Il Regno Unito si rifiuta di tutelare i videogiocatori

Il governo britannico ha respinto la richiesta di rafforzare le leggi a tutela dei consumatori di videogiochi in merito ai live service.

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a cura di Andrea Maiellano

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Il governo britannico ha respinto la richiesta di rafforzare le leggi a tutela dei consumatori di videogiochi, in risposta a una petizione che chiedeva di vietare ai publisher di disattivare giochi e contenuti già venduti. Il Dipartimento per la Cultura, i Media e lo Sport (DCMS) ha dichiarato che non ci sono piani per modificare la normativa esistente.

La petizione, che aveva raccolto oltre 10.000 firme, sollecitava un aggiornamento della legge per impedire alle aziende di disabilitare videogiochi e relativi asset senza garantire agli utenti la possibilità di mantenerli o ripararli. Tuttavia, il governo ha affermato che i venditori di giochi devono già rispettare i requisiti vigenti e che continuerà a monitorare la situazione.

"Siamo consapevoli dei problemi relativi alla durata dei contenuti digitali, inclusi i videogiochi"

Il DCMS ha riconosciuto le preoccupazioni degli utenti riguardo all'operatività dei prodotti acquistati e alla durata dei contenuti digitali, inclusi i videogiochi. Ha però precisato che "non c'è alcun obbligo di legge per le aziende di software di supportare versioni più vecchie dei loro prodotti".

Il governo ha sottolineato che esistono già protezioni per i consumatori attraverso il Consumer Rights Act 2015 e i Consumer Protection from Unfair Trading Regulators 2008. Ha inoltre ricordato che la sezione CPRs del Digital Markets, Competition and Consumers Act 2024 entrerà in vigore nell'aprile 2025, fornendo ulteriori tutele.

Nonostante le richieste degli utenti, il governo britannico sembra quindi orientato a mantenere l'attuale quadro normativo, ritenendolo sufficiente a bilanciare gli interessi dei consumatori e delle aziende del settore videoludico.

Il problema, per chi non lo sapesse, deriva dal fatto che sempre più giochi live service (che siano mobile o no) chiudono dopo un periodo di scarsi profitti, disattivando i server e quindi invalidando gli acquisti in-game fatti dai giocatori, nel caso fossero giochi "free to play" o, addirittura, invalidandone l'acquisto e difendendosi con il fatto che viene venduta una licenza d'utilizzo e non la proprietà del gioco.

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In realtà il problema è più complesso, e ne sono affetti non solo i live service.
In linea di principio tutti i giochi che richiedono una connessione attiva per l'installazione (che sono la quasi totalità dei giochi Xbox e PlayStation ad oggi) non saranno più utilizzabili se i servizi on line vengono chiusi.
In sintesi se con una PS2-PS3 ci potremmo giocare anche tra 20 anni indipendentemente dalle sorti di Sony/PlayStation con una PS5 non è affatto detto.
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