Le acque del Sud Australia stanno vivendo una delle più gravi catastrofi ambientali degli ultimi decenni, con un'esplosione di alghe tossiche che minaccia di cancellare dall'esistenza una delle creature marine più straordinarie del pianeta. I draghi marini fogliati e comuni, pesci dal fascino preistorico che abitano le foreste di alghe marine, stanno morendo a migliaia lungo centinaia di chilometri di costa. La loro capacità di mimetizzarsi perfettamente tra la vegetazione sottomarina, evoluta nel corso di milioni di anni come strategia di sopravvivenza, si è rivelata del tutto inutile contro questa nuova minaccia invisibile.
Un ecosistema in ginocchio
La proliferazione massiva dell'alga Karenia mikimotoi, iniziata lo scorso marzo nel Golfo di San Vincenzo vicino ad Adelaide, ha trasformato le acque cristalline in una trappola mortale per la vita marina. Non solo i draghi marini stanno pagando il prezzo più alto: delfini, leoni marini e persino squali bianchi sono stati ritrovati senza vita sulle spiagge, mentre surfisti e bagnanti accusano malesseri dovuti all'esposizione alle tossine algali.
Janine Baker, ecologa marina indipendente che coordina uno sforzo di citizen science per documentare l'entità del disastro, descrive un quadro devastante. Migliaia di Phycodurus eques e Phyllopteryx taeniolatus - questi i nomi scientifici delle due specie - giacciono morti lungo le coste, con i draghi fogliati che rappresentano la maggioranza delle vittime.
Anatomia di una strage annunciata
La vulnerabilità di questi pesci unici deriva dalla loro stessa natura. Le piccole aperture branchiali sui lati della testa si ostruiscono facilmente con le particelle algali, mentre la loro limitata capacità natatoria impedisce una fuga rapida dalle dense concentrazioni tossiche. "Non possono semplicemente nuotare via dalle aggregazioni di cellule algali", spiega Baker, sottolineando come la loro strategia evolutiva si sia trasformata in una condanna a morte.
Le conseguenze si estendono ben oltre la conta attuale dei morti. Con così tanti adulti riproduttivi eliminati, la stagione riproduttiva del 2025-2026 vedrà un drastico calo delle nascite. Considerando che questi animali possono riprodursi per circa un decennio, la perdita si amplifica in modo esponenziale attraverso le generazioni future.
Il cocktail perfetto per il disastro
Il governo sudaustralianoidentifica una ondata di calore marino iniziata nel settembre 2024 come innesco primario del fenomeno, con temperature salite di 2,5°C sopra la media e rimaste elevate nonostante l'arrivo dell'inverno australe. Le inondazioni del fiume Murray del 2022 e 2023 hanno riversato nutrienti extra nel golfo, mentre un upwelling senza precedenti di acque ricche di sostanze nutritive ha completato la ricetta per il disastro.
David Booth dell'Università Tecnologica di Sydney non nasconde la preoccupazione per l'entità geografica del fenomeno, che colpisce una porzione chiave dell'habitat dei draghi marini. I draghi comuni erano già stati classificati come vulnerabili in Tasmania a causa del declino demografico, e ora questo nuovo colpo potrebbe spingere entrambe le specie verso un punto di non ritorno.
L'ombra del cambiamento climatico
Christopher Keneally dell'Università di Adelaide non ha dubbi: questo è il volto del cambiamento climatico in azione. La combinazione di schiuma tossica sulle spiagge, aerosol algali che fanno ammalare i bagnanti e vita marina morta che si accumula sulla costa rappresenta un chiaro esempio delle catastrofi ambientali che ci attendono. Con l'aumento delle temperature superficiali del mare, eventi simili diventeranno sempre più frequenti.
I governi statale e federale hanno stanziato 28 milioni di dollari australiani per affrontare l'emergenza, ma molte cellule algali potrebbero insediarsi nei sedimenti, pronte a riesplodere quando le condizioni torneranno favorevoli. "La prossima estate potremmo assistere a una continuazione o una recrudescenza di questa proliferazione", avverte Keneally, delineando uno scenario in cui la rinascita dell'incubo è solo questione di tempo.