C’era una volta... Metroid (1986-2021)

Prima di tuffarci su Metroid Dread ripercorriamo assieme la storia di Samus Aran, dalla sua coraggiosa genesi fino alla consacrazione a icona videoludica.

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a cura di Pietro Spina

Sembra strano trovarsi a scriverlo dopo tutta questa attesa, e forse risulta ancora più bizzarro leggerlo senza conoscere il passato, ma manca davvero pochissimo all’uscita del quinto capitolo numerato della serie Metroid. Rimasto finora intrappolato in un limbo di dubbi, totali reboot e cambi di sviluppatori, Metroid Dread è pronto a raggiungere scaffali e store digitali questo venerdì, segnando (finalmente) il ritorno di Samus Aran a 19 anni di distanza dagli eventi di Metroid Fusion, ultimo capitolo del franchise per quel che concerne l’ordine cronologico della narrazione.

In questi 19 anni non solo abbiamo vissuto cambi generazionali, ma abbiamo anche imparato a conoscere Samus Aran attraverso frammenti del suo passato di cui era difficile trovare traccia nelle sue precedenti avventure: nel 2002 (stesso anno della release di Metroid Fusion), la serie Metroid Prime ha infatti preso una costola del franchise per creare una nuova immagine, più appetibile al pubblico e capace di trasportarne le storie nell’era moderna. Un successo clamoroso quello vissuto su Nintendo Gamecube che, pur essendo scemato nel tempo dal punto di vista meramente commerciale, è riuscito a forgiare tutta una serie di nuovi appassionati il cui imprinting li portava a vedere nel modello “Prime” il paradigma di riferimento.

Ma la storia racconta altro. Sebbene il microcosmo costruito su Phazon, Dark Samus e i micidiali cacciatori necessiti il prima possibile di trovare nuovo sfogo in Metroid Prime 4 (Sylux, ti teniamo d’occhio), è inevitabilmente in mano alla serie 2D il compito di portare nel futuro un universo creato nel lontano 1986. Un universo che nacque da un'ambizione enorme che diede il via a una storia che è sopravvissuta a trentacinque anni di mutazioni del panorama videoludico. Una storia che non potremmo raccontarvi, se non cominciando nel più tradizionale dei modi…

C’era una volta una coppia di giovanissimi sviluppatori che provarono a mettere in discussione ciò che aveva reso grande Super Mario Bros. L’obiettivo era creare qualcosa di totalmente divergente, ma a suo modo complementare, che permettesse al giocatore di attaccare i nemici senza temerli, di muoversi evitando di pattinare come il buffo idraulico e aggiungere l’esplorazione della verticalità.

Uno dei due era Hiroji Kiyotake, talentuoso graphic designer a cui dobbiamo la creazione di Samus Aran (e di Wario, cosa da non sottovalutare) ma che al tempo aveva alle spalle solo l’esperienza legata ai Game & Watch: a causa della poca familiarità con la programmazione, incontrò diverse difficoltà nel gestire in proprio lavoro in funzione delle limitazioni di memoria di cartucce e console.

Kyotake era parte del team Nintendo R&D1 facente capo al leggendario Gunpei Yokoi, ma non ebbe supporto (oltre quello del giovane collega) per ben 10 mesi, tempo necessario perché il progetto prendesse comunque adeguata forma e attirasse l’attenzione di Yoshio Sakamoto.

Questi ne guidò il completamento a tre mesi dal lancio, coinvolgendo in breve l’intero team R&D1 nello sviluppo, riuscendo a colmare le lacune tecniche del duo e realizzando finalmente la visione originale di Metroid. Buona parte del lavoro di Kyotake lato animazioni e design venne sacrificato in questa fase, a causa dei sopracitati limiti di memoria, ma il risultato finale fu un successo e portò Sakamoto a diventare director della serie per gli anni a venire.

La fantascienza mainstream degli anni 80’ viveva di una libertà espressiva a tratti scriteriata nella sua ingenuità. Per ogni opera impegnata come Blade Runner c’erano una manciata di Robocop, Navigator o Ghostbusters: le regole erano ancora da scrivere e qualunque autore poteva volare con l’immaginazione, senza che internet lo riversasse di improperi per ogni sciocchezza.

Ma i limiti nell’espressione artistica imposti dal medium chiamato videogioco poco spazio lasciavano alla fantasia, per questo “Metroid” ci presenta una storia molto classica, fatta di creature misteriose (i Metroid, appunto), esseri malvagi che vogliono utilizzarle a scopi… malvagi (i Pirati Spaziali) e un cazzutissimo eroe: Samus Aran, la cacciatrice di taglie più temibile dello spazio la cui massiccia Power Suit arancione incute timore al solo sguardo.

Grande stupore ha destato nella Federazione Galattica (questo il nome dei presunti buoni) la scoperta dei Metroid sul pianeta SR388: questa bizzarra forma di vita era in grado di assorbire l’energia dalla materia organica e non, sfuggendo alle comuni convenzioni.

Prima ancora che gli scienziati della Federazione possano recuperarne degli esemplari per studiarne fisiologia e pericolosità, i Pirati Spaziali guidati dalla terribile IA chiamata Mother Brain ne entrano in possesso, rifugiandosi successivamente nella loro base sita sul pianeta Zebes.

Un bizzarro scherzo del destino vuole che diversi anni prima, sul pianeta K-2L, la famiglia di Samus venisse uccisa proprio dai Pirati Spaziali, al seguito del Comandante Supremo Ridley. Non solo: Zebes era il pianeta natale dei Chozo, antica razza antropomorfa dai tratti aviari che, in esplorazione sul pianeta K-2L dopo il terribile attacco, salvò la piccola Samus e la introdusse nella propria civiltà, facendola crescere come una Chozo.

La piccola venne vista da alcuni saggi visonari come la salvatrice in una profezia di sventura. Le vennero trasmessi quindi conoscenze e segreti della stirpe Chozo perché ne diventasse erede, mentre il suo corpo venne rafforzato dall’infusione del loro stesso DNA per poter meglio resistere all'atmosfera del nuovo pianeta.

E Ridley l’aspettava proprio su Zebes: si era presentata l’occasione ideale per la più classica delle vendette.

Gli eventi del primo Metroid sono tutti qui: Samus ha la meglio sui Pirati Spaziali, tra cui il gigantesco Kraid, e ottiene la sua vendetta contro Ridley. In un micidiale scontro finale, riesce a sconfiggere anche l’apparentemente inattaccabile Mother Brain, eliminando in seguito ogni Metroid sul pianeta. È tempo di tornare alla Federazione.

La chicca finale per i giocatori l’epoca era legata al tempo di completamento del gioco: i più veloci avrebbero potuto intravedere nei titoli di coda una Samus senza Power Suit o addirittura in bikini. Per tanti scoprire che Samus fosse una ragazza fu una grossa sorpresa, in quanto in nessuna parte del manuale o del gioco veniva indicato il genere del personaggio. Girl Power antesignano!

Qualcosa cambia nel 2004, quando Nintendo pubblica il remake di questo titolo col nome Metroid: Zero Mission. Pur mantenendo praticamente inalterata la storia, questa nuova versione introduce un epilogo aggiuntivo che vede Samus precipitare su Zebes immediatamente dopo la fuga dal pianeta, a causa di un attacco degli ultimi Pirati Spaziali rimasti.

Priva della sua Power Suit a causa dell’incidente, Samus sfrutta le sue abilità di infiltrazione per sfuggire ai nemici e al contempo scovare le rovine di Chozodia: all’interno la attende una prova, lasciata per lei dai saggi Chozo ormai estinti, che le permetterà di ottenere una versione potenziata della Power Suit, quella Varia Suit che l’avrebbe poi accompagnata in Metroid Prime.

Immediatamente dopo gli eventi del primo capitolo si collocano le avventure di 3D di Samus, che hanno visto la luce su Nintendo Gamecube con Metroid Prime e Metroid Prime 2: Echoes, per poi “concludersi” (con mai abbastanza virgolette) in Metroid Prime 3: Corruption su Nintendo Wii. Affronteremo la trilogia in breve, in quanto attualmente non influente sulla  serie principale. Non si offendano gli estimatori, è solo una questione di praticità: siamo convinti che Nintendo in futuro ci fornirà altre occasioni per parlarne approfonditamente.

Incentrata sulla pericolosissima fonte energetica chiamata “Phazon”, un agente radioattivo e mutante dai misteriosi poteri, la saga Prime vede Samus esplorare il passato dei Chozo su Tallon IV, affrontare il potentissimo Metroid Prime - memento dei suoi creatori, i Chozo appunto - e iniziare una battaglia contro la propria variante oscura, Dark Samus, generatasi nello stesso Phazon dopo la sconfitta del Metroid Prime, incapace di arrendersi anche in punto di morte.

Passo dopo passo si giunge alla fonte stessa di questa pericolosa energia, ovvero il pianeta Phazee. Questo corpo celeste senziente minaccia l’universo con i suoi Leviatani, meteore viventi generate dal pianeta al solo scopo di diffondere il Phazon nel cosmo per corrompere ogni forma di vita.

La grande battaglia, in cui vengono coinvolti altri cacciatori di taglie come Samus (introdotti nel 2006 in Metroid Prime: Hunters per Nintendo DS), si conclude con la sconfitta di Dark Samus e l’eliminazione totale del Phazon, ponendo dunque fine alla minaccia introdotta nel primo episodio della trilogia.Questa chiusura così netta permette di passare a Metroid 2, capitolo principale immediatamente successivo alla serie Prime, senza alcuna implicazione narrativa. A ulteriore conferma di questo, gli eventi della trilogia non trovano menzione in alcun titolo della serie 2D.

Ultima curiosità prima di proseguire: nel finale segreto di Metroid Prime: Federation Force (Nintendo 3DS, 2016), spin-off collocato dopo gli eventi di Corruption, vediamo uno dei cacciatori (Sylux) alle prese con un uovo di Metroid custodito dalla Federazione, che prontamente si schiude per via del suo intervento. Che possa essere questo l’evento scatenante di Metroid Prime 4?

Nel 1991, ben 5 anni dopo il primo capitolo, Metroid torna a farsi vedere con un episodio destinato alla prima console portatile Nintendo, il Game Boy. La nuova piattaforma aveva fame di software dedicato e al tempo stesso forniva un ottimo banco di prova per i team della casa di Kyoto. In quel periodo numerose furono le iterazioni “portatili” dei classici per NES e SNES, rimodulati in nuove avventure che potessero calzare le (limitate) potenzialità dell’hardware.

Metroid II: Return of Samus (Game Boy, 1991) era un progetto pensato in questa ottica, un’avventura dallo spirito e dalla progressione semplici, in cui il contesto narrativo andava in secondo piano per consentire alla tecnologia di stare al passo. C’era comunque la volontà di impressionare il pubblico, di stupirlo, e proprio per il lancio del titolo venne coniata la celebre catchphrase “Metoroido omoroido”, costruita sulla parola “omoroi” (divertente, entusiasmante) - alla grossa traducibile in un buffo “Metroid divertentoid”.

Rimane comunque un episodio importante, per tanti motivi: dall’introduzione della Spider Ball, fino al nuovo design della Varia Suit, studiato per sopperire alla mancanza di colori e preservato integralmente fino ai giorni nostri.

Metroid II: Returns of Samus setta nuovi standard in diversi campi, anche nei controlli. Per la prima volta infatti Samus può chinarsi e sparare, anche in aria, aumentando notevolmente agilità e capacità di gestire i nemici. La qualità degli sprite e la resa delle aree di gioco rendevano questo curioso seguito unico agli occhi del pubblico, anche per la storia: la carenza narrativa che permeava l’esperienza - piuttosto arida - veniva compensata dai suoi ultimi, sorprendenti, istanti.

Dopo gli eventi del primo Metroid (e, come sappiamo oggi, anche dopo quelli della saga Prime), la Federazione Galattica riconosce ufficialmente la pericolosità dei Metroid e decide per l’eliminazione totale della specie. Samus viene mandata dunque su SR388 per sterminarne ogni esemplare, dall’alto della sua esperienza con le creature - una versione estremamente semplificata e in solitaria di “Aliens: scontro finale”, verrebbe da dire.

Compito del giocatore è esplorare ogni area del gioco (senza una mappa, purtroppo) ed eliminare tutti i 39 Metroid presenti sul pianeta. Contrariamente a quanto visto nel primo capitolo, in questa occasione i Metroid mostrano una spiccata capacità evolutiva e affrontano Samus dopo aver abbandonato il proprio stato larvale, mostrandosi in forme sempre più aggressive e potenti: Alpha, Gamma, Zeta e Omega.

Non ci sono veri “boss” in questo gioco e gli scontri si svolgono esclusivamente contro numerose di queste varianti - fino ad arrivare faccia a faccia con una Metroid Sovrana.

Sconfitta la sovrana, Samus trova un ultimo uovo di Metroid, che improvvisamente le si schiude davanti. La creatura, come nelle più classiche scene da cartone animato, la identifica come la propria madre. La cacciatrice di taglie decide quindi di portare con sé questo ultimo esemplare, incapace di infierire su un infante ai suoi primi vagiti, e di consegnarlo ad una stazione di ricerca sulla colonia orbitante Ceres.

Nel remake del 2017, Samus Returns per Nintendo 3DS, viene aggiunto un nuovo combattimento finale: è contro Proteus Ridley, che in cerca di vendetta per ciò che è avvenuto su Tallon IV intercetta Samus proprio mentre sta per lasciare SR388 con la sua nave. Si tratta della più potente versione cibernetica del terribile Comandante dei Pirati Spaziali, un’evoluzione del Meta Ridley visto in Metroid Prime.

Lo scontro è feroce e la nostra cacciatrice di taglie riesce ad avere la meglio solo grazie al supporto della giovane larva Metroid, che sottrae l’energia di Proteus Ridley in più occasioni, permettendole di attaccare con decisione.Questa sfida extra nasce da una scelta indipendente di MercurySteam, il team iberico incaricato di sviluppare del remake: l’intento era fornire al titolo una conclusione realmente soddisfacente per il giocatore. Niente da dire in merito, sbarazzarsi di Ridley è sempre un’occasione da non farsi scappare per un cacciatore di taglie!

Altra aggiunta introdotta in Samus Returns sono le Chozo Memories, frammenti del passato Chozo su SR388. Da queste memorie si intuisce che i Metroid siano stati creati dai Chozo per diventare nemici naturali dei Parassiti X, organismi autoctoni del pianeta in grado di replicare e potenziare qualsiasi organismo vivente. A seguito dello sterminio di ogni esemplare di Metroid da parte di Samus, in coda al gioco ci viene mostrato come uno dei parassiti torni in superficie, infettando un Hornoad, Forse proprio quello che darà inizio agli eventi di Metroid Fusion.

E ancora, ma si tratta di una speculazione, nell’ultima memoria vediamo individuo che sembra proprio il terrificante Chozo armato che aggredisce Samus in Metroid Dread. Sarebbe foreshadowing fatto bene, vero?

Il processo di avvicinamento al terzo capitolo della serie porta con sé curiosi aneddoti legati a Sakamoto, il cui ruolo in Nintendo era ormai legato a doppia mandata con il franchise.Al tempo il suo capo diretto era Makoto Kano, storico designer dell’azienda (membro della sezione creativa ai tempi dei Game & Watch), che come lui aveva seguito lo sviluppo di Metroid per NES e Metroid II: Return of Samus per Game Boy.

Kano approcciò Sakamoto in concomitanza del primo anno di vita del Super Famicom per proporgli di realizzare un seguito delle avventure di Samus, ottenendo un feedback positivo ma non una conferma definitiva della messa in opera.

Caso volle che durante un viaggio di lavoro presso il quartier generale di Nintendo of America, lo staff locale avesse portato Sakamoto in un centro commerciale, presentandolo come “creatore di Metroid” in ogni negozio in cui mettessero piede. La popolarità della serie in occidente stupì il director, che tornò in Giappone ancora più convinto di avviare i lavori per la realizzazione di Metroid 3, i quali ebbero inizio nel 1991.

Secondo Sakamoto, però, le nuove tecnologie a disposizione offrivano sì grandi possibilità, ma richiedevano maggiore consapevolezza da parte dei designer per quel che concerneva le basi della programmazione: era diventato molto difficile introdurre modifiche e cambiamenti strutturali a lavori avanzati, rendendo quindi necessaria una imponente pianificazione della produzione a monte. Un cambio radicale rispetto al primo capitolo, salvato proprio dalla possibilità di stravolgerne in poco tempo un progetto che aveva già 3/4 dello sviluppo alle spalle.

Eppure secondo Gunpei Yokoi un designer non avrebbe dovuto sapere niente di programmazione o tecnica, perché altrimenti non sarebbe mai stato in grado di esplorare la sua stessa creatività, troncata sul nascere dalle proprie, limitate, conoscenze.

Purtroppo questo mantra non era più applicabile e tutto il primo anno dei 30 mesi totali richiesti dallo sviluppo fu dedicato all’apprendimento dei nuovi sistemi. Solo successivamente ci si concentrò nella realizzazione di un’opera che potesse essere “cinematografica” al punto giusto e al tempo stesso evolvesse la serie a livello ludico.

“The last Metroid is in captivity. The galaxy is at peace.”

Con queste parole ha inizio Super Metroid (SNES, 1994), sequel diretto di Metroid II: Return of Samus. Nulla lascia presagire ciò che poi sarebbe successo: poco tempo dopo aver consegnato l’ultimo esemplare di Metroid nel centro di ricerca della colonia spaziale Ceres, Samus riceve una richiesta d’aiuto dalla stazione, che richiede prontamente il suo intervento.Ridley (e chi altro poteva essere?) è finalmente riuscito a rigenerare il suo corpo originale e non ha perso occasione per assaltare Ceres allo scopo di impadronirsi della larva Metroid, sfuggitagli per un soffio nel retcon introdotto da Metroid: Return of Samus.

Samus arriva sul posto tempestivamente, ma non è in grado di impedire lo sterminio del corpo scientifico e il rapimento del piccolo Metroid. È tempo di tornare su Zebes, dove le ultime frange di Pirati Spaziali sopravvissuti hanno ricostruito la propria base. Ha così inizio un’avventura pivotale nel mondo dei videogiochi, capace di ridefinire i platform d’azione.

Super Metroid ha rappresentato un balzo clamoroso in ogni aspetto rispetto ai suoi predecessori: l’esplorazione ampia e ramificata, supportata da una mappa estremamente leggibile, era sostenuta da una caratterizzazione eccellente di Zebes, in particolare grazie alla ricchezza nella rappresentazione dei biomi e l’efficacia dell’accompagnamento musicale, strisciante, incalzante o opprimente a seconda della situazione.

L’utilizzo del Mode 7, peculiarità della console che le permetteva di gestire con semplicità scaling e rotazioni degli sprite, conferiva quel tocco di spettacolarizzazione che non si trovava altrove. Controlli ottimizzati per funzionare anche sulle diagonali, scrolling velocissimo e perfetto, numerosissimi potenziamenti da utilizzare e segreti da scovare mettendo alla prova il nostro mapping mentale: tutto realizzato, per i tempi, ad un livello qualitativo che sfiorava la perfezione.

Esprimersi su questo grado di eccellenza esigeva una reinterpretazione della definizione di “gioco alla Metroid”: platform? Azione? Avventura? Ogni termine stava stretto. E mentre Nintendo diceva la sua, un’altra casa giapponese sorprendeva i giocatori con un titolo che pochi anni dopo, a sua volta, avrebbe elevato e potenziato gli stilemi condivisi: Castlevania: Symphoy of the Night per PlayStation fu nel 1997 per la serie vampiresca di Konami un exploit paragonabile a quello di Super Metroid per la casa di Kyoto (senza nulla togliere a Super Castlevania IV).

Tale era la qualità delle due produzioni e così simili le radici (entrambe le serie condividono i natali nel 1986) che divenne necessario coniare un neologismo in grado di rendere giustizia ad entrambe. Da qui il termine “Metroidvania”, arrivato fino ai giorni come identificativo dei platform d’azione in cui abilità ai comandi, esplorazione non lineare e progressione guidata dalla crescita del protagonista si fondono armonicamente.

Super Metroid rappresenta anche una sorta di punto di arrivo per la serie. In questa avventura, mai espansa da un remake o una riedizione, Samus ripercorre quanto fatto nel primo capitolo in modo piuttosto sovrapponibile, distruggendo i Pirati Spaziali e Mother Brain per poi lasciarsi alle spalle una Zebes ormai destinata all’autodistruzione - segnando così una parola “fine” ad un intero ciclo narrativo.

L’elemento indeterminato in questa occasione è il piccolo Metroid recuperato alla fine del secondo capitolo, che cresciuto a dismisura interviene nella battaglia finale sacrificandosi per proteggere Samus e restituirle l’energia necessaria a dare il colpo di grazia alla spietata Mother Brain, armata di esoscheletro e di un potentissimo raggio plasma.

Questa volta, per davvero, la galassia era in pace? Stando alle dichiarazioni rilasciate da Dan Owsen (localizzatore americano che prestò la propria voce per il celebre messaggio iniziale del gioco) nel 1998 ai fan di Metroid Database, le cose potrebbero non essere così semplici: “Abbiamo già mentito una volta sull’ultimo Metroid in cattività e la galassia in pace, quindi chissà cosa potrebbe succedere con i Metroid in futuro?

Prima di vedere un quarto capitolo della serie Metroid non sono solo passati 7 anni, ma abbiamo vissuto un vero e proprio hiatus per il franchise intero, che saltò clamorosamente la generazione Nintendo 64 e non diede segni di vita neanche attraverso tech demo o timidi approcci di testing. Era chiaro che il team avesse bisogno di tempo e idee per mettere in piedi una produzione che riavviasse la storia di Samus - comunque conclusa, in un certo senso - e potesse rappresentare evoluzione di portata pari a quella vista con Super Metroid.

Tra la sconfitta dei pirati spaziali su Zebes e gli eventi di Metroid 4 c’è quindi un grosso vuoto narrativo, in cui Nintendo ai tempi di Wii ha provato a inserire il Team Ninja - sì, quelli di Ninja Gaiden e Dead or Alive - affinché esplorasse retroattivamente la personalità di Samus e offrisse un gameplay capace di ibridare l’azione 2D con i virtuosismi dell’esplorazione 3D vista in prime.

Il risultato fu Metroid: Other M (Wii, 2010), controverso titolo che ha commesso il fatale errore di sacrificare la precisione e la reattività del gameplay in favore di un sistema di controllo vincolato al singolo WiiMote, da impugnare come un pad del NES o puntare direttamente allo schermo a seconda della situazione. Ogni altro difetto di questo gioco (narrazione scadente/incoerente, ad esempio) scompare di fronte alla grandezza di questo peccato capitale.

Volendo comunque sintetizzare gli eventi della storia, a onor del vero quasi più canonica dell’intera serie Prime, troviamo Samus rispondere ad una richiesta d’aiuto denominata “Baby’s Cry” proveniente dalla Stazione Arca, un complesso ufficialmente abbandonato in cui invece la Federazione Galattica sta segretamente compiendo esperimenti sulle BioArmi.

Qui Samus incontra Adam Malcovich, suo ex superiore durante la carriera militare, e dovrà sventare il piano di rivolta dell’androide MB, un umanoide creato con l’impronta cerebrale di Mother Brain (una GRANDISSIMA idea, complimenti) capace di interfacciarsi e controllare le BioArmi in tutta la struttura con il solo uso della propria mente.

Dopo aver scoperto la pericolosità degli esperimenti, tra cui un clone di Ridley, l’inquietante Nightmare e il perfezionamento dei Metroid per renderli resistenti al gelo (unico punto debole della specie fino a quel momento), Adam si sacrifica per sganciare parte della stazione contenente questi abomini, lasciandosi esplodere con essa.

Tempo dopo aver sventato la minaccia di MB sull’Arca, Samus torna sul relitto di ciò che rimane della stazione per recuperare l’elmetto di Adam, affrontando Phantoon in una battaglia che causa la distruzione del complesso. Il gesto va a consolidare il rapporto di affetto della ragazza verso il suo ex-superiore, costruendo un background utile a comprendere meglio quanto accadrà in Metroid Fusion e Metroid Dread.

Nel complesso un’occasione sprecata, in quanto il potenziale di un team così capace è tangibile in diverse istanze, salvo dissolversi a causa dell’ottusità della casa di Kyoto nel perseguire l’identità “motion” anche dove non necessario.

Un titolo che viene ricordato dai più per il meme “The Baby”, costruito sulla tendenza di Samus a soffermarsi spesso sul ricordo della larva Metroid che l’aveva salvata nel terzo capitolo, ma che invece andrebbe preservato per ricostruire al meglio il suo rapporto con Adam e apprezzarlo maggiormente quando viene chiamato in causa per la prima volta durante i monologhi interiori di Metroid Fusion.

Siamo finalmente giunti all’ultimo capitolo della serie principale a livello cronologico, quel Metroid Fusion che venne pubblicato su Game Boy Adavance nel 2002 contestualmente all’esordio Metroid Prime su Nintendo Gamecube. È curioso ricordare che per quanto il team di Sakamoto fosse impegnato sul titolo portatile, l’attenzione maggiore la ricevette l’esordio dei Retro Studios - questo a causa dell’enorme aspettativa che il pubblico stava riservando per la nuova evoluzione della serie.

I fan da anni invocavano un equivalente di Super Mario 64 o The Legend of Zelda: Ocarina of Time che evolvesse il franchise, e il team texano, nonostante numerosi problemi dovuti alla scriteriata gestione di Jeffery Spangenberg e i tavolini ribaltati da Miyamoto, fu in qualche modo in grado di compiere il miracolo.

Tutti gli occhi erano puntati sulle avventure tridimensionali Samus e Metroid Fusion venne visto con occhi molto più critici del dovuto. Nonostante portasse al limite il concept di Metroid 2D costruito su sprite, con una grafica eccezionale e dei controlli perfetti, gli venne rimproverata l’eccessiva linearità e una certa brevità dell’esperienza complessiva - a quanto pare la nostalgia faceva ricordare Super Metroid sensibilmente migliore di quanto non fosse in realtà.

A livello narrativo andiamo ancora una volta a pescare il cliché in cui “qualcosa di apparentemente onestissimo va storto perché in realtà c’è dietro qualcosa di losco”, sebbene nell’occasione il retrogusto risulti gradevole grazie alla capacità degli autori Nintendo di introdurre retroattivamente, ma in modo convincente, il Parassita X nell’universo di Metroid, la cui consistenza narrativa è stata rinforzata in seconda battuta con Metroid: Samus Returns.

La compagnia biotecnologica BSL sta compiendo degli studi sulla superficie di SR388 per recuperare più informazioni possibili dagli ormai estinti - parrebbe - Metroid. Per farlo si avvale del supporto di Samus, che si reca con una loro equipe sul pianeta. Durante la perlustrazione Samus viene a contatto con una misteriosa creatura, che le invade il corpo apparentemente senza conseguenze - almeno inizialmente. Dopo aver riaccompagnato gli studiosi sulla stazione della BSL in orbita attorno a SR388, Samus ha improvvisamente un malore e si schianta su un campo di asteroidi nelle vicinanze.

Recuperata dagli scienziati della Federazione Galattica, Samus scampa miracolosamente alla morte grazie ad un vaccino creato con il DNA Metroid: il team medico ha infatti fortunatamente e tempestivamente scoperto che il Parassita X infestante il corpo di Samus era la preda naturale delle pericolosissime creazioni dei Chozo. Se ne deduce quindi che l’estinzione dei Metroid avvenuta in Metroid II: Return of Samus / Metroid: Samus Returns abbia permesso a questi organismi mutanti di tornare a vagare sulla superficie del proprio pianeta, con devastanti conseguenze per l'ecosistema dello stesso.

Ora Samus non solo è un’umana rinforzata da DNA e tecnologia Chozo, ma possiede un codice genetico simile a quello dei Metroid. D’ora in avanti non dovrà più temere il contatto con il Parassita X, potendolo letteralmente fagocitare al solo contatto, ma sarà vulnerabile alle temperature estremamente basse. Non è finita qui: gran parte della sua Power Suit è stata rimossa chirurgicamente durante l’operazione, impossibile da ripristinare, e Samus a seguito dell’intervento si ritrova a indossare una bizzarra tuta chiamata “Fusion” - privata di gran parte delle sue abilità.

Tutto è bene quel che finisce bene? Certo, non fosse che dopo avere recuperato le forze Samus venga mandata immediatamente su una stazione orbitante della BSL, a seguito di un incidente che si scoprirà essere dovuto alla fuga dei Parassiti X.

Gli organismi hanno invaso l’impianto infettando, mutando e replicando ogni forma organica presente, generando persino una copia di Samus grazie ai resti della sua Power Suit: SA-X, questo il nome che le viene assegnato, è una creatura potentissima e inquietante, che bracca la nostra protagonista per tutta l’avventura.

Per avere una chance di sopravvivere all’eventuale scontro, la nostra protagonista deve prima sconfiggere le aberrazioni mutanti che infestano la struttura, tra cui anche versioni X di Ridley e Nightmare ( le cui carcasse sono state portate sulla stazione a seguito degli eventi di Metroid: Other M), e recuperare gradualmente i propri poteri.

Ma non solo: la stazione orbitante della BSL ospita un laboratorio segreto destinato alla clonazione e riproduzione dei Metroid, imbastito partendo dal codice della larva consegnata al termine del secondo capitolo. Samus ne causa la distruzione e in seguito entra in conflitto per la prima volta con Adam, l’intelligenza artificiale che la accompagna nella missione per conto della Federazione Galattica, che rivendica invece l’importanza della preservazione della specie - secondo le direttive ricevute.

Per questo la cacciatrice viene intrappolata in attesa dell’arrivo della Federazione, per impedirle di arrecare danno ad una SA-X che nel frattempo si è riprodotta per mitosi in almeno 10 copie. Il confronto acceso tra Samus e l’IA va a risvegliare i tratti appartenenti all’originale Adam Malkovich, la cui mente era stata "backuppata" prima della morte, permettendole di scappare e perseguire il suo intento di far esplodere il complesso.

Attivata l’autodistruzione e preparato il percorso per l'evacuazione, Samus riesce finalmente ad affrontare e sconfiggere SA-X, senza però riuscire ad assorbirne il parassita. Arrivata nell'hangar, la sua fuga viene ostacolata da un potentissimo Metroid Omega, il quale la riduce facilmente in fin di vita.

Sembra finita, ma la presenza di un così potente nemico naturale riporta in scena SA-X, che viene definitivamente sconfitta dal Metroid Omega e assorbita da Samus. Ora la cacciatrice è in grado di usare il raggio gelo, arma cruciale per avere finalmente la meglio della potentissima creatura.

La stazione esplode e, per l’ennesima volta, i Metroid sono stati eliminati - così come il Parassita X. E adesso? Cosa attende la nostra Samus?

Metroid Fusion ha offerto a Samus una nuova avventura, forzando però in modo sensibile la lore del gioco - introducendo il Parassita X. Si tratta di una mossa comunque realizzata con consapevolezza, che non va ad alterare quanto scritto e narrato in precedenza, ma che abbandonata a sé stessa avrebbe potuto rappresentare semplicemente una parentesi aperta e chiusa giusto il tempo di un singolo gioco che è arrivato ben 7 anni dopo il predecessore ed è stato seguito da un silenzio assoluto per 19 anni. Una conferma di come la trama fatichi ad esprimersi al di fuori dell’eterno conflitto tra Samus e i Pirati Spaziali per il dominio sui Metroid.

Super Metroid è - permettete uno slancio - quasi un remake diretto del primo capitolo per quel che concerne svolgimento e conseguenze sulla storia, così come Metroid II: Return of Samus è stato costruito solo ed esclusivamente come incipit per il terzo capitolo, superfluo per tutto ciò che avviene prima della scena finale. Il lavoro compiuto da MercurySteam nel remake Metroid: Samus Returns diventa quindi cruciale per la sua capacità di inserire attivamente il Parassita X nella memorie Chozo, collegandolo agli ultimi giorni di quella civiltà.

Dopo questo grande ripasso, arricchito dai “retcon” introdotti con i remake, diventa evidente che l’entrata in scena del misterioso Chozo nei trailer di Metroid Dread rappresenti il vero amo per attirare i fan verso il nuovo titolo.

Certo, c’è curiosità intorno alla misteriosa comunicazione in merito alla presenza di un Parassita X sul pianeta ZDR, ma ormai abbiamo imparato come in questo franchise ogni “SOS” nasconda qualcosa in più. E quel qualcosa potrebbe essere una imponente spaccatura in tutto ciò che davamo per scontato nel passato della specie (i Chozo) da cui è scaturito tutto, anche la side-story di Metroid Prime.

Ora è tutto in mano a Sakamoto e MercurySteam: Metroid Dread ha mostrato molte delle sue carte, ma proprio per questo l’impressione è che tanto altro sia stato tenuto nascosto. La speranza è che questo ultimo capitolo che “chiuderà l’attuale storia di Samus Aran” possa diventare punto di arrivo e al tempo stesso raccordo per tutti gli elementi di una lore che, partendo da un pretesto semplicissimo, è cresciuta e si è evoluta in un universo tremendamente affascinante.

È tempo di accogliere tra noi Metroid Dread, il Metroid 5 che per 15 anni ha cercato un’identità e che l’ha finalmente trovata grazie a Nintendo Switch.