AGGIORNAMENTO - 23 AGOSTO 12:36
Tramite un comunicato ufficiale di Intel (che potete leggere nella sua interezza seguendo questo link) è stato confermato l'accordo fra l'azienda e il governo degli Stati Uniti.
Secondo i termini dell’accordo, il governo degli Stati Uniti effettuerà un investimento di 8,9 miliardi di dollari in azioni ordinarie Intel, riflettendo la fiducia che l’Amministrazione ripone in Intel nel promuovere priorità nazionali fondamentali e nel ruolo di importanza cruciale che l’azienda svolge nell’espansione dell’industria dei semiconduttori domestica.
NOTIZIA ORIGINALE
Donald Trump e Bernie Sanders, due figure politiche agli antipodi dello spettro ideologico statunitense, si trovano improvvisamente dalla stessa parte della barricata. Il motivo di questa inaspettata alleanza riguarda Intel, il colosso dei semiconduttori che potrebbe presto vedere lo Stato americano entrare come azionista con una quota del 10%. Una proposta che suona quasi paradossale per un presidente che si è sempre proclamato paladino del libero mercato.
Il dietrofront presidenziale su Lip Bu Tan
La vicenda ha origini recenti e piuttosto tumultuose. Poche settimane fa, Trump aveva chiesto pubblicamente le dimissioni immediate del CEO di Intel, Lip Bu Tan, accusandolo di avere legami sospetti con la Cina. La posizione del presidente era stata influenzata dalle dichiarazioni del senatore dell'Arkansas Tom Cotton, noto per le sue posizioni dure nei confronti di Pechino. Tuttavia, un faccia a faccia tra Trump e Tan ha completamente ribaltato la situazione, trasformando quello che sembrava un caso di epurazione politica in un'opportunità di business per lo Stato americano.
Durante l'incontro alla Casa Bianca, il presidente ha cambiato registro in modo sorprendente. "Ho incontrato quest'uomo, è una persona molto piacevole", ha dichiarato Trump ai giornalisti nello Studio Ovale. "Pensavo fosse in qualche modo una vittima, anche se nessuno è una vittima totale, immagino. E gli ho detto: 'Sai cosa? Penso che agli Stati Uniti dovrebbe essere dato il 10% di Intel'". La risposta del CEO sarebbe stata sorprendentemente positiva: "Ha detto che lo avrebbe preso in considerazione".
La proposta di partecipazione statale si inserisce nel contesto del CHIPS Act, il massiccio piano di investimenti federali nell'industria dei semiconduttori che Trump aveva precedentemente definito "una cosa orribile". Ora però il presidente sembra aver trovato il modo di trasformarlo in uno strumento per acquisire quote societarie delle aziende beneficiarie. Il segretario al Commercio Howard Lutnick aveva anticipato questa strategia earlier questa settimana, sostenendo che i finanziamenti governativi dovrebbero comportare una contropartita azionaria.
Trump ha lasciato intendere che l'accordo sia già stato raggiunto, parlando di una transazione dal valore di 10 miliardi di dollari per gli Stati Uniti. "Penso sia un ottimo affare per loro, penso sia un ottimo affare per noi", ha dichiarato con evidente soddisfazione. "È entrato volendo mantenere il suo lavoro e ha finito per dare 10 miliardi di dollari agli Stati Uniti. Abbiamo guadagnato 10 miliardi. E visto che facciamo molti affari di questo tipo. Ne farò altri".
L'alleanza improbabile con Bernie Sanders
La mossa ha prodotto uno degli allineamenti politici più inattesi degli ultimi anni. Bernie Sanders, storico oppositore di Trump e paladino della sinistra democratica, ha espresso sostegno per la proposta. "Sono contento che l'amministrazione Trump sia d'accordo con l'emendamento che ho proposto tre anni fa", ha dichiarato il senatore del Vermont in una nota diffusa a Reuters. "I contribuenti non dovrebbero fornire miliardi di dollari di assistenza aziendale a grandi società redditizie come Intel senza ricevere nulla in cambio".
Questa convergenza tra due visioni apparentemente inconciliabili dell'economia americana solleva numerosi quesiti sul futuro del rapporto tra Stato e mercato. Se Ronald Reagan vedesse un presidente repubblicano sostenere de facto l'acquisizione di partecipazioni statali in aziende private, probabilmente si rivolterebbe nella tomba. Ma i tempi sono cambiati, e la competizione tecnologica globale sembra aver reso "accettabili" strategie che un tempo sarebbero state considerate impensabili per la destra americana.
Il contesto in cui si inserisce questa operazione è quello del declino competitivo di Intel rispetto ai suoi rivali. Trump stesso ha riconosciuto questo aspetto durante la conferenza stampa: "Intel è rimasta indietro, come sapete, rispetto a Jensen e ad alcuni nostri amici. Intel non avrebbe mai dovuto 'essere' Intel era la più grande e più potente azienda di chip al mondo".
Il riferimento a Jensen Huang, CEO di NVIDIA, sottolinea come il panorama dell'industria dei semiconduttori si sia radicalmente trasformato negli ultimi anni, con numerose aziende che faticano a tenere il passo nell'era dell'intelligenza artificiale.
Resta da vedere se questa strategia di "investimenti" governativi si estenderà ad altre aziende americane, creando un precedente che potrebbe ridisegnare i rapporti tra pubblico e privato nell'economia statunitense. Trump ha già fatto intendere che altre operazioni simili potrebbero concretizzarsi, suggerendo un approccio più interventista di quanto ci si aspetterebbe da un'amministrazione tradizionalmente orientata al libero mercato.