Nelle profondità del Pacifico settentrionale è emerso un virus capace di sorprendere anche i ricercatori più esperti. Chiamato PelV-1, è stato subito ribattezzato il “Pinocchio” del mondo virale per via della sua appendice caudale fuori scala, in grado di raggiungere i 2,3 micron: la più lunga mai osservata in un virus. Questa scoperta ridefinisce i parametri morfologici noti e apre nuovi interrogativi sull’evoluzione delle forme virali.
Un gigante dalla morfologia sorprendente
PelV-1 appartiene alla famiglia dei Mesomimiviridae e presenta un capside di circa 200 nanometri, misura che lo colloca già nella categoria dei virus giganti. A renderlo unico è la combinazione di due appendici: la coda principale, lunga e flessibile, e una seconda più corta, che conferiscono al microrganismo un aspetto quasi simmetrico, simile a un curioso “tetris biologico”. Il suo genoma, composto da oltre 450.000 coppie di basi, contiene geni associati a funzioni metaboliche complesse, tra cui il trattamento di aminoacidi, lipidi e carboidrati.
Gli scienziati ipotizzano che la coda record serva come una sorta di lenza molecolare, capace di aumentare enormemente la superficie del virus e di massimizzare le possibilità di entrare in contatto con un ospite nelle immense distese marine. Le osservazioni hanno mostrato che PelV-1 sfrutta la sua appendice per agganciarsi alle microalghe del genere Pelagodinium, bersagli principali dell’infezione. Una volta penetrato nella cellula, però, la coda scompare, suggerendo un meccanismo dinamico di costruzione e smontaggio che funziona solo nella fase extracellulare.
Un primato che riscrive i record
Il precedente detentore del primato, il Tupanvirus, presentava appendici lunghe al massimo 1,8 micron. Con i suoi 2,3 micron, PelV-1 stabilisce un nuovo record assoluto, ridefinendo i limiti conosciuti della morfologia virale.
Questa scoperta getta luce sull’immensa varietà biologica ancora nascosta negli oceani. Se un singolo campione ha rivelato un virus così anomalo, è probabile che esistano molte altre forme ancora da scoprire, ciascuna con adattamenti sorprendenti. Gli studiosi ritengono che pressioni evolutive intense, legate alla scarsità di ospiti negli ecosistemi marini, abbiano favorito soluzioni radicali come la coda record di PelV-1.
Il caso dimostra come la biodiversità virale rappresenti ancora un territorio inesplorato, capace non solo di ampliare le nostre conoscenze sugli agenti patogeni, ma anche di offrire nuove prospettive su come l’evoluzione sperimenti strategie sempre più ingegnose per garantire la sopravvivenza microscopica.