Activision Blizzard, pugno di ferro da parte della stampa per le accuse di molestie

Le accuse di molestie rivolte da alcune ex dipendenti di Activision Blizzard hanno portato la stampa a prendere una posizione netta.

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a cura di Alessandro Adinolfi

Non si placa il caso Activision Blizzard. Dopo le accuse di molestie sessuali, avallate da un processo che probabilmente partirà tra qualche mese e sostenuto da denunce di ex sviluppatrici e dopo le risposte dei manager della società, decisamente discordanti tra di loro e che mostrerebbero una linea poco chiara sulla gestione dell'intera faccenda, ora la stampa internazionale ha cominciato ad utilizzare il pugno di ferro. Nelle ultime ore, infatti, sono sempre più numerose le testate giornalistiche statunitensi e non, più o meno grandi, che hanno deciso di procedere con un boicottaggio piuttosto importante.

Come riportato online, infatti, diversi editor in chief hanno deciso di prendere una posizione forte in merito, considerando anche che i comportamenti citati all'interno delle accuse avrebbero spinto una dipendente a suicidarsi. La reazione dunque è molto dura: diversi portali hanno infatti deciso che non copriranno più a livello di news, preview, recensioni e speciali i giochi di Activision Blizzard. Questo ovviamente include anche le prossime, importanti release per PlayStation, Xbox e PC, come ad esempio la rimasterizzazione di Diablo 2 e il prossimo capitolo di Overwatch. "Continueremo a coprire le notizie in merito all'intero processo, ma non copriremo i giochi", le parole di Kirck McKeand, founder e editor in chief di The Gamer.

Anche Game Xplain, popolare outlet media che ha un'attività di informazione prevalentemente su YouTube, ha affermato che non verranno più coperti i giochi di Activision Blizzard "almeno fino a fine anno e forse fino a data da concordarsi". Subito dopo altre testate hanno cominciato ad aggregarsi, come Switch Player, Ninty Fresh, [lock-on] e Cinelinx. Nessuna novità però dal fronte dei veri big, come ad esempio IGN, GameSpot, Windows Central e altri importanti portali ma non è escluso che nelle prossime ore altre testate giornalistiche non decidano di schierarsi contro e seguire questa forma di protesta.

Sicuramente il caso è molto spinoso ma a differenza di altre vicende simili, come ad esempio quelle di Ubisoft o dei movimenti Me Too, le accuse rivolte ad Activision Blizzard hanno un peso completamente diverso, visto anche le altre polemiche legate alla repressione delle proteste di Hong Kong. Il publisher e sviluppatore dovrà affrontare una causa ma il problema a livello mentale per le dipendenti che hanno subito umiliazioni fisiche e verbali rischia di non essere comunque fermato. Ed è questo il messaggio che i colleghi esteri stanno facendo passare: anche in caso l'intero management venga giudicato colpevole, non è detto che comportamenti criminali verranno estirpati del tutto e la protesta è incentrata proprio a porre fine a tutto ciò. Una sorta di "avviso", per qualsiasi altro team di sviluppo, publisher o realtà nell'industria dei videogiochi venga colta sul fatto.

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