Una condizione che colpisce oltre metà della popolazione occidentale resta spesso invisibile alla medicina: l’occhio secco. Milioni di persone convivono con sintomi quotidiani senza diagnosi, come rivela lo studio NESTS (Needs Unmet in Dry Eye), presentato al Congresso della Società Europea di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva.
Il 58% degli adulti in Europa e Stati Uniti dichiara sintomi riconducibili all’occhio secco, ma solo uno su cinque ha ricevuto una diagnosi. In Europa la percentuale scende al 20%, negli USA al 17%. "Molti pensano sia un normale effetto dell’età, qualcosa da sopportare", spiega il dottor Piotr Wozniak. Una percezione che allontana dalle cure, spesso semplici, come i colliri.
Anni di attesa e rinunce quotidiane
Un terzo dei pazienti convive con i disturbi per oltre cinque anni prima di rivolgersi a uno specialista; il 20% aspetta più di un anno. Nell’attesa, la qualità di vita peggiora: il 17% rinuncia a guidare di notte, il 15% a riscaldamento o aria condizionata, altri al trucco. Per metà dei pazienti i sintomi sono quotidiani, rendendo difficile leggere o usare dispositivi elettronici.
I colliri lubrificanti restano la cura più diffusa, spesso scelta senza guida medica. Solo il 25% dei pazienti ritiene il trattamento adatto alle proprie esigenze, mentre un terzo segnala un peggioramento dei sintomi nell’ultimo anno. Lo studio evidenzia anche forti differenze: in Francia meno della metà dei pazienti riceve controlli regolari, in Arabia Saudita l’84% viene seguito attivamente dai medici.
Oltre il fastidio: i rischi
Senza trattamento, l’occhio secco può evolvere in infiammazione cronica e blefarite. I sintomi includono bruciore, visione offuscata e lacrimazione paradossale, più comuni dopo i 50 anni. La condizione può inoltre compromettere interventi oftalmologici come cataratta e chirurgia refrattiva.
"La portata reale dell’occhio secco è stata a lungo sottovalutata", commenta Filomena Ribeiro, presidente ESCRS. Educare i pazienti e fornire terapie personalizzate sarà decisivo per colmare il divario tra la diffusione della malattia e la sua gestione clinica.