Speciale Halloween: I peggiori videogiochi horror di sempre

Non tutti i videogiochi horror sono esperienze indimenticabili, e alcuni lo sono... Per le ragioni sbagliate, scopriamo quali!

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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Dopo avervi raccontato di alcuni dei migliori videogiochi per vivere una notte di Halloween all’insegna del terrore, cambiamo totalmente direzione spostandoci su esperienze spaventose… In un altro senso. Già perché se è vero che esistono opere capaci di catturare e appassionare i giocatori come poche altre, anche il filone horror è ricco di prodotti che forse sarebbe meglio dimenticare.

Non vi diciamo insomma di non provare questi giochi la notte di Halloween, ma vi avvertiamo sul fatto che l’effetto potrebbe non essere esattamente quello desiderato. Molte di queste produzioni riescono addirittura a trasformarsi, dopo solo qualche minuto di gioco, in esperienze inconsapevolmente irriverenti. Qualche esempio? Date un’occhiata qua sotto, alla nostra selezione di alcuni dei peggiori videogiochi horror di sempre.

Agony

La vera agonia sta nel cercare di finirlo: questo il pensiero, a grandi linee, che avevamo espresso ai tempi nella nostra recensione. Sviluppato da Madmind Studio e pubblicato da PlayWay nel 2018, Agony è ancora oggi ricordato come uno dei peggiori videogiochi della storia. In assoluto.

Il titolo nasce da una campagna Kickstarter capace di superare in breve tempo l’obiettivo prefissato ma, all’uscita, le aspettative furono quantomeno disattese. Un level design terribile, controlli mal calibrati e un frame rate imbarazzante sono solo tre dei tantissimi elementi che hanno reso il gioco celebre… Per le ragioni sbagliate. Il risultato finale? Un’esperienza più che dimenticabile, che vi consigliamo di evitare in ogni sua forma possibile e immaginabile.


Alone in the Dark: Illumination

Il ritorno di Alone in the Dark è qualcosa che noi appassionati di questo genere attendiamo con ansia a che, soprattutto alla luce degli ultimi capitoli della serie, speriamo possa davvero rendere giustizia a un franchise storico e fondamentale. Alone In The Dark: Illumination, uscito ormai nel 2015, è il perfetto esempio di come non trattare una saga che merita una cura e un rispetto di tutt’altro tipo.

Siamo di fronte a un titolo di bassa fattura, con un comparto grafico debole e a tratti anticlimatico unito a bug e problematiche che influenzano e non poco l’esperienza di gioco. Il tutto condito da una trama che non riesce proprio a ingranare, e a una modalità online che sin dal lancio ha mostrato enormi problemi sotto ogni punto di vista. In tre parole: un vero peccato.


Night Trap

La perfetta dimostrazione del fatto che, a volte, “So bad is so good”. Più o meno. Uscito nel 1992 su Sega Mega CD e sviluppato da Digital Pictures, Night Trap è uno dei primi esempi di "film interattivo”: un’esperienza costituita da filmati digitalizzati dove ammirare alcuni attori in carne e ossa… Dar vita a delle performance ai limiti della decenza.

Il gioco è infatti talmente mal realizzato da risultare, a tratti, quasi divertente seppur in modo del tutto inconsapevole. In ogni caso, si tratta da un certo punto di vista di un’opera di culto e dalla grande importanza storica: insieme a Lethal Enforcers, Wolfenstein 3D e Mortal Kombat, fu infatti uno dei giochi a portare all’istituzione della classificazione ESRB. A modo suo, insomma, Night Trap ha fatto la storia.


Friday The 13th

Se il titolo di Gun Interactive riesce a regalare ai fan della saga di Jason Voorhees un’esperienza quantomeno divertente, quest’altro horror d’annata è con tutta probabilità la cosa peggiore che sia mai successa alla serie Friday The 13th. Siamo nel 1989, e il titolo esce su NES in maniera del tutto fortuita: per una serie di circostanze, infatti, rischiava di non vedere mai la luce… E visto il risultato finale non sarebbe stato poi così male.

Ci troviamo nel Camp Crystal Lake, con l’obiettivo di proteggere i bambini presenti nel campeggio dalla minaccia di Jason: fin qui nulla di strano, se non fosse che a livello tecnico siamo di fronte a un vero buco nell’acqua senza riserve. Un gameplay fin troppo basilare e senza spunti particolari, un comparto audio terribile (con loop sonori a tratti assordanti) e un’Intelligenza Artificiale addirittura esilarante: il gioco di Friday The 13th insomma è sì spaventoso, ma per i motivi più sbagliati.


The Walking Dead: Survival Instinct

Avete presente la saga di The Walking Dead firmata da Telltale? Un vero e proprio capolavoro di narrazione, capace di emozionare e commuovere decine di migliaia di giocatori in tutto il mondo. Ecco, The Walking Dead: Survival Instinct non è esattamente la stessa cosa.

Basato sullo show televisivo e non sul fumetto, il titolo di Terminal Reality riprende le vicende dei fratelli Dixon… Ma le cose non potevano andare peggio. Un’IA mal implementata, unita a una trama raffazzonata e a diverse mancanze lato tecnico rendono il gioco qualcosa di assolutamente evitabile anche per gli spettatori più appassionati. L’unico pregio? Gli zombie sono irriverenti, sotto ogni punto di vista.


7 Days to Die

Passiamo a un open world che tutti aspettavano con ansia… E che si è rivelato un enorme buco nell’acqua sotto tanti, troppi aspetti. Ambientato in Arizona durante una Terza Guerra Mondiale, 7 Days to Die prometteva sin dalla campagna Kickstarter - conclusa peraltro con grandissimo successo - un’esperienza unica nel suo genere: il perfetto mix tra sparatutto in prima persona, survival horror, tower defense e gioco di ruolo.

Il risultato finale? Un’accozzaglia di elementi da tutti questi generi, che non riesce a spiccare nemmeno in uno degli stessi. La prima versione del gioco appariva come un prodotto confusionario e privo di mordente, con gravi lacune anche lato tecnico che l’hanno reso popolare sul web per ragioni prettamente comiche. Fortunatamente il team è riuscito, con gli anni, ad aggiustare un po’ il tiro rendendolo un titolo quantomeno giocabile: e voi, l’avete già provato?


Resident Evil: Survivor

Chiudiamo con una saga che ha definito l’intero genere dei videogiochi horror, nella quale però non è sempre stato tutto rose e fiori. Resident Evil: Survivor, noto in Giappone con il nome di Biohazard Gun Survivor, è con tutta probabilità uno dei punti più bassi del franchise: in pochi sanno che il settimo capitolo non è stato il primo tentativo di proporre un Resident Evil in prima persona, ma forse forse sarebbe stato meglio.

Survivor è uno sparatutto arcade dove vestiremo i panni di Ark Thompson, in un mondo creato riciclando (nel modo più sbagliato possibile) asset e ambientazioni dai “veri” capitoli della serie. Come risultato finale ci troviamo davanti a un prodotto che, oltre a non riuscire proprio a trasmettere terrore, appare pieno di bug e con un’IA carente se non addirittura assente. Un Resident Evil da saltare a piè pari insomma, anche e forse soprattutto per i fan più appassionati.