Il controllo delle nanoparticelle di plastica nell’ambiente e negli organismi viventi potrebbe presto diventare semplice come usare una striscia reattiva. Un team delle università di Stoccarda e Melbourne ha sviluppato una tecnologia che consente di rilevare questi contaminanti invisibili con strumenti alla portata di qualsiasi laboratorio. L’innovazione, pubblicata su Nature Photonics, potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro uno dei problemi ambientali più insidiosi del nostro tempo.
Il microscopio ottico sfida la tecnologia avanzata
Finora identificare le nanoplastiche richiedeva microscopi elettronici e personale altamente specializzato. Il nuovo metodo, invece, necessita solo di un comune microscopio ottico e di una speciale striscia reattiva chiamata “setaccio ottico”. «È molto meno costoso rispetto ai metodi convenzionali, non richiede personale addestrato e riduce drasticamente i tempi di analisi», spiega Mario Hentschel, dell’Università di Stoccarda.
Il principio sfrutta effetti di risonanza in minuscoli fori microscopici, studiati già nel 2023 ma ora applicati con successo a un contesto ambientale.
Le nanoplastiche, molto più piccole di un capello umano, nascono dalla frammentazione di pezzi più grandi e sono invisibili a occhio nudo. Possono attraversare barriere biologiche come la pelle o la barriera emato-encefalica, accumulandosi negli organismi. Finora l’attenzione si era concentrata sulle microplastiche, ma le particelle ancora più piccole potrebbero costituire una minaccia ancor maggiore.
Il setaccio che cambia colore
Il cuore dell’innovazione è il “setaccio ottico”, un substrato semiconduttore inciso con minuscole cavità. A seconda di diametro e profondità, queste interagiscono con la luce producendo riflessi colorati visibili al microscopio. Quando una particella si deposita in una cavità, il colore cambia in modo evidente.
Il sistema funziona anche come filtro dimensionale: particelle troppo grandi non entrano, quelle troppo piccole vengono lavate via. Questo permette di dedurre numero, grandezza e distribuzione dimensionale osservando i colori riflessi.
Dai test di laboratorio alle applicazioni sul campo
Per validare il metodo, i ricercatori hanno testato particelle sferiche in soluzioni acquose e poi in campioni di lago arricchiti artificialmente. I risultati hanno confermato la capacità del dispositivo di distinguere e quantificare le nanoplastiche.
Harald Giessen, dell’Università di Stoccarda, guarda al futuro: «Vogliamo analizzare concentrazioni di nanoplastiche direttamente sul campo. Ma il metodo potrà essere applicato anche a sangue e tessuti».
I prossimi passi riguardano l’analisi di particelle non sferiche e la capacità di distinguere tra diversi tipi di plastica. L’obiettivo finale è rendere il setaccio ottico uno strumento mobile, capace di fornire in tempo reale dati sulla presenza di nanoplastiche in acqua o suolo. Una prospettiva che, in piena emergenza ambientale, potrebbe rivoluzionare il monitoraggio della plastica negli ecosistemi e negli organismi viventi.