Croce Rossa e diritti umani nei giochi: non siamo stupidi

La Croce Rossa si è vista costretta a chiarire le proprie posizioni per quanto riguarda i videogiochi, dopo un'eco mediatica almeno in parte negativa. Non si tratta di forzare il rispetto delle regole nei giochi, ma di sfruttarli per farle conoscere a un pubblico più vasto.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Qualche giorno fa i dirigenti della Croce Rossa si sono riuniti per parlare di rispetto dei diritti umani nei videogiochi. L'evento ha suscitato immediatamente accese discussioni, alle quali l'organizzazione ha risposto con una pagina di FAQ (Frequently Asked Questions).

In molti hanno infatti criticato la CRI (Croce Rossa Internazionale), e in gran parte dei casi si è affermato che ci sono altri argomenti di cui occuparsi piuttosto che dei videogiochi. Come sempre accade in questi casi tuttavia c'è una sorta di divisione stagna tra il settore interessato - quello dei giochi e della tecnologia in generale - e il resto del mondo. Una situazione che certo non si risolverà con una pagina web, ma lo sforzo della CRI è apprezzabile.

Croce Rossa

"I videogiochi che simulano l'esperienza delle forze armate hanno il potenziale per incrementare la consapevolezza sulle regole (d'ingaggio). Questo è uno dei punti che interessano alla CRI. Alcuni giochi tengono già in considerazione l'addestramento dei militari sul comportamento da tenere durante i conflitti".

Non si tratterebbe quindi di mettere delle regole ai videogiochi, ma di usarli anche per uno scopo più alto oltre al puro intrattenimento. Un obiettivo difficilmente criticabile, almeno in termini assoluti. Dopotutto siamo in tanti ad aver migliorato il nostro inglese con i videogiochi, prima che cominciassero a tradurli; per non parlare delle semplici nozioni storiche e scientifiche che si possono guadagnare con Civilization. E non c'è ragione di credere che non possano servire per imparare qualcos'altro.

"Parte del mandato della CRI è la promozione del rispetto per i Diritti Umani. Considerato tale mandato e l'esperienza della CRI nei conflitti armati, lo sviluppo di questi giochi rientra chiaramente negli interessi dell'organizzazione", è sostanzialmente la risposta della Croce Rossa a chi afferma che dovrebbe occuparsi d'altro.

La Croce Rossa tuttavia è consapevole che si tratta di giochi. "Alcuni media hanno riportato che le azioni dei personaggi nei giochi potrebbero rappresentare delle serie violazioni delle leggi sui conflitti armati. È corretto? No. Solo nel mondo reale si possono compiere violazioni serie delle leggi di guerra, non nei giochi".

Quello che vorrebbe la Croce Rossa è quindi una collaborazione con i produttori di videogiochi, affinché l'obiettivo educativo divenga raggiungibile. Per la CRI in ogni caso i conflitti veri restano il punto d'interesse principale.

I videogiochi che simulano la guerra sembrano però più interessanti rispetto a film, libri e TV. Almeno secondo alcuni osservatori. In verità la Croce Rossa ha già contatti - sporadici - con produttori cinematografici e televisivi, ed è interessata ai giochi di simulazione, alcuni dei quali "sono prodotti dalle stesse società che creano le simulazioni di addestramento per gli eserciti".

Quanto all'incontro internazionale che ha sollevato la questione, la Croce Rossa ha specificato che si è trattato di un evento informale e informativo, e che non è stata presa nessuna decisione specifica.

I tanti giocatori di FPS cruenti possono quindi sentirsi rasserenati. Non c'è ancora nessuno che voglia impedire loro di massacrare civili impunemente, o di torturare un prigioniero. A qualcuno piacerebbe che anche nei giochi si ricordasse che queste azioni sono deprecabili, e che degradano e umiliano l'essere umano; ma non sia mai che si voglia fare i maestrini con chi è impegnato a fraggare.