Le modifiche imposte al survival horror
Il sito ufficiale giapponese di Dying Light: The Beast ha confermato che la versione nipponica del gioco differisce sostanzialmente da quella internazionale. Per ottenere la classificazione Z, la più alta di CERO che vieta la vendita ai minori di 18 anni, gli sviluppatori hanno dovuto eliminare gli organi interni visibili dai modelli degli zombie e dagli oggetti della mappa. Non solo: sono stati modificati i modelli di diversi zombie femminili, rimossi i sistemi di smembramento facciale e del torso, oltre a ogni forma di nudità presente nel gioco originale.
Particolarmente insolita è la decisione di applicare queste censure anche alla versione Steam per PC, una pratica non comune considerando che i giochi per computer solitamente non necessitano dell'approvazione di CERO. Nonostante le modifiche, gli sviluppatori hanno assicurato che i giocatori giapponesi potranno continuare a giocare online con amici che utilizzano versioni internazionali non censurate.
Un pattern di censure sempre più controverso
Il caso di Dying Light: The Beast si inserisce in una tendenza ormai consolidata che ha colpito numerosi titoli di alto profilo. Quest'anno Assassin's Creed Shadows ha subito modifiche simili, con Ubisoft costretta a rimuovere la possibilità di smembrare teste e arti dei nemici e a modificare la rappresentazione delle parti corporee recise.
Le critiche più aspre sono arrivate da figure di spicco dell'industria giapponese. Suda51 e Shinji Mikami hanno espresso il loro disappunto dopo che Shadows of the Damned: Hella Remastered è stato censurato, proprio come era accaduto alla versione originale nel 2011. "Abbiamo dovuto preparare due versioni del gioco, il che rappresenta una vera sfida", ha spiegato Suda. "Nel rimasterizzare il titolo, sviluppare contemporaneamente due versioni ha avuto un impatto tremendo sul nostro carico di lavoro e ha esteso significativamente i tempi di sviluppo".
Accuse di doppi standard
Le polemiche hanno raggiunto il culmine quando Shaun Noguchi, direttore generale di EA Japan, ha accusato CERO di applicare standard incoerenti. Noguchi ha denunciato come il remake di Dead Space sia stato di fatto bandito dalle console giapponesi per contenuti violenti simili a quelli presenti in Stellar Blade di Sony, che invece ha ottenuto una classificazione D senza subire tagli.
Pubblicando screenshot dalla demo di Stellar Blade che mostravano arti mozzati con ossa visibili e interiora sparse sul pavimento, Noguchi ha evidenziato l'apparente contraddizione: "CERO, avete detto che il nostro Dead Space non andava bene perché si vedevano le sezioni trasversali delle parti danneggiate e gli organi interni. Ma qui potete vedere sia le sezioni che gli interni, quindi non sono convinto che stiate applicando davvero la classificazione D".
Mikami ha aggiunto una riflessione più ampia sulla situazione: "Penso sia strano che ci siano persone che vogliono giocare a titoli provocatori, e altre che non giocano affatto ma cercano di impedire il loro divertimento attraverso regolamentazioni restrittive". Questa dichiarazione cattura l'essenza di un dibattito che va oltre la semplice classificazione dei contenuti, toccando questioni fondamentali di libertà espressiva e coerenza normativa in un'industria sempre più globalizzata.