Il mistero delle lacune osservate nei dischi protoplanetari attorno alle stelle giovani ha finalmente trovato una spiegazione concreta. Per anni gli astronomi hanno ipotizzato che questi spazi vuoti, simili a solchi scavati da uno spazzaneve cosmico, fossero creati da pianeti in formazione. Tuttavia, mancava una prova diretta. Ora, un team internazionale guidato dall’Università dell’Arizona ha individuato pianeti nascosti in uno di questi dischi, offrendo una conferma che cambia la nostra comprensione della nascita dei sistemi planetari.
La tecnologia che svela l’invisibile
La scoperta è stata possibile grazie a MagAO-X, un sistema di ottica adattiva sviluppato presso l’Osservatorio Steward e installato sul telescopio Magellan in Cile. Questa tecnologia corregge la turbolenza atmosferica, restituendo immagini molto più nitide delle stelle. “Una volta attivato il sistema, il pianeta è apparso subito chiaro”, racconta Laird Close, che ha guidato la ricerca.
La chiave dell’osservazione è stata la rilevazione della luce H-alfa, emessa quando l’idrogeno precipita sulla superficie dei protopianeti formando plasma incandescente. Questa firma luminosa è il segnale diretto della crescita planetaria.
Un sistema planetario in miniatura
Il disco protoplanetario WISPIT-2, scoperto dalla studentessa olandese Richelle van Capelleveen, ha rivelato due probabili pianeti in formazione. Il primo, CC1, si trova nella cavità interna e ha una massa pari a nove volte quella di Giove. Il secondo, WISPIT 2b, orbita molto più lontano ed è grande circa cinque volte Giove.
Gabriel Weible, studente dell’Università dell’Arizona, paragona questi pianeti a “ciò che i nostri Giove e Saturno dovevano sembrare quando erano 5.000 volte più giovani”. La stella centrale, WISPIT-2, è simile al nostro Sole per dimensioni e massa.
Un tuffo nel passato del Sistema Solare
La scoperta offre uno sguardo su come poteva apparire il nostro Sistema Solare 4,5 miliardi di anni fa. CC1 orbita a 14-15 unità astronomiche, una distanza paragonabile a metà strada tra Saturno e Urano. WISPIT 2b si trova invece a 56 unità astronomiche, ben oltre l’orbita di Nettuno, in una zona simile alla Fascia di Kuiper.
Come sottolinea van Capelleveen, questa osservazione è stata possibile solo perché il sistema è ancora molto giovane. “Se WISPIT-2 avesse l’età del nostro Sistema Solare, con la stessa tecnologia non vedremmo nulla”, spiega. I protopianeti, infatti, sono visibili solo in questa fase della loro crescita, quando emettono ancora abbastanza calore e luce.
Pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, questa scoperta rappresenta una svolta: per la prima volta è stata trovata la prova diretta che i protopianeti scavano le lacune nei dischi protoplanetari, risolvendo un dibattito durato decenni e confermando i modelli di formazione planetaria.