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Pro
- Ottime migliorie al comparto tecnico
- Rimane un JRPG invecchiato benissimo
- Il sistema Brave/Default è sempre una garanzia
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Contro
- Si poteva fare di più in termini di Quality of Life
- I minigiochi inediti sono davvero bruttini e obbligare a giocarli è un crimine.
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto

Bravely Default HD Remastered
Square Enix, così come tantissime altre aziende, ha mostrato di voler salire prepotentemente sul treno di Switch 2, fin dal reveal dello scorso 2 aprile. Quello che, però, ha sorpreso un po’ tutti è stata la decisione di affiancare il lancio della nuova console non con il tanto atteso, almeno per i giocatori “only Switch”, Final Fantasy VII Remake ma con una produzione molto più cara agli utenti Nintendo di vecchia data, ovvero Bravely Default: Flying Fairy HD Remaster, la versione riveduta e corretta del primo, celebre, titolo di una delle saghe di JRPG più apprezzate negli anni del 3DS e che, dall’oramai lontano 2012, era ad appannaggio solo dei possessori di un Nintendo 3DS.
Di acqua sotto i ponti, in tutti questi anni, ne è passata molta e sia la saga, che il pubblico, sono cambiati parecchio, motivo per il quale, questa peculiare decisione, mi ha portato a voler capire quanto abbia ancora da dire, al publico odierno, questo JRPG così tanto osannato da pubblico, critica, e dal sottoscritto, quattordici anni fa.
Un JRPG d'altri tempi
Quello che rese un successo Bravely Default, fu proprio la sua voglia di rappresentare un’epoca oramai passata: character design in stile “chibi”, una storia con delle enormi citazioni al primo Final Fantasy, delle scelte narrative controverse per i tempi, dei personaggi ben caratterizzati, e per certi versi esasperati, e soprattutto, l’essere figlio di un’epoca (quella di DS e 3DS) dove l’enorme bacino di utenza delle portatili di Nintendo, unito a dei costi di sviluppo decisamente più contenuti rispetto a quelli delle produzioni casalinghe, permetteva agli sviluppatori si sperimentare, di proporre idee e di “rischiare” con meno timore di finire “zampe all’aria” in caso di insuccesso.
Il tutto ha reso il primo Bravely Default, così come questa rimasterizzazione a cura di Castle Call, un JRPG tanto conservativo quanto al passo coi tempi. Nella trama tutto funziona a dovere, dall’autoironia, ai momenti tragici, fino al peculiare ultimo atto che sono certo farà discutere oggi come allora. Sul versante del gameplay posso dirvi che sì, tutto è leggermente invecchiato, ma non si percepisce coì tanto il peso dei 14 anni passati dal suo esordio. Ovviamente se avete avuto modo di giocare solo a Bravely Default II (che tutt’ora mi sembra più un soft remoto della serie che un vero e proprio sequel), il numero minore di classi disponibili, la ridotta varietà di approcci e tutti quegli aspetti che contraddistinguono il primo capitolo di una saga, potrebbero sembrarvi un importante “passo indietro”, ma basteranno una manciata di ore per farvi comprendere quanto, sia in termini narrativi che per quanto riguarda la direzione artistica, ci si trovi di fronte al miglior capitolo della saga senza se e senza ma.
Due parole sulla colonna sonora
La colonna sonora del primo Bravely Default è stata composta da Revo, dell'orchestra giapponese Sound Horizon, (vi consiglio di ascoltarla se non ne avete mai avuto l’occasione e vi piace il rock sinfonico) e per quanto io sia un divoratore di colonne sonore, e dal 2012 a oggi ne abbia ascoltata giusto qualcuna, anche se non foste interessati a Bravely default, il mo consiglio è quello di andare comunque ad ascoltarvela il prima possibile… sono certo che più di una traccia prenderà un posto fisso nella vostra playlist.
Il sistema di Brave/Default, rimane ancora oggi una meccanica di gameplay incredibilmente fresca per il genere dei JRPG a turni. In pratica se uno dei personaggi del vostro party, o uno dei vostri avversari, seleziona la voce “Default”, verrà messo in difesa, non potrà compiere azioni ma il suo turno verrà conservato. “Brave”, invece, permetterà di scaricare tutti i turni conservati fino a quel momento, permettendo di compiere un numero di azioni maggiori durante quel turno. Letta così potrebbe sembrarvi una caratteristica interessante, ma all’atto pratico trasforma completamente il concetto di RPG a turni, fornendo a Bravely Default uno strato aggiuntivo di strategia che andrà appreso a dovere per poter ottenere dei risultati concreti durante gli scontri.
Inizialmente, infatti, per quanto gli amanti dei JRPG si sentiranno a casa, è indubbio che Bravely Default risulti ostico fino a che non si comincia a sfruttare correttamente il sistema di Brave/Default, comprendendo quanto giocare in difesa e, soprattutto, quando sfruttare i turni accumulati per volgere le sorti degli scontri a proprio favore. Il punto focale del combattimento System, difatti, non è tanto il poter sfruttare attivamente i questa meccanica, ma il fatto che anche i nemici potranno usufruirne, creando delle costanti situazioni di “stallo alla messicana” indubbiamente coinvolgenti e invecchiate benissimo.
Rimane comunque un JRPG votato all’accessibilità (grazie al livello di difficoltà selezionabile) e che favorisce, come da tradizione, i giocatori votati al “grind”, visto che livellando a dovere si può, letteralmente, rompere il gioco.
Una remastered rispettosa
Al netto del fatto che si tratti di un titolo del 2012, e che il lavoro svolto da Castle Call poteva tranquillamente stare tutto dentro una scheda di Nintendo Switch 2 senza dover appoggiarsi al sistema di Game Key Card, è indubbio che il lavoro svolto dagli sviluppatori sia stato davvero rispettoso del materiale originale, proponendo un titolo che riesce a risultare moderno dove serve, senza andare a stravolgere né la direzione artistica della saga, né quelle atmosfere tipiche di quella generazione videoludica.
Le modifiche maggiori sono evidenti nella risoluzione aumentata (per abbracciare al meglio sia il display di Switch 2 che i monitor per uso domestico), nelle performance migliorate, in una Quality of Life meno “anziana” (ora si possono salvare i loadout e velocizzare l’azione di gioco) e, soprattutto, nel riadattamento per un singolo schermo di un’esperienza che, originariamente, ne richiedeva due. Tutte migliorie fatte con la dovuta cura e che non fanno mai rimpiangere le peculiarità del titolo originale.
Quello che, invece, mi ha convinto di meno sono il riadattamento della modalità legata allo Streetpass presente su Nintendo 3DS (che ora risulta ancora meno interessante dell’originale) e i contenuti extra totalmente trascurabili.
Si tratta, infatti, di due minigiochi che sfruttano il mouse di Nintendo Switch 2 (uno è un Rythm Game e l’altro un arcade ambientato su una nave da crociera) e che sembrano essere più una vetrina per le nuove funzioni della console di Nintendo che dei contenuti aggiuntivi veri e propri. Il mordente di entrambi si esaurisce in pochi minuti e il loro destino sarebbe quello di rimanere li a “fare la polvere”, come tanti altri contenuti extra inclusi nelle varie remastered uscite nel corso degli anni, se non fosse che dietro al completamento di questi minigiochi è vincolato l’ottenimento di alcuni contenuti per il gioco principale davvero interessanti (come gli oggetti per ridurre o aumentare gli scontri casuali per esempio), motivo per il quale quest imposizione nel dover giocare dei contenuti davvero poco godibili sulla distanza, risulta più come un difetto che come un valore aggiunto di questa edizione.