Il cervello umano ha sviluppato una sofisticata strategia di compensazione per ovviare alla perdita di una capacità che molti mammiferi ancora possiedono: quella di orientare fisicamente le orecchie verso i suoni. Mentre cani, gatti e cervi possono ruotare liberamente i padiglioni auricolari per captare meglio determinate frequenze sonore, la nostra specie ha abbandonato questa funzione circa 25 milioni di anni fa. Tuttavia, una recente ricerca dimostra che quello che abbiamo perso in mobilità fisica lo abbiamo riguadagnato attraverso un meccanismo cerebrale altamente specializzato che ci permette di concentrare selettivamente l'attenzione uditiva in direzioni specifiche.
La rivoluzione dell'elettroencefalografia mobile
L'innovazione tecnologica ha reso possibile questo tipo di scoperta attraverso lo sviluppo di sistemi di elettroencefalografia (EEG) portatili e wireless. Fino a poco tempo fa, gli studi sull'attività cerebrale richiedevano che i soggetti rimanessero seduti, collegati tramite elettrodi a computer fissi. La miniaturizzazione degli strumenti ha finalmente permesso ai ricercatori di analizzare il funzionamento del cervello durante il movimento, aprendo nuovi orizzonti nella comprensione del rapporto tra comportamento e funzioni cognitive.
Barbara Haendel dell'Università di Würzburg, in Germania, aveva già dimostrato in precedenti ricerche come il camminare influenzi l'elaborazione delle informazioni visive, rendendo più probabile la percezione di oggetti nella visione periferica che normalmente vengono soppressi quando siamo fermi. Il suo team ha ora esteso questa scoperta al dominio uditivo, rivelando che il cervello modifica costantemente la direzione verso cui concentra maggiormente l'ascolto.
L'esperimento che svela i segreti dell'udito in movimento
Trentacinque volontari sono stati equipaggiati con sensori EEG mobili e rilevatori di movimento, poi invitati a percorrere un sentiero a forma di otto mentre ascoltavano un flusso sonoro continuo attraverso auricolari. I risultati hanno mostrato un incremento significativo nell'elaborazione dei suoni quando i partecipanti iniziavano a muoversi lungo il percorso, rispetto a quando rimanevano fermi o camminavano sul posto.
L'aspetto più interessante emergeva durante i cambi di direzione: il cervello si adattava immediatamente, dando priorità ai suoni provenienti dalla nuova direzione di marcia. Come se disponesse di un sistema interno di orientamento stereofonico, l'attenzione uditiva si spostava da un lato all'altro seguendo le curve del percorso, mimando l'azione di girare fisicamente un orecchio verso la fonte sonora.
Un'eredità evolutiva per la sopravvivenza
Liyu Cao dell'Università di Zhejiang a Hangzhou, in Cina, membro del team di ricerca, interpreta questo fenomeno come un adattamento evolutivo orientato alla sicurezza. Secondo la sua ipotesi, questo sistema di "rotazione auricolare interna" potrebbe garantire tempi di reazione più rapidi e una navigazione più sicura in ambienti dinamici, compensando efficacemente la perdita della mobilità fisica delle orecchie.
Maren Schmidt-Kassow dell'Università Goethe di Francoforte, non coinvolta nello studio, sottolinea l'importanza più ampia di queste scoperte: "L'esplorazione attiva affina la percezione, supporta la mappatura spaziale e integra indizi multisensoriali in una percezione coerente dello spazio. La cognizione è profondamente radicata nell'azione".
Applicazioni pratiche e implicazioni future
Le implicazioni pratiche di questa ricerca si estendono ben oltre la pura curiosità scientifica. Haendel suggerisce che questi risultati potrebbero migliorare la progettazione di ausili alla navigazione per persone con disabilità visive e far progredire la tecnologia degli apparecchi acustici, permettendo loro di filtrare i rumori di fondo basandosi sulla direzione di movimento dell'utilizzatore.
La scoperta potrebbe anche spiegare perché l'esercizio fisico all'aperto sembra offrire maggiori benefici per la salute cerebrale e le funzioni cognitive rispetto all'allenamento su tapis roulant o cyclette. "Il movimento riguarda molto più dei muscoli", conclude Haendel. "Il cervello modifica il modo in cui ti muovi, e il modo in cui ti muovi cambia il funzionamento del cervello. Si tratta di utilizzare questa interazione come si è evoluta per funzionare nel modo più efficiente possibile".