Cyberpunk 2077: le sfumature di una città che non dorme mai

Un nostro speciale dedicato a Cyberpunk 2077, l'opera più discussa di CD Projekt RED al suo secondo anno anniversario di pubblicazione

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a cura di Nicholas Mercurio

Si dice che a Night City, chiunque abbia esplorato le strade e partecipato alla sua vita mondana, ne sia uscito migliorato e felice, e in Cyberpunk 2077 è solo l'apice. D’altronde, cosa ci si potrebbe mai aspettare da una città da esplorare, capire e affrontare, in un mondo di gioco da vivere tra sofferenze, privazioni e continui turbamenti? E cosa significa vivere davvero, all’ombra dell’Arasaka Tower, mentre tutto cambia e si trasforma, prosciugandosi e innovandosi? C’è tutto quello che potremmo desiderare, in effetti, e anche molto di più. Strade brulicanti di vita, persone con una loro routine giornaliera, negozi illuminati da led arancioni, blu e violastri, e quel tipico andirivieni di chi è di corsa perché è in ritardo per raggiungere il suo posto di lavoro. Un posto di lavoro magari in periferia, lontano dall’asfalto caldo di Pacifica, nel quartiere che ricorda la Shibuya di Persona 5, con la sola differenza che i gangster per le strade non si accontentano di rovinare la vita a qualcuno, ma intendono vedere il mondo di bruciare, augurandosi che le fiamme, una volta sparse ovunque, siano addirittura capaci di avvolgere ogni metro cubico e di prendere i quartieri e le residenze dei più sfortunati.

Se Cyberpunk: Edgerunners è riuscito a fare qualcosa, è stato trasmettere esattamente queste sensazioni. Cyberpunk 2077, pubblicato ormai due anni fa, è stata la produzione della discordia per molti, il videogioco più discusso, amato e criticato. È il videogioco che, dopo due anni, è quello che tutti si auguravano dopo un periodo passato tra alti e bassi, che tutti conoscono ed è in realtà alquanto inutile ripetere. Arrivato sugli scaffali e nelle librerie digitali dei videogiocatori, la fatica di CD Projekt RED, forte del successo di The Witcher, doveva essere il punto di arrivo per la casa sviluppatrice polacca, nonché l’opera che avrebbe fatto sentire quell’odore di next gen e di innovazione che tanti aspettano.

“Un giorno o l’altro ti porterò sulla luna”

In parte, specialmente dopo le numerose patch e il supporto post lancio per risanare i problemi, l’opera del team con sede a Varsavia è rinato di nuova luce. Un percorso travagliato, lento e complesso, che ha proiettato il giocatore in una città divisa tra il potere delle corporazioni e delle multinazionali e la povertà, che in Night City è realmente ovunque, e non solo nei suoi tanti quartieri urbano. Se si guarda meglio, è persino là dove non penseremmo affatto: dietro tutte quelle luci accecanti, in realtà, c’è la vera Night City, devastata dal potere, ridotta a un cumulo di polvere, e tenuta in piedi solo da interessi personali. Vite rovinate, vite perdute, vite che ora, a distanza di tempo, non contano nulla. Sono esistenze vuote, involucri di un passato straziante e devastante, ridotte solo a camminare per le strade della città con l’unico obiettivo di sopravvivere a un'altra giornata.

Non c’è tempo per fermarsi, non c’è tempo per guardarsi attorno e non c’è tempo per capire se qualcuno è in difficoltà, ma la verità, tremenda e ben più assordante del silenzio, è che nessuno sembra interessato a chiedere una mano. Cyberpunk 2077, per arrivare a suscitare queste sensazioni, ci ha messo due anni, e mentre le patch risistemavano una situazione sgradevole su console, invece su PC tutto andava gonfie vele. La gente si perdeva ovunque mentre seguiva le vicende di V e Johnny Silverhand, l’uomo che, nonostante il tempo, è sopravvissuto alla crudeltà e agli affarismi dell’Arasaka, riuscendo a vincere addirittura la morte.

Due anni per arrivare a questo, due anni per concretizzare una storia scritta con maturità e passione, due anni per ricordare al giocatore quanto sia importante osservare la luna e perdersi in quegli astri che Daniel e Lucy conoscono molto bene. Due anni di critiche, di un grande lavoro da parte del team polacco e di una sensibilità che, inaspettatamente, ha avuto la capacità di farci realmente capire cosa nasconda davvero quella città da mille e una notte che però, tra alti e bassi, si è fatta tanto odiare quanto amare. Se Cyberpunk 2077 fosse uscito oggi, sarebbe esattamente il videogioco che CD Projekt RED sognava da quando cominciò a gettare le basi del progetto, subito dopo la pubblicazione di The Witcher 2: Assassins of Kings. Un sogno complesso e avanguardistico che, a distanza di così tanto tempo, è riuscito però non nel modo in cui tutti si erano immaginati. Ancora tutti ricordano, inoltre, la sontuosa comparsa di Keanu Reeves e la celeberrima battuta che tutti, ora, ricordano con il sorriso. Era un periodo felice ma nessuno se lo immaginava, ed era prima della pandemia.

Era prima della pubblicazione di Cyberpunk 2077, della pubblicazione delle recensioni e delle patch gettate a profusione. Era prima della storia di Daniel e Lucy, ed era ancora quel periodo successivo alla pubblicazione di Death Stranding, in cui tutti non aspettavano altro che respirare l’aria di un genere al tempo ancora inesplorato. E nel corso degli ultimi due anni, tra una cosa e l’altra, è arrivato Cloudpunk, Ghostrunner e altre produzioni che, attingendo dalle ambientazioni futuristiche e direttamente dal genere di riferimento ripreso anche da CD Projekt RED, hanno avuto a che fare con Cyberpunk da vicino, ma non così da vicino come in tanti si aspettavano. Deus Ex ci era arrivata prima, ma Cyberpunk, sin dal suo annuncio, si proponeva come un’opera differente, curata e attenta ai dettagli.

Una cosa che, al giorno d’oggi, non è totalmente facile ottenere. Come tutti sanno, però, è un’operazione riuscita a metà, ma questa non la configura affatto come un’esperienza negativa o totalmente discutibile, quando è in realtà parzialmente criticabile sotto vari aspetti. Un videogioco rinato dalle ceneri che ora, dopo diverso tempo, è l’opera che tanti si auguravano. Non perfetta, perché nessuna opera lo è davvero. La sua storia reale, se ci pensiamo, non è poi dissimile da quella virtuale. E quanto ho vissuto, ora che ho raggiunto i titoli di coda, è magnifico come non mi sarei mai aspettato. Le luci splendono nel cielo, il silenzio è rotto dal ruggito dei motori e dalle voci delle persone. È Night City.

Una città, una speranza, un nuovo futuro

Interfacciandomi con Cyberpunk 2077 e le sue dinamiche, non sapevo esattamente cosa aspettarmi: sapevo, però, che c’era tanto da scoprire e comprendere. È stata un’esperienza durata due anni in attesa della patch next gen, e ammetto che non era il videogioco che più di tutti attendevo spasmodicamente, nonostante conoscessi CD Projekt RED dal 2007. Ultimamente, però, l’ho portato a termine e ho compreso, complice anche la serie d’animazione Netflix, cosa celasse la proverbiale Tana del Bianconiglio, affrontando realtà che, in un modo o nell’altro, ammetto che ora sono assolutamente rilevanti.

Mi riferisco, oltre all’esperienza vera e propria, alle sue tematiche. L’opera del team, traendo insegnamento da The Witcher e dalle trame scritte da Andrzej Sapkowski, ha proposto situazioni che, se esaminate con attenzione, sono ben più profonde di quanto immaginiamo. Le corporazioni, guidate da sistemi capitalisti che sfruttano il lavoro e non garantiscono una vita agevole ai più poveri, stanno sempre più devastando il pianeta, disintegrandolo. Del contesto, una volta giunto a un certo punto dell’esperienza, ho poi scoperto che il prossimo passo è lo spazio, ora una meta sicura per chiunque sia abbastanza folle da volerlo raggiungere, andando ben oltre l’infinito e le sue diramazioni. C’è un futuro che è ancora da scrivere e a cui pensare, c’è una città da salvare, anche se ormai è irrecuperabile, e c’è una politica dello sfruttamento che prosciuga le esistenze di chi non riesce ad arrivare alla fine del mese. I riferimenti di Cyberpunk: Edgerunners, similari per questioni di lore a quelli dell’esperienza di Cyberpunk 2077, catturano in modo unico le realtà al di fuori del mondo virtuale di Night City. Trattando situazioni delicate, il racconto di Daniel e Lucy è analogo a quello di V e Johnny, e il bello di Cyberpunk 2077 verte proprio sulla costruzione narrativa e la scrittura dei personaggi, delle missioni e delle situazioni che si configurano all’interno dell’esperienza, che cambia e intrattiene, lasciando senza parole.

Questo genere di approccio, oltre a essere quindi didascalico e particolareggiato, unisce il primo punto della questione: la città. Night City è immensa, con grattacieli che accarezzano le nubi e schermi al plasma che parlano del nuovo taglio all’ultimo grido di una modella succinta. È una città però libera, ma non così libera come si pensa, nonostante si possa vivere la propria sessualità con spensieratezza. La consapevolezza sessuale, un altro tema inserito nella narrazione con intelligenza e sensibilità, delinea quindi una società senza dettami, dove l’importanza è essere sé stessi. Come può questo, però, convivere con gli interessi delle multinazionali come l’Arasaka, a cui non importa la vita delle persone?

V, che si può personalizzare come meglio si preferisce, è un protagonista che può scegliere chi essere, cosa fare e come interfacciarsi con le persone a sua scelta. In tal senso, questa è la parte certamente più interessante della produzione, ma a Night City non c’è mai troppo spazio per essere sé stessi. È una società, infatti, analoga a quella reale, con le sue ipocrisie. Night City promette libertà sessuale, amore e soldi semplici e lavori ben pagati, ma chi la gestisce non pensa davvero alle persone. Mentre andavo in giro per la città, chiedendomi dove stessero andando tutti e cosa facessero nella loro vita, mi accorgevo che era già tutto prestabilito dall’inizio.

Per le strade la polizia era ovunque, incaricata di fermare eventuali cyberpsicopatici e altri personaggi di questo calibro, pronti a tutto pur di fermarli. E sì, anche di ucciderli. Night City è disseminata di posti di blocco e vecchie strade che, un tempo, erano usate da altre persone in un’epoca diversa dal 2077. E forse si amava anche diversamente e si aveva davvero paura di essere sé stessi. C’era la speranza di un futuro migliore. C’era la voglia di cambiare, c’era la voglia di lottare e c’era chi sosteneva chiunque. Era un altro periodo, forse, ma in realtà non era così diverso da quello attuale: c’era sempre il potente di turno, e l’unica cosa reale era l’amore. La Night City di oggi, tra perdizione e desiderio, è tuttavia più libera e migliore sotto diversi aspetti, eppure non è cambiato nulla: le corporazioni detengono la vita e la morte delle persone, la loro rovina e la loro gioia.

In una crudeltà sconfinata, però, si nasconde un futuro ricco di incognite, che ho scoperto avanzando nell’esperienza di gioco, esplorando ogni luogo, parlando con gli sconosciuti e avviando missioni di qualunque genere. Ho scelto chi amare, ho scelto chi aiutare e ho scelto, nel frattempo, cosa diventare. Il futuro, in Cyberpunk 2077, è il punto nevralgico dell’esperienza di gioco, perché ogni azione ha delle conseguenze e il finale può essere diverso a seconda delle scelte del giocatore. Nel corso dell’esperienza, però, si decide chi essere e chi amare, e ciò rappresenta un punto di salvezza da non sottovalutare affatto, considerando lo stile adottato per parlare del futuro in maniera diversa. Come ho accennato prima, Night City è una città complessa, difficile da contemplare e assorbire, ma è lei che cattura elementi importanti, è lei che riesce nell’impresa di offrire qualcosa di unico ed è lei, ancora una volta, a essere la reale protagonista di questo mondo.

Il presente di Cyberpunk 2077

Tra le sue strade trafficate, i suoi marciapiedi colmi di persone, i suoi negozi di ogni genere, le sue impalcature e le sue luci al neon, c’è qualcosa che nasconde storie incredibili. Quella di V, che scrive il giocatore e, soprattutto, quella di Johnny Silverhand, una tragedia romantica che, oltretutto, coinvolge personaggi, la città intera e i paradigmi di una società che cerca di essere innovativa e diversa dal passato, ma è in realtà ancora peggio, portata all’estremo e devastata. V e Johnny, due anime nello stesso corpo, sono i protagonisti incredibili che, in un modo o nell’altro, è impossibile lasciare andare via, perché sono esistenze di quella città tanto tormentata e devastata, che si ritrova a fare i conti con il suo passato, il suo presente e il suo futuro, costretta a cambiare, a migliorare e a cambiare pelle.

Johnny, d’altronde, non esisterebbe senza V, e V non esisterebbe senza Johnny. Ogni loro rapporto stretto con altre persone, infatti, racchiude le loro personalità, tra fantasmi del passato, sicurezze del presente e certezze del futuro. Se non altro, il personaggio interpretato da Keanu Reeves ricorda di non commettere mai gli stessi errori che ha compiuto. Nonostante faccia di tutto per non ammetterlo, Johnny Silverhand vuole bene a V, e tiene al suo futuro più di chiunque altro. Le sfumature di Cyberpunk 2077, giunti a questo, sono molteplici e ogni tema può solo essere approfondito facendo correlazioni tra i due protagonisti dell’opera, sebbene ce ne sia una terza. Nighy City è fascino, dannazione, paura e terrore. È morte e sangue, è solitudine e disperazione. Ma è anche meraviglia, stupore, ribellione e amore. È tutto questo perché, d’altronde, è la vera protagonista di un videogioco finalmente completo.