Scoperte quattro enormi bolle causate da buchi neri giganti

Gli scienziati hanno trovato quattro enormi bolle al centro di un ammasso di galassie, utilizzando l'osservatorio NASA a raggi X Chandra. Questo insolito fenomeno potrebbe essere stato causato dalle eruzioni di due buchi neri supermassicci che orbitano strettamente l'uno attorno all'altro.

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a cura di Alessandro Crea

Un nuovo studio Chandra sull'ammasso di galassie noto come RBS 797, situato a circa 3,9 miliardi di anni luce dalla Terra, ha scoperto due coppie separate di cavità che si estendono lontano dal centro dell'ammasso. Gli ammassi di galassie sono le più grandi strutture dell'universo tenute insieme dalla gravità. Sono una miscela di centinaia o addirittura migliaia di singole galassie, enormi quantità di gas caldo e materia oscura invisibile. Il gas caldo che pervade gli ammassi contiene molta più massa delle galassie stesse e brilla intensamente nello spettro dei raggi X che Chandra rileva. Un'enorme galassia si trova di solito al centro di un ammasso.

Questi tipi di cavità sono stati già visti prima in altri ammassi di galassie. Gli scienziati pensano che siano il risultato di eruzioni da regioni vicine a un buco nero supermassiccio nel mezzo della massiccia galassia centrale. Mentre la materia vola via dal buco nero come getti in direzioni opposte, soffia delle cavità nel gas caldo. La rivelazione in RBS 797 è che ci sono due serie di getti diretti perpendicolarmente l'uno all'altro.

Francesco Ubertosi dell'Università di Bologna in Italia, che ha guidato lo studio Chandra, ha spiegato come gli scienziati pensano di sapere cosa rappresenti una coppia di cavità, ma non cosa succeda quando un ammasso di galassie possiede due coppie in direzioni molto diverse.

Gli astronomi avevano precedentemente osservato la coppia di cavità nella direzione est-ovest in RBS 797, ma la coppia nella direzione nord-sud è stata rilevata solo in una nuova osservazione Chandra durata molto più a lungo. L'immagine più profonda utilizza quasi cinque giorni di osservazioni di Chandra, rispetto a circa 14 ore per l'osservazione originale. Karl G. Jansky Very Large Array della National Science Foundation aveva già osservato prove di due coppie di getti di emissione radio, che si allineano con le cavità.

Come è stato creato questo quartetto di cavità? La risposta più probabile, secondo Ubertosi e i suoi colleghi, è che RBS 797 contiene una coppia di buchi neri supermassicci che hanno lanciato getti in direzioni perpendicolari quasi contemporaneamente.

"La nostra migliore ipotesi è che una coppia di buchi neri supermassicci abbia portato a due coppie di cavità", ha spiegato Myriam Gitti, co-autrice, dell'Università di Bologna. "Mentre pensiamo che i buchi neri supermassicci possano formare sistemi binari, è estremamente raro che entrambi siano osservati in una fase attiva, in questo senso la scoperta di due buchi neri attivi vicini che gonfiano cavità in RBS 797 è straordinaria".

In effetti, in precedenza un'osservazione radio con la rete europea VLBI (EVN) aveva scoperto due sorgenti radio separate da soli circa 250 anni luce in RBS 797. Se entrambe le sorgenti sono buchi neri supermassicci, sono tra le coppie più vicine mai rilevate. I due buchi neri dovrebbero continuare a muoversi a spirale l'uno verso l'altro, generando enormi quantità di onde gravitazionali e alla fine fondersi.

C'è un'altra possibile spiegazione per le quattro cavità viste in RBS 797. Questo scenario coinvolge un solo buco nero supermassiccio, con getti che in qualche modo riescono a girare e cambiare direzione abbastanza rapidamente. L'analisi dei dati di Chandra mostra che la differenza di età per le cavità est-ovest e nord-sud è inferiore a 10 milioni di anni.

"Se c'è un solo buco nero responsabile di queste quattro cavità, allora dovremo tracciare la storia della sua attività. Gli aspetti chiave sono in che modo l'orientamento dei getti è cambiato rapidamente, e se questo è legato all'ambiente dell'ammasso di galassie o alla fisica del buco nero stesso, o anche ad una combinazione di entrambi", ha dichiarato Fabrizio Brighenti, co-autore dell'Università di Bologna.