziosi come l'8K e oltre, comprendere i limiti biologici della visione umana diventa cruciale per evitare di sviluppare tecnologie sostanzialmente ridondanti. Il problema non riguarda solo i display: attualmente il mercato offre pochissimi contenuti nativi in 8K, e le schede grafiche disponibili faticano a gestire tale mole di dati in tempo reale, specialmente nei videogiochi.
L'obiettivo dichiarato dai ricercatori è proprio quello di fornire all'industria parametri scientificamente validati per orientare lo sviluppo tecnologico verso ciò che realmente migliora l'esperienza utente. Come evidenziato nel loro rapporto pubblicato su TechXplore, man mano che i display crescono in dimensioni e dettaglio, diventa sempre più importante stabilire cosa gli esseri umani possano effettivamente percepire, piuttosto che inseguire specifiche tecniche fini a se stesse.
Tuttavia, la questione non si chiude con i semplici dati numerici. Alcuni osservatori del settore, pur riconoscendo la validità scientifica della ricerca, sostengono di poter ancora distinguere differenze significative tra risoluzioni diverse anche a distanze considerevoli. Questa percezione soggettiva potrebbe derivare non tanto dalla capacità di distinguere singoli pixel, quanto dall'aumento di dettaglio complessivo che un'immagine più definita può offrire in termini di texture, sfumature e profondità visiva.