High On Life | Recensione - L'avventura più folle del 2022

Folle e spregiudicato, High On Life vi farà passare ore a riempire di proiettili buffe creature aliene in compagnia di armi chiacchierone.

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a cura di Martina Fargnoli

Editor

L'ultima fatica di Squanch Games, capitanata dal co-creatore di Rick e Morty Justin Roiland, è uno sparatutto in prima persona fantascientifico strampalato, chiassoso e… appiccicaticcio, sia perché la quantità di fluidi con cui si entra in contatto è elevata, sia perché non tutto è tenuto insieme nel migliore dei modi e l’umorismo che dovrebbe fare da collante, talvolta sovrasta tutto per nascondere i difetti del gioco. Ma in fin dei conti ad High On Life non gliene frega niente di ciò che pensa il giocatore, né gli importa di fare scelte di design vecchie e superate; lo ribadisce più volte nel corso dell’avventura e se ne prende gioco. Geniale, folle o semplicemente irritante?

La risposta è racchiusa nel grado di sopportazione che riuscite a raggiungere per la scrittura e la voce di Roiland che tra le altre cose doppia una delle vivaci armi parlanti, protagonista insieme al nostro personaggio, che invece è anonimo e silenzioso. Fin dalle prime volte che High On Life si è mostrato, infatti, una delle caratteristiche che ha fatto gravitare un numero considerevole di fan intorno al progetto è il coinvolgimento di Roiland stesso e dello stile caustico di comicità che lo contraddistingue.

Per molti un vero e proprio selling point, mentre per altri un incubo. Se il balbettio eccessivo e prolungato, le imprecazioni usate come rafforzativo di una battuta, e i continui riferimenti a varie parti anatomiche aliene e non, vi disturbano, c’è davvero poco da fare per farvi piacere High On Life e non sarà neanche il gameplay a convincervi a indossare la tuta da cacciatore di taglie per sterminare il cartello alieno criminale che vuole fare degli umani la sostanza stupefacente più in voga per sballarsi.

Ciò che funziona in una serie animata da 20-30 minuti non è detto che automaticamente funzioni all’interno di un videogioco con una durata di 10 o più ore. Sebbene ci siano dei momenti capaci di strappare una sana e gloriosa risata, a volte l'umorismo di Roiland può essere un po' ripetitivo ed eccessivo, e a seconda della vostra sensibilità, potrebbe mettervi a disagio il modo in cui affronta certi temi legati al suicidio o alla depressione.

Abbiamo recensito il gioco con il seguente PC:

CPU: Intel Core i7-12700RAM: Corsair Vengeance LPX 16GB (2X8GB) DDR4 3200MHzGPU: GeForce RTX 3060 Ti

Lascia che sia la tua pistola a parlare

Le premesse di High On Life sono assurde così come le situazioni che ci troveremo a dover risolvere. High On Life è un gioco che ha abbracciato completamente la sua insensatezza e non se ne vergogna, anzi la urla più forte, la rende più vivida attraverso la caratterizzazione dei suoi personaggi. Vere star dello show sono le armi che otterremo a mano a mano che sfoltiremo le fila dell’organizzazione criminale che tiene in scacco gli umani.

Ogni arma ha un aspetto distintivo e una sua personalità grazie alle voci di attori comici come J. B. Smoove, Betsy Sodaro e Tim Robinson. Sul fronte del gameplay, oltre a poter essere associate ad archetipi come la pistola o il fucile a pompa, la particolarità più sorprendente è la modalità di fuoco alternativa che ogni arma possiede, utile in combattimento ma anche nella risoluzione di puzzle o nella navigazione come insegnano i migliori Metroidvania.

Kenny, la pistola interpretata da Justin Roiland, può lanciare una palla viscosa che al contatto con i nemici li fa saltare in aria rendendoli dei bersagli facili, altrimenti in modo più furbesco può essere utilizzata per colpire piattaforme e aprirsi nuovi accessi. Tello, è un coltello che prova un piacere fisico e ardente per l’essere conficcato dentro la tenera carne dei goffi alieni, ma all’occorrenza può essere utilizzato come rampino per spostarsi più rapidamente da una piattaforma all’altra o per evitare gli attacchi nemici volteggiando in aria quando il livello lo permette.

Sweezy è un’arma chiaramente ispirata alla pistola ad aghi di Halo, pungente sia nei suoi commenti che nella sventagliata di proiettili che conficca nei sederi dei nemici. Tra le sue abilità anche quella di generare una bolla temporale in grado rallentare il tempo. Gus, è un fucile a pompa che risucchiando l’aria attira i nemici verso la sua bocca, pronto per infliggere una letale rosata nei denti del nemico. Diventa tagliente quando sputa un disco rotante che nelle fasi esplorative può fissarsi alle pareti ed essere usato insieme al rampino per raggiungere luoghi elevati.

Creatura manda i suoi figlioletti in giro ad attaccare l’avversario o ad aprire porte e sbloccare passaggi in alcune sezioni di gioco piuttosto basilari. Il livello dei puzzle non è mai in grado impensierire, il che è sicuramente un vantaggio per chi vuole concentrarsi sull’azione, ma potrebbe essere visto negativamente da chi avrebbe preferito un uso più creativo delle abilità di esplorazione e risoluzione enigmi.

Il modo in cui le armi reagiscono ai nemici circostanti, spesso appellandoli come una inutile perdita di tempo, o commentano ciò che fa il giocatore, con incitamenti, offese o consigli, rendono un po’ più sopportabile un altrimenti piatto e blando scontro con i nemici. A volte però le frasi si ripetono e appaiono un po’ fuori contesto come quando la mia pistola vuole a tutti i costi che spari il suo muco anche se la situazione non lo richiederebbe.

È tutto oro quel che luccica?

Avere un arsenale così fornito ma non poterlo pienamente esprimere per colpa di un design lineare senza grandi acuti, che impronta gli scontri come ondate all’interno di arene, è un vero peccato. Se nelle prime ore ci si abbandona volentieri a una carneficina indiscriminata come nelle danze mortali frenetiche del miglior DOOM, alla lunga tutto finisce per risultare ripetitivo e stancante perché i nemici sono quasi sempre gli stessi e non offrono grandi stimoli.

Discorso a parte va fatto per i boss che sono caratterizzati in modo più marcato e presentati con una piccola introduzione come farebbe Borderlands. Il gioco esplora alcune idee interessanti, anche al di fuori delle fasi sparatutto in sé, e progetta le arene per mettere alla prova anche le abilità di movimento come salto, scivolata e schivata riuscendo a far meglio rispetto alle fasi di combattimento standard. Alcuni boss risultano più ispirati di altri, deludendo però proprio nello scontro finale, momento che invece a mio avviso avrebbe dovuto spiccare maggiormente.

Se cercate la varietà nel combattimento, può offrirvela il sistema di mod, ma dovrete attentamente cercarle nelle casse sparse per il mondo o acquistarle nei negozietti nascosti nelle aree di gioco perché fermarsi alle sole mod di Blim City fa sembrare il sistema molto superficiale. Il gioco ci prova a stimolare l’esplorazione, ma non ci riesce fino in fondo perché a meno che non vi sentiate dei collezionisti accaniti di casse del tesoro, potreste non essere così stimolati a vagare in scenari molto simili tra loro all’interno di uno stesso bioma, con pochi punti di interesse ad attirare la vostra attenzione. Nel suo prendere in prestito idee da altri giochi per rimescolarle, High on Life non coglie appieno il piacere di esplorare di un Metroidvania.

Dalla seconda metà del gioco, infatti, il titolo inizia a ripercorrere aree già viste e sebbene siano esteticamente anche interessanti e ben curate, c’è una implicita ripetitività negli eventi di gioco, nel modo di approcciarli e nel costante chiacchiericcio delle nostre armi. High On Life è quindi uno di quei giochi la cui durata più contenuta è un punto di forza e permette di meglio tollerare eventuali sezioni troppo simili tra loro, del resto uno scherzo è bello quando dura poco. Ho completato la sola campagna in circa 7 ore e apprezzo che High On Life non abbia voluto impormi attività secondarie per riempire il mondo di gioco e lasciando a me la scelta di scoprire cosa si nasconde in un cinema o uno skate park, pagando a volte anche il prezzo di risultare per certi aspetti un po’ vuoto se si decide di ignorare gli aspetti secondari del titolo.

High On Life tra prestazioni, bug e stabilità

Ho giocato ad High On Life sia prima che dopo la patch di lancio e non ho rilevato grandi problematiche che mi hanno impedito di calarmi completamente nella sua follia. La build è risultata abbastanza stabile, salvo un crash post patch che non ha compromesso le mie ore di gioco, né lo ha fatto ricaricare più volte un checkpoint perché la missione sembrava bloccata e non voleva procedere oltre.

Il frame rate si è mantenuto buono, sui 60fps in modalità Full HD con tutte le impostazioni grafiche settate al massimo. Qualche improvviso calo l’ho avvertito soprattutto nel momento in cui i rinforzi nemici si precipitavano a terra e cresceva il numero di personaggi nell’area, tutto però si assestava nei momenti di azione pura. Se anche voi volete provare il gioco lo trovate anche sul Game Pass.

Non ho apprezzato, invece, la mancanza di feature di accessibilità basilari. Ci sono opzioni per regolare la parlantina di armi e nemici, ma non c’è la possibilità di regolare il FOV o migliorare i sottotitoli per chi ne sentisse bisogno. Troppo piccoli e troppo veloci per il numero costante di interazioni.