Atelier Lulua: The Scion of Arland Recensione

Atelier Lulua: The Scion of Arland è il quarto capitolo della saga di Arland del marchio Gust e Koei Tecmo, narrante le vicende della figlia di Rorona.

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a cura di Alessandro Palladino

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Il mondo dell’alchimia si allarga ancora una volta grazie a Atelier Lulua: The Scion of Arland, il nuovo gioco di Gust e pubblicato da Koei Tecmo. Per quanto il recente Nelke & The Legendary Alchemists abbia portato una ventata di novità nella formula dello storico marchio, questa volta torniamo all’anima del passato grazie alla continuazione della saga di Arland, di cui Lulua rappresenta il quarto capitolo.

Se da una parte nella scorsa recensione parlavamo di una spinta al futuro, il ritorno ad Arland potrebbe apparentemente sembrare un passo indietro, ma in realtà forse è il perfetto equilibrio temporale di cui la saga aveva bisogno, a discapito degli anni reali e virtuali passati.

L’eredità di Lulua

Scansandosi di netto dalla serie di Mysterious, Atelier Lulua si basa sul tema del “retaggio” e di ciò che gli alchimisti del passato sono stati in grado di ereditare alla loro epoca. Non a caso, Elmerulia Frixell –o Lulua in breve – non è altro che la figlia della famosa Rorona di cui abbiamo vestito i panni nel primo capitolo di Arland. Lasciata a vivere con un’insegnante nelle campagne vicine alla capitale, ha affinato la sua alchimia nel tentativo di raggiungere l’abilità della madre, ormai al servizio del paese come eminenza dello stato.

Come spesso accade nella serie, la crescita della protagonista è il centro focale del tono della narrazione intorno al quale ruotano una marea di personaggi vecchi e nuovi. In questo caso tale caratteristica è ancora più accentuata dal fatto che alle spalle del nuovo capitolo ci sono ben altri tre giochi collegati, quindi un insieme piuttosto importante da cui poter prendere personaggi e storie da trasporre.

E così, dato che Rorona è troppo impegnata per badare alla burocrazia, Lulua si troverà a dover rinnovare la licenza del suo Atelier e a viaggiare per il mondo nel tentativo di aiutare la madre, oltre che scoprire di più sul misterioso libro che le è letteralmente piovuto sulla testa. L’Alchemyriddle, il tomo in questione, è leggibile solamente da lei e si illuminerà ogni volta che la fanciulla sarà in difficoltà. Come è intuibile, le pagine da scoprire faranno da metro per i nostri progressi nei vari capitoli, un po’ come avveniva in Atelier Sophie. Dietro c’è un mistero lasciato tale per lo svolgimento della trama e la verità che esso cela sarà importante sia per la crescita di Lulua che per lo stesso continente da lei calcato, portando infine alla conclusione della trama.

Nonostante un palese sottofondo più cupo e serioso, la narrazione segue la ormai tradizionale leggerezza della serie Atelier, trasformando le vicende di Lulua in una rilassante passeggiata nel ricco mondo fittizio di Arland. Siparietti comici, scorci colorati e forti legami d’amicizia sono gli ingredienti perfetti per l’alchimia della storia, una formula che migliora sensibilmente il feeling a cui siamo sempre più abituati. A supportare lo scorrere dei dialoghi c’è un ritmo più sostenuto e allo stesso tempo privo delle limitazioni o dell’urgenza che le precedenti produzioni ci avevano proposto, lasciando al giocatore il tempo di respirare l’aria nelle ambientazioni costruite.

Atelier Lulua è indubbiamente uno dei capitoli di Atelier più piacevoli da vivere e ha anche una scrittura che riesce a esaltarne i punti chiave, evitando quel tentativo di omologazione alla concorrenza visto nella trilogia Mysterious. Fondendo la novità con i cardini della tradizione, l’esperienza risultante è una forte sottolineatura dell’anima storica di Atelier in tutte le sue forme, apparentemente data per scontata fino all’avvento di Lulua.

Tradizione della lotta alchemica

Il gameplay è logicamente derivante dalla vecchia struttura dei classici, sebbene inglobi la dinamicità della trilogia Mysterious. Il mondo di gioco si divide infatti in aree da esplorare liberamente in un vibrante open world ricco di interazioni. Come al solito ci recheremo nei vari luoghi per raccogliere materiali per le nostre sintesi e lottare contro i mostri che infestano i dintorni delle città. Più ci si allontana dalle mura delle zone sicure, più i mostri saranno più forti e minacciosi. Una difficoltà evidente che propone una sfida ben più impegnativa rispetto ai precedenti capitoli, sebbene ben bilanciata da un sistema di crafting molto più semplice, accessibile e facilmente utilizzabile in battaglia grazie al sistema delle Interruzioni.

È difficile pensare agli elementi del gameplay di Atelier Lulua come indipendenti: ogni piccola sfaccettatura dell’apparato ludico è infatti estremamente interconnessa. Il sistema di combattimento è strutturato in modo che le abilità e le statistiche non possano vincere da sole le varie battaglie, lasciando l’utilizzo dell’alchimia in un angolo. Piuttosto, ora più che mai diventa obbligatorio utilizzare gli oggetti creati nell’atelier vagone della protagonista, tanto da giustificare la presenza di una marea di oggetti utilizzabili.

Inoltre, per evitare che le azioni dei personaggi diventi solo l’abuso del comando “item”, è stato creato un sistema dinamico che interrompe la turnazione per permettere agli alchimisti di utilizzare qualsiasi decotto istantaneamente. Ciò non solo salvaguarda la profondità dei talenti dei personaggi, ma velocizza il ritmo della lotta e amplifica la struttura strategica.

Fuori dalla guerra ai mostri, Atelier Lulua è un paradiso incontaminato dedicato alla creazione di oggetti e alle scampagnate in terre fatate. Dite addio alla strettezza dei limiti temporali e indugiate nelle varie aree quanto volete: i giorni scorrono ma non avranno un impatto significativo sulla vostra gestione del tempo, dandovi il tempo di tirare diversi sospiri di sollievo. Non vi sorprenderà quindi vedere una discreta vastità di zone e biomi, insieme a una lunga serie di interazioni con i personaggi comprimari che si traslano in potenziamenti nelle battaglie.

Anche le città sono HUB ben congeniati, soprattutto perché i vari negozi rappresentano uno snodo interattivo importante e il loro utilizzo frequente apre le porte a potenziamenti o piccole storie narrative legate ai loro proprietari. Tutte falde di una grande tela completamente connessa e che difficilmente si trova a spezzare la fruizione dell’esperienza in un’eccessiva ripetitività o tediando troppo il giocatore con formule e materiali da creazione. L’accessibilità maggiore è forse l’elemento più encomiabile di Atelier Lulua, il quale si pone come il capitolo della saga quasi perfetto per chiunque non vi ci sia mai approcciato prima d’ora.

Gli sgargianti colori di Atelier Lulua

I veterani potranno altresì apprezzare la sottigliezza dei cambiamenti apportati al motore grafico di Gust, ormai rodato negli anni. Le basi dell’estetica rimangono esattamente come le abbiamo viste in questa generazione: modelli e ambienti abbastanza semplici con design dettagliati per il vestiario ed eccellenti disegni dalla forte impronta autoriale. Lulua porta con sé una maggiore rifinitura negli effetti di luce e nella profondità di campo, oltre una saturazione maggiormente calcata nelle colorate palette di Arland.

Per quanto ci siano evidenti passi avanti rispetto alla precedente trilogia, ancora una volta è impossibile non notare i segni di una tecnicalità che ormai ha ben passato il suo tempo, perfino all’interno dello specchio dei titoli di derivazione animata giapponese. Al di là degli sforzi considerevoli e apprezzati, le animazioni rimangono troppo legnose e l’espressività ridotta all’osso.

Allo stesso modo, la musica sembra poco ispirata per questo capitolo, tanto da calcare eccessivamente su dei discutibili flauti per molte delle composizioni della colonna sonora. Un passo indietro netto rispetto alla trilogia di Mysterious, la quale aveva delle musiche artisticamente ineccepibili e con molti più strumenti a disposizione. Lulua presenta innegabilmente delle tracce ottime, ma anche generiche e senza quel guizzo creativo che contraddistingue il marchio di Gust.

Anche i menù non hanno tenuto il passo con i tempi: visivamente godibili ma assolutamente scomodi e con comandi eccessivamente nascosti tra le varie sezioni. Molti meccanismi sono poco chiari, come l’inserimento degli oggetti nella barra Interruzione o la gestione del party. L’HUD però è abbastanza minimale e fornisce tutte le indicazioni utili per gli alchimisti in erba.