La battaglia legale tra Apple e l'Unione Europea sulla regolamentazione dei mercati digitali si è trasferita nelle aule dei tribunali del Lussemburgo, dove la multinazionale di Cupertino ha lanciato un attacco frontale contro il Digital Markets Act. Davanti alla Corte Generale del Lussemburgo, l'azienda ha definito la normativa europea come un insieme di imposizioni gravose e invasive, mentre Bruxelles porta avanti la prima revisione formale della legge.
L'avvocato di Apple, Daniel Beard, ha presentato argomentazioni che riecheggiano la strategia retorica adottata dall'azienda negli ultimi mesi: il Digital Markets Act viene descritto come una minaccia per i consumatori e la privacy, piuttosto che come uno strumento di equa concorrenza. La società, che vanta una capitalizzazione di quasi 4 trilioni di dollari, sostiene che la regolamentazione europea stia rendendo più difficile operare nel Vecchio Continente anziché favorire dinamiche di mercato più competitive.
Tra gli argomenti più controversi sollevati dalla compagnia californiana figura persino il riferimento alle applicazioni pornografiche. Apple ha sostenuto che, per la prima volta, tali contenuti sono ora disponibili su iPhone attraverso marketplace alternativi, nonostante l'azienda non li abbia mai autorizzati sull'App Store per i rischi che comporterebbero, specialmente per i minori. L'argomento ha lo scopo di dipingere la normativa europea come una minaccia alla sicurezza degli utenti più vulnerabili.
La strategia difensiva di Apple si articola su tre fronti principali. Il primo riguarda l'obbligo imposto dalla normativa europea di garantire l'interoperabilità tra l'iPhone e dispositivi hardware di produttori concorrenti, come auricolari e smartwatch, che secondo Cupertino rappresenterebbe un rischio per la sicurezza. L'azienda contesta inoltre l'inclusione dell'App Store nell'ambito di applicazione delle regole e un'indagine che valuta se iMessage avrebbe dovuto essere sottoposto alle stesse disposizioni.
La replica della Commissione Europea non si è fatta attendere ed è stata altrettanto decisa. Paul-John Loewenthal, avvocato dell'esecutivo comunitario, ha evidenziato il controllo assoluto che Apple esercita sull'iPhone e come questo abbia generato profitti straordinari in mercati dove i concorrenti non possono competere ad armi pari. Secondo Loewenthal, solo Apple detiene le chiavi del proprio ecosistema chiuso, decidendo chi può accedervi e quali prodotti o servizi possono essere offerti agli utenti iPhone, tenendo di fatto prigionieri più di un terzo degli utilizzatori europei di smartphone.
Apple ha inoltre sostenuto che il Digital Markets Act l'ha costretta a ritardare il lancio di diverse funzionalità innovative. Tra queste figurano la traduzione simultanea per gli AirPods, il mirroring dell'iPhone su macOS e le funzioni Luoghi visitati e Percorsi preferiti nell'app Mappe. L'azienda aveva già chiesto formalmente alla Commissione Europea di abrogare la legge lo scorso settembre, ricevendo una risposta secca da parte di Thomas Regnier, portavoce dell'UE, che ha dichiarato come Apple abbia contestato ogni singolo aspetto della normativa sin dalla sua entrata in vigore.
La posizione di Bruxelles rimane inflessibile. Regnier ha precisato che la Commissione non ha "assolutamente alcuna intenzione" di ritirare la legge, nonostante le pressioni esercitate dal colosso tecnologico. La vicenda rappresenta uno scontro emblematico tra il modello di business delle grandi aziende tecnologiche americane e l'approccio regolatorio europeo, che punta a limitare il potere monopolistico dei cosiddetti gatekeeper digitali per garantire maggiore concorrenza e tutela dei consumatori.
Il Digital Markets Act impone alle piattaforme digitali di dimensioni rilevanti una serie di obblighi volti a prevenire abusi di posizione dominante. Per Apple, che ha costruito il proprio successo su un ecosistema integrato e controllato, queste regole rappresentano una sfida fondamentale al proprio modello di business. La battaglia legale in corso determinerà quanto margine di manovra avranno le autorità europee nell'imporre nuove regole alle multinazionali tecnologiche e se l'approccio europeo alla regolamentazione digitale potrà diventare un modello per altre giurisdizioni.