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Un antico data center scavato nella roccia?

Nel cuore delle Ande peruviane, oltre 5200 cavità allineate formano un pattern serpentiforme lungo più di un chilometro e mezzo, visibile dall'alto.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor

Pubblicato il 10/11/2025 alle 08:45

La notizia in un minuto

  • Nelle Ande peruviane si trova la Band of Holes, un sito con oltre 5200 cavità disposte in pattern serpentiforme che secondo nuove ricerche potrebbe essere un antico foglio di calcolo tridimensionale utilizzato per registrare tributi e scambi commerciali
  • Le analisi palinologiche hanno rivelato pollini di colture alimentari come mais, amaranto e patata dolce nelle cavità, suggerendo che fossero rivestite con materiali vegetali per depositarvi merci trasportate da carovane di lama
  • La disposizione delle cavità in 60 sezioni distinte con pattern matematici ricorrenti mostra analogie con i khipu incaici, sofisticati dispositivi contabili a corde annodate, collocando il sito in una posizione strategica tra importanti centri amministrativi che servivano circa 100.000 persone
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Nel cuore delle Ande peruviane, su un pendio noto come Monte Sierpe (Montagna del Serpente), si snoda per oltre un chilometro e mezzo una delle enigmatiche testimonianze archeologiche del Sudamerica precolombiano: oltre 5200 cavità allineate che formano un pattern serpentiforme visibile dall'alto. Questo sito, denominato "Band of Holes" (Fascia di Buche), ha sconcertato gli studiosi sin dalla sua prima documentazione aerea nel 1933, suscitando ipotesi che spaziavano da strutture difensive a sistemi di irrigazione, da depositi d'acqua a sepolture del periodo Inca. Ora, un'analisi multidisciplinare condotta da ricercatori dell'Università di Sydney propone un'interpretazione radicalmente innovativa: potrebbe trattarsi di un dispositivo contabile monumentale, una sorta di antico foglio di calcolo tridimensionale utilizzato per registrare tributi e scambi commerciali.

Jacob Bongers, archeologo dell'Università di Sydney e coordinatore dello studio, ha guidato un'indagine che ha combinato analisi palinologiche con avanzate tecniche di rilevamento aereo mediante droni. Il team ha esaminato campioni di sedimento estratti da 19 cavità diverse, ciascuna con un diametro compreso tra 1 e 2 metri e una profondità che varia da 50 centimetri a 1 metro. Le analisi hanno rivelato la presenza di pollini appartenenti a colture alimentari come mais, amaranto, peperoncino e patata dolce, oltre a pollini di piante selvatiche come la Typha (nota come tifa o mazzasorda), tradizionalmente utilizzata nella costruzione di cesti e zattere nella regione andina.

La distanza considerevole che separa le cavità dalle aree coltivabili dove crescevano queste piante costituisce un elemento cruciale dell'interpretazione. Come sottolinea Bongers, la distribuzione pollinica non può essere spiegata dal semplice trasporto eolico. L'ipotesi più plausibile è che comunità locali della cultura Chincha – civiltà fiorita tra il 900 e il 1450 d.C. circa – rivestissero le buche con materiali vegetali e vi depositassero merci trasportate in cesti intrecciati caricati su carovane di lama. Questa teoria spiegherebbe anche la scarsità di reperti ceramici nel sito, tradizionalmente abbondanti negli insediamenti archeologici andini.

Il passaggio dalla cultura Chincha all'Impero Inca, avvenuto intorno al 1480, rappresenta il momento di trasformazione funzionale del sito secondo i ricercatori. Mentre la cultura Chincha conservò una certa autonomia sotto il dominio incaico, le fonti storiche documentano l'imposizione di un sistema tributario. Le riprese aeree ad alta risoluzione hanno permesso un censimento preciso delle cavità – circa 5200 unità – e l'identificazione della loro organizzazione in almeno 60 sezioni o blocchi distinti, con pattern matematici ricorrenti che suggeriscono un'intenzionalità progettuale.

Alcune sezioni presentano file multiple di otto buche, mentre altre alternano sequenze di otto e sette cavità, rivelando pattern matematici che indicano una precisa intenzionalità progettuale.

La disposizione spaziale delle cavità mostra sorprendenti analogie con i khipu, sofisticati dispositivi contabili incaici costituiti da corde annodate che gli studiosi hanno paragonato a calcolatori o abachi. Tuttavia, Bongers propone un'analogia più appropriata: quella di un foglio di calcolo tridimensionale destinato a registrare la raccolta di tributi alimentari e merci provenienti dalle comunità locali. Un khipu specifico, rinvenuto nella vicina valle di Pisco e suddiviso in sezioni approssimativamente simili a quelle del sito, presenta tuttavia 80 divisioni complessive, sollevando interrogativi sulla corrispondenza esatta tra i due sistemi.

La posizione strategica del Monte Sierpe rafforza l'interpretazione funzionale del sito. L'area si trova all'intersezione di una rete di strade pre-ispaniche, equidistante tra due importanti centri amministrativi incaici: Tambo Colorado e Lima La Vieja. Le valli circostanti di Pisco e Chincha, secondo le fonti storiche, ospitavano una popolazione di circa 100.000 persone e costituivano una delle regioni agricole più produttive dell'impero, rendendo plausibile la necessità di un sistema contabile di tale portata.

Karenleigh Overmann, esperta di sistemi numerici antichi presso l'Università del Colorado a Colorado Springs, pur riconoscendo la validità dell'analisi critica delle ipotesi alternative condotta dal team australiano, solleva alcune riserve metodologiche. La studiosa evidenzia come il sistema decimale incaico avrebbe dovuto produrre una disposizione più chiaramente organizzata in gruppi di dieci, mentre la discrepanza numerica tra le 60 sezioni del sito e le 80 divisioni del khipu di riferimento rappresenta un divario significativo. Overmann propone inoltre un'interpretazione alternativa più semplice: il sito potrebbe essere un petroglifo monumentale, inserendosi nella tradizione peruviana di creare figure giganti visibili da grande distanza.

Bongers non esclude la dimensione simbolica e comunicativa del sito, riconoscendo la possibilità di funzioni multiple sovrapposte. La struttura serpentiforme visibile dall'alto potrebbe effettivamente aver rappresentato un marcatore territoriale o un riferimento cosmologico, tipico delle culture andine. Il ricercatore propone l'interpretazione del sito come una forma di "tecnologia sociale": in un'epoca priva di sistemi di comunicazione a distanza, la costruzione di monumenti visibili da chilometri di distanza risolveva la necessità pratica di coordinare incontri e scambi tra popolazioni distribuite su vasti territori montagnosi.

Le prospettive future della ricerca includono l'analisi di ulteriori campioni sedimentari per identificare eventuali residui organici che possano chiarire la natura specifica delle merci depositate, oltre allo studio comparativo con altri khipu conservati nei musei per individuare corrispondenze più precise nei pattern numerici. Rimane aperta la questione della cronologia di costruzione: il sito potrebbe aver subito modifiche e ampliamenti nel corso di decenni o secoli, rendendo l'attuale configurazione il risultato di un'evoluzione organica piuttosto che di un progetto unitario. La comprensione completa di questo straordinario esempio di ingegneria contabile monumentale richiederà ulteriori indagini archeologiche e un dialogo interdisciplinare tra archeologia, etnomatematica e storia economica delle civiltà precolombiane.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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