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Computer del 1959 suona musica elettronica moderna

Il PDP-1, uno dei primi computer commerciali al mondo, può essere utilizzato anche per riprodurre musica attraverso specifiche manipolazioni tecniche.

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a cura di Andrea Maiellano

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Pubblicato il 10/10/2025 alle 09:20
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La notizia in un minuto

  • Il PDP-1 del 1960, computer grande come un armadio, è stato trasformato in uno strumento musicale utilizzando le sue lampadine di stato per generare onde sonore e riprodurre musica elettronica degli anni '90
  • L'esperimento del Computer History Museum ha permesso di eseguire "Olson" dei Boards of Canada attraverso un processo manuale che richiede la traduzione di ogni nota in codice perforato su nastro
  • Il progetto dimostra come i vincoli tecnologici estremi possano stimolare soluzioni creative innovative, trasformando componenti mai pensati per scopi musicali in veri e propri strumenti sonori
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Quando nel 1960 il Programmed Data Processor-1 venne presentato al mondo, nessuno immaginava che oltre mezzo secolo dopo sarebbe stato utilizzato per riprodurre musica elettronica degli anni '90. Eppure oggi questo gigante dell'informatica, pesante quanto un'automobile e grande come un armadio, riesce a trasformarsi in quello che potremmo definire il predecessore più improbabile di Spotify. La magia avviene grazie a un ingegnoso sistema che sfrutta le lampadine di stato del computer per generare onde sonore, dimostrando come l'innovazione possa nascere dai vincoli più estremi.

L'arte di far suonare le lampadine

Il Computer History Museum ha recentemente ospitato un esperimento che ha dell'incredibile: la riproduzione di "Olson" dei Boards of Canada attraverso un PDP-1. Peter Samson, ingegnere e docente del museo, ha alimentato con precisione chirurgica il nastro perforato nella macchina, dando vita a una performance che unisce l'elettronica contemporanea con la tecnologia degli albori dell'informatica. Il processo richiede una pazienza certosina: ogni nota deve essere tradotta manualmente in codice, poi perforata su nastro e infine inserita nel computer con la delicatezza di chi maneggia un reperto archeologico.

La genialità del sistema risiede nel riutilizzo creativo di componenti mai pensati per scopi musicali. Le quattro lampadine che originariamente servivano per comunicare lo stato operativo del computer agli ingegneri sono state trasformate in generatori di onde quadre, essenzialmente quattro convertitori digitale-analogico da un bit ciascuno. Accendendosi e spegnendosi a frequenze audio, queste lampadine creano vibrazioni sonore che vengono poi mixate in canali stereo.

Dal MIT agli anni '60: una tradizione musicale

L'idea non è completamente nuova. Negli anni '60, quando Samson era studente al MIT, aveva già sviluppato quello che oggi viene chiamato "Harmony Compiler" per riprodurre musica classica attraverso lo stesso principio. Il progetto attuale, battezzato PDP-1.music e guidato da Joe Lynch, rappresenta l'evoluzione di quella pionieristica intuizione, applicata però a sonorità ben diverse da quelle bachiane che risuonavano nei laboratori del Massachusetts Institute of Technology.

Un computer degli anni '60 che suona musica elettronica degli anni '90

La scelta di "Olson" non è casuale: il brano dei Boards of Canada possiede già una qualità nostalgica intrinseca, caratterizzata da quelle atmosfere evocative che il duo canadese ha reso celebri nel panorama della musica elettronica. Sentirlo riprodotto attraverso un computer ancora più antico crea un effetto straniante, come se il tempo si fosse piegato su se stesso, permettendo a due epoche tecnologiche di dialogare attraverso il linguaggio universale della musica.

Quando la tecnologia diventa archeologia sonora

Il risultato finale, per quanto rudimentale rispetto agli standard odierni, possiede un fascino particolare. Il PDP-1, famoso soprattutto per aver ospitato Spacewar! – uno dei primi videogame della storia – dimostra ancora una volta la sua versatilità, trasformandosi da piattaforma ludica a strumento musicale. Il processo di trascrizione richiede l'uso di un emulatore per tradurre i segnali delle lampadine in file audio, che vengono poi pazientemente perforati su nastro carta, frammento per frammento.

Questo esperimento rappresenta molto più di una semplice curiosità tecnologica. È una riflessione sul rapporto tra progresso e creatività, dimostrando come i vincoli tecnologici possano stimolare soluzioni innovative anziché limitarle. In un'epoca in cui la musica digitale viene data per scontata, assistere alla laboriosissima riproduzione di una canzone attraverso lampadine che si accendono e si spengono ci ricorda quanto straordinario sia il percorso che ci ha portato fino agli attuali sistemi di riproduzione audio.

Fonte dell'articolo: www.engadget.com

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