Assassin's Creed, i migliori 5 capitoli della serie

Assassin's Creed è una serie molto amata. L'annuncio di Assassin's Creed Valhalla è stato l'occasione per stilare la classifica dei migliori 5 capitoli.

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a cura di Martina Fargnoli

Editor

La saga di Assassin’s Creed è sempre un tema caldo di cui dibattere e terreno di scontro tra gli appassionati. Come in una moderna lotta tra templari e assassini, gli schieramenti si dividono tra gli strenui difensori di un mondo pre-Origins e un’altra frangia che invece ha di buon grado accettato i cambiamenti apportati al franchise. La serie nata nel 2007 ha più di 10 anni alle spalle, anni che è impensabile non leggere anche alla luce delle evoluzioni e delle tendenze che hanno attraversato tutto il mercato dei videogiochi. Una serie che resta immutata e uguale a sé stessa del resto non è meno bersaglio di critiche di una che prova a rivoluzionare le sue caratteristiche fondanti. Con l’avvento di Assassin’s Creed Valhalla è arrivato il momento per la redazione di GameDivision di stilare una top 5 di quelli che, secondo noi, sono i capitoli migliori.

Assassin's Creed 2

Chiedete a chiunque di Assassin’s Creed, anche a un giocatore meno ferrato su ogni aspetto della saga, e sentirete pronunciare queste parole: Assassin’s Creed 2 è il capitolo migliore. Di fronte a questa affermazione abbiamo in realtà ben poco da obiettare. AC2 ebbe il merito di rendere popolare un videogioco che al lancio nel 2007 - con il primo capitolo - non ricevette unanimi consensi né dalla stampa né dal pubblico come diversamente atteso. Assassin's Creed II corresse gran parte di ciò che nel primo gioco non funzionava a dovere rendendo azione e storia molto più coinvolgenti e appassionanti. La natura open world del titolo è molto simile: si corre sui tetti, si scalano imponenti strutture e si assassinano figure chiave, ma il tutto avviene in modo meno macchinoso e con maggiori possibilità sul fronte del gameplay. L’ingegno di Leonardo da Vinci accompagna questi miglioramenti in gioco fornendo quasi metaforicamente il passaggio dalle imperfezioni del primo capitolo agli aggiustamenti del secondo quando porge a Ezio Auditore una nuova lama celata, in continuità con quella di Altair ma al tempo stesso perfezionata.

L’intreccio presente e passato è mantenuto intatto anche in questo capitolo, riprendendo esattamente da dove si erano sciolte le fila con Desmond Miles, personaggio centrale per lo svolgersi degli eventi ma offuscato sempre dalle gesta sicuramente più avventurose di un lontano discendente. La figura di Ezio Auditore da Firenze non è quella di Altaïr Ibn-La'Ahad, cresciuto e addestrato fin da bambino dalla Confraternita. Ezio è un donnaiolo, attaccabrighe, amante dei piaceri della vita, ma legato fortemente alla famiglia. È una figura fin da subito spensierata, estranea all’Ordine, che diverte e può anche far storcere il naso a qualcuno: non è né un santo né un modello, ed è giusto così. Quello che si impara a conoscere è l’uomo sotto al cappuccio e ci si sente più legati, poi gli eventi prendono una diversa piega e si viene trascinati in una storia di vendetta su uno sfondo incantevole come l’Italia rinascimentale e con una colonna sonora memorabile e mai invadente.

Nel corso degli anni le ambientazioni ricreate dai team in forze a Ubisoft sono state incredibili, hanno raggiunto grandezze e dettagli da lasciare col fiato sospeso che oggi quasi diamo per scontato cosa aspettarci da un nuovo Assassin’s Creed, ma quando nel 2009 uscì ACII il metro di paragone era la Gerusalemme durante la Terza Crociata. Lo stacco fu netto: il periodo storico e le città di Firenze e Venezia offrivano scenari più vivi e raggianti. L’architettura si fondeva con naturalezza con le meccaniche parkour: salti e nuotate tra i canali, le passeggiate a Santa Croce, le arrampicate a tu per tu con il meraviglioso campanile di Giotto. Sarà che l’Italia è la nostra terra e dovremmo essere orgogliosi della bellezza e della storia del nostro Paese, anche quando ce ne dimentichiamo ed è un videogioco a ricordarcelo.

Assassin's Creed Origins

Alla serie di Assassin’s Creed serviva una sferzata importante dopo 9 capitoli. Da un gioco che aveva in passato dimostrato di avere ambizione e carattere per evolversi e migliorare, errori, passi falsi dettati dal ritmo incalzante dello sviluppo e poca spinta innovativa non sembravano appartenergli veramente. Il genere open world è cambiato molto dalle sue origini, la stessa Ubisoft ha contribuito significativamente al suo sviluppo anche con altri franchise, ma con l’affacciarsi di ibridi rpg, su più larga scala e maggiori libertà di ingaggio, Assassin’s Creed ne risultava battuto, soprattutto se consideriamo quanto limitata fosse la progressione in Syndicate rispetto ad altri giochi. So che c’è chi obietterà dicendo che il fulcro di Assassin’s Creed è la storia che è stata scritta per quel determinato personaggio e non come attraverso un certo pretesto narrativo una persona decida di muoversi prendendosi le sue ampie libertà, ma la trovo una visione troppo semplicistica di ciò che un gioco come Assassin’s Creed incarnava e un freno alle potenzialità che avrebbe potuto esprimere. Origins ha rappresentato un salto della fede, un tuffo dalla cima fino a quel momento raggiunta per atterrare e ripartire con una nuova visione.

Una visione tuttavia ben consapevole dei trend e del mercato, ma rompere con il passato non è mai facile. Per farlo AC Origins è dovuto partire da lontano, da ben prima che Assassini e Templari riempissero le pagine della storia. L’Egitto tolemaico diventa teatro dello scontro tra L'Ordine degli Antichi e il neonato ordine della Confraternita degli Occulti, di cui Bayek e Aya sono i punti guida. Qui, a differenza dei precedenti capitoli, la struttura ricalca quella di un action-rpg in terza persona con la possibilità ancora una volta di eseguire attacchi stealth, contando però su un sistema di combattimento più ampio a patto che il proprio livello consenta di affrontare i nemici nel giusto modo. Sicuramente un sistema rivedibile ed espandibile, ma un atto dovuto per ridare linfa a uno degli elementi di gioco che più iniziava a sentire il peso degli anni. Con una varietà di armi maggiore, un vero e proprio sistema di hitbox e la meccanica dell’adrenalina, i combattimenti diventavano più stimolanti e meno meccanici.

Protagonista al pari di Bayek (forse anche più memorabile) è l’Egitto che si estende davanti ai nostri occhi a mano a mano che ne esploriamo ogni centimetro, anche quelli più nascosti delle tombe. Le classiche “torri” da scalare per guadagnare visione dell’area di gioco perdono parzialmente la loro funzione – servono ora per migliorare la percezione dell’aquila Senu – e si trasformano in un’occasione unica per ammirare il paesaggio da una posizione privilegiata, prendere fiato e ributtarsi di nuovo nella mischia o in una tempesta di sabbia. Nessun caricamento ci separa dalla prossima meraviglia e la stessa struttura delle missioni non è totalmente vincolante e può essere perseguita a piacimento la propria strada senza perdere la sincronizzazione.

Assassin's Creed IV Black Flag

Assassin’s Creed IV Black Flag è uno dei capitoli più apprezzati e uno dei capitoli che prima dell’avvento di Origins poteva considerarsi una delle visioni più proiettate verso il futuro. Un titolo che espandeva quasi sotto ogni aspetto ciò che fino a quel momento aveva rappresentato Assassin’s Creed. C’erano in nuce tutti i primi segni di una maggiore apertura dell’open world, ma soprattutto la voglia di raccontare una storia e un punto di vista diversi che uscissero fuori dai soliti canoni Assassini vs. Templari. Una delle caratteristiche più vincenti del gioco fu anche la sua capacità di distinguersi offrendo quasi due esperienze complementari al suo interno, parliamo ovviamente delle battaglie navali divenute parte centrale dell’esperienza rispetto a quanto proposto in Assassin’s Creed III. Se poi prendiamo quel concetto di libertà come forma per sottrarsi dal giogo dei potenti che si ritrova spesso nella saga, AC IV è grande perché ci offre un altro tipo di libertà, quella personale di scegliere una vita in viaggio all’avventura durante l’età dell’oro della pirateria.

C’è qualcosa di molto liberatorio nello spiegare le vele, salpare verso l’ignoto, intravedere una nuova terra in lontananza e tuffarsi nell’azzurro cristallino del mare caraibico per esplorarne le profondità. Assassin’s Creed Black Flag fonde perfettamente con senso di continuità il gameplay a piedi con quello marittimo. Protagonista insieme a Edward Kenway è allora anche Jackdaw, il Brigantino rubato agli spagnoli che lo avevano imprigionato. Le nuove e ampliate meccaniche di navigazione includono anche il crafting e il potenziamento della nave per migliorarne armi, scafo, la velocità, capacità di carico, dell'equipaggio e l'ingiustamente preso di mira equipaggiamento per la caccia alle balene, del resto Assassin’s Creed ha cercato sempre di mantenere un certo grado di fedeltà verso la storia. Il forte focus sulle battaglie navali, comunque a tema con il contesto, ha attirato però anche qualche critica sull’impiego di questa meccanica a discapito di altre magari in passato più centrali nella serie. Una critica che forse troppo aspramente ha definito Black Flag come l'Asasssin’s Creed meno Assassin’s Creed fino a quel momento.

L’annuncio di Assassin’s Creed Valhalla ha riacceso l’interesse sulla navigazione e molti dei dettagli forniti da Ubisoft sul periodo e i combattimenti hanno richiamato alla mente Back Flag, il cui sviluppo era guidato sempre da Ubisoft Montréal. La stessa capacità di Eivor di impugnare due armi dello stesso tipo contemporaneamente fu una delle possibilità del combat system del capitolo piratesco, tuttavia come evidenziato per Origins, gli scontri in AC iniziavano ad aver perso lo smalto e quello di Black Flag non è certamente il biglietto da visita migliore. È quella libertà a cui abbiamo fatto riferimento all’inizio dell’articolo però il più grande traguardo del gioco. I contesti urbani iniziavano a essere stretti, scatole in cui essere intrappolati, e se anche Black Flag non ha dato vita a una vera e propria rivoluzione, la scintilla è sicuramente partita da qui.

Assassin's Creed Unity

Assassin’s Creed Unity è uno di quei giochi che siamo convinti molti giocatori non inserirebbero mai in una classifica dei migliori 5 Assassin’s Creed. Il lancio fu piagato da problemi di natura tecnica e bug, a dimostrazione comunque di un lancio prematuro e di una tabella di marcia stringente basata su un capitolo all’anno. Molti altri giochi presentavano bug e glitch, ma la ferocia nell’attaccarne i limiti non fu la stessa riservata a Unity che sotto a tutte le incertezze nascondeva comunque una bellezza incredibile e delle idee multigiocatore che non abbiamo più visto approfondire dalla saga. Rigiocato successivamente, a causa dell’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre-Dame, ne abbiamo potuto apprezzare patch e aggiornamenti correttivi. Se non lo avete mai giocato, potreste oggi dargli una chance.

Assassin’s Creed Unity merita senza dubbio per la realizzazione del suo contesto urbano, uno tra gli ultimi realizzati prima della “nuova saga di Layla Hassan” e uno dei primi interamente sviluppato per l’attuale generazione di console. La Parigi del XVIII secolo, in pieno fermento da Rivoluzione Francese, è affascinante e pulsante di vita. Oggi si parla tanto di NPC con le proprie routine comportamentali che arricchiscono i capitoli più recenti per far sembrare l’ampio mondo di gioco ricco, Unity riuscì a popolare le strade di Parigi con una densità che sembrava credibile. Parigi non è soltanto bella da vedersi, ma funzionale al nuovo gameplay che rende il parkour e il free roaming più spigliato e fluido. Arno è agile e leggiadro nella maggior parte dei casi quando i controlli rispondono, sembra toccare quasi in punta di piedi i punti di appoggio: una sensazione che non è stata più replicata.

Assassin's Creed Unity è in tutto e per tutto un gioco a giocatore singolo, ma la serie provò anche a sperimentare con la modalità co-operativa. Prima di quel momento, il multiplayer di Assassin’s Creed era sempre stato PvP, ma Unity dava la possibilità di giocare alcune specifiche missioni anche in 2 giocatori fino a un massimo di 4. L’idea di una modalità co-operativa è svanita poi nel nulla dopo l’episodio francese, tuttavia nonostante le difficoltà tecniche a cui si poteva andare incontro, Unity si presentava come l’occasione per giocare finalmente insieme agli amici collaborando verso un obiettivo comune. Vivere più da vicino le dinamiche strategiche di un gruppo di assassini era un sogno che per molti si realizzava, malgrado la durata effimera di questo esperimento.

Assassin's Creed

Il primo Assassin's Creed era lontano dalla perfezione: le missioni erano ripetitive, il sistema di combattimento limitato e quello di movimento non era del tutto fluido e scorrevole, eppure senza di esso oggi non saremmo qui a parlarne. Abbiamo scelto una quinta posizione simbolica per il valore storico riconosciuto al capitolo del 2007. Assassin's Creed ci aveva regalato una speranza, quella di viaggiare nella storia in epoche lontane, vivendo attraverso una simulazione il punto di vista di due fazioni in lotta in una guerra segreta, mentre ideali nobili si confondevano e scambiavano con gli interessi personali e i tradimenti capovolgevano le prospettive. La contraddizione di un credo e delle azioni dei suoi protagonisti, un mondo nascosto da svelare ricostruendo sequenze di DNA con una tecnologia portentosa che legava passato e presente con avvincenti premesse. "Niente è reale, tutto è lecito", basta questa frase per capire quanto sia stato capace di radicarsi nell’immaginario di tantissimi giocatori.

Parlando di antenati e discendenze, Assassin’s Creed condivide parte del suo DNA con un altro protagonista di un’epoca dei videogiochi che pare ormai lontana: Prince of Persia, il quale nelle sabbie del tempo sembra esserci rimasto intrappolato. Patrice Désilets ebbe questo desiderio di lavorare sul franchise del Principe di Persia, un’operazione che riuscì e coinvolse anche Jordan Mechner. Il successo portò ad altri giochi della serie, ma nel futuro di Desilets c’erano progetti più grandi: unendo concetti alla base di Prince of Persia e Splinter Cell alla storia, prese forma un nuovo tipo di gioco in cui a sorprendenti gesta acrobatiche in un ambiente aperto si mescolavano combattimenti letali e spostamenti silenziosi. L’ispirazione arrivò dal Medio Oriente e da un ordine di assassini dell'undicesimo secolo i cui membri erano chiamati hashīshiyyūn. Non fare del male agli innocenti ed eseguire pubblicamente tutti gli obiettivi per infondere paura erano le regole seguite da questa formazione. Con l’aiuto e l’esperienza di Jade Raymond a bordo, il titolo iniziò sempre più a prendere la forma che abbiamo imparato a conoscere. Nonostante i difetti il gioco piacque e per una nuova IP i risultati economici furono incoraggianti. Oggi Assassin’s Creed è tra i videogiochi più conosciuti e apprezzati di sempre.

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