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Recensione

Agatha Christie - Hercule Poirot The London Case | Recensione - Quando mancano ordine e metodo

Hercule Poirot torna per una nuova avventura in questo punta e clicca sequel del buon "Poirot: The First Cases". Sarà riuscita Microids a ricreare la magia dei racconti di Agatha Christie?

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Indubbiamente il 2023 sarà un anno di grandi uscite, e questo ormai lo saprete tutti, anche solo considerando l'ormai imminente arrivo di Starfield e relativa recensione (appuntamento a giovedì 31 agosto, don't miss it!), ma sarà, a quanto pare, anche l'anno di Hercule Poirot, il celebre detective creato dalla penna della prolifica Agatha Cristie e che nel corso dei suoi oltre 100 anni di carriera ha già goduto di un mucchio di reinterpretazioni, tra racconti, piece teatrali, opere televisive film e, come avrete capito, anche videogame.

Al detective, infatti, saranno dedicate quest'anno ben 3 opere, tutte più o meno attese seppur con budget e conformazioni diverse ovvero: un nuovo film in arrivo (il terzo della saga reinterpretata da Sir Kenneth Branagh), e ben due videogame, uno in uscita in autunno dedicato al popolare racconto “Assassinio sull'Orient Express”, che promette un gameplay un po' più moderno e, almeno in parte, dinamico; ed un punta e clicca di stampo classico, per altro sequel di un gioco abbastanza apprezzato da giocatori e critica, e chiamato Agatha Christie - Hercule Poirot The London Case che è poi, come da titolo, l'argomento di analisi di questa recensione.

Sviluppato dal team di Blazing Griffin in seno a Microids, ormai diventato l'unico publisher che pare in qualche modo interessato a tenere in vita le avventure grafiche vecchia scuola, Poirot: The London Case è un sequel abbastanza diretto del precedente "Agatha Christie - Hercule Poirot: The First Cases", titolo che non abbiamo avuto occasione di recensire, al tempo, qui su Game Division, ma che chi vi scrive trovò abbastanza accattivante, specie considerando che, sempre chi vi scrive, ha una passione smodata per i titoli punta e clicca, più o meno dai tempi di Monkey Island, ma poi seriamente maturata solo grazie alla serie di Broken Sword (che, grazie all'intercessione di qualche divinità Maya sta finalmente per tornare).

The First Cases, infatti, pur non brillando dal punto di vista grafico o per quanto riguardava l'interazione ambientale, era un'avventura investigativa abbastanza intrigante, complice una buona scrittura, un bel setting (una villa bloccata a causa della neve, con relativo gruppo di disperati ed annesso omicidio... una roba molto nello stile della Christie) ed uno stile di gioco sì datato, ma ancora oggi molto solido, che portava il giocatore e Poirot nel mezzo di un caso abbastanza “imbrogliato”, giusto pane per i denti del detective belga e delle sue “celluline grigie”, in quello che era il suo debutto al di fuori della polizia del suo paese.

The First Cases, insomma, come da titolo era una sorta di “episodio zero”, con un Poirot giovane e non ancora così noto, e privo di qualsiasi comprimario che potesse, in qualche formula, supportarci nel corso del caso. Chi conosce il personaggio, infatti, saprà che esso ha alle spalle una piccola schiera di supporter, come l'incrollabile Miss Lemon o lo stoico Ispettore Japp, ed ovviamente il fido Arthur Hastings che, per altro, proprio nel gioco qui in analisi viene e finalmente introdotto. Insomma, con questo “London Case”, ci si aspettava che, almeno dalle premesse, il team portasse Poirot ad una nuova consacrazione ludica, pur chiaro che si parla di un progetto piccolo e pure multipiattaforma che, per questo, sicuramente gode di risorse molto limitate, se non proprio modeste.

La premessa, forse lunga, è importante per sottolineare che quanto vi troverete per le mani, a patto che siate fan di Poirot o dei punta e clicca in generale, non è un prodotto del tutto indegno (e lo diciamo qui e ora perché, lo so bene, si aprono articoli come questi e si vola subito a leggerne il voto), ma certamente non all'altezza di quello che sarebbe potuto essere in conseguenza del precedente capitolo. Come dico sempre, però, andiamo per gradi

Il caso londinese

Ambientato qualche tempo dopo il primo episodio, e presentando quindi un Poirot più esperto, ma comunque ancora giovane e non così noto al mondo, The London Case prende il via, nel suo prologo, da un piccolo caso di furto, avvenuto su di una nave che, dal Belgio, è diretta a Londra per consegnare un prezioso dipinto: “La Maddalena Penitente”. Un quadro pregevole che, per altro, è sotto le cure del nostro investigatore, trattandosi di un'opera prestata dal governo Belga ad un locale museo londinese ed il cui inestimabile valore richiede, per forza di cose, qualcuno che la tenga d'occhio e la protegga.

Il prologo, in tal senso, che funge per altro da introduzione ad alcuni dei personaggi che ritroveremo poi a Londra, è così l'occasione per il gioco di mostrarci le sue meccaniche, tutte abbastanza semplici, e per introdurre (o eventualmente re-introdurre) il giocatore a quello che è il processo di deduzione dell'investigare, tutto basato su di un semplice sistema che, in soldoni, ci richiederà di effettuare dei collegamenti logici tra i vari indizi raccolti, così da sbloccare, di volta in volta, alcune deduzioni per procedere nell'avventura.

Questo è anche il frangente in cui faremo la conoscenza del succitato Hestings, storico “socio” di Poirot in molte delle sue avventure (specie televisive) e qui purtroppo limitato all'essere un mero fantoccio, verso cui il detective ed il giocatore potranno di tanto in tanto rivolgere le proprie deduzioni per procedere nell'avventura. Che è un po' poco a dire il vero, specie perché il gioco sembra non compiere passi in avanti rispetto al titolo precedente, anzi semmai qualche passo indietro.

Il problema è molto semplice: il primo titolo della saga, che aveva come protagonista il solo Poirot, era in effetti molto meglio ritmato di quanto non sia questo secondo episodio, complice non solo proprio la presenza di Hestings, che rende tutto un attimo più lento e macchinoso, ma anche una serie di scelte ludo-narrative che porteranno il giocatore ad andare a tentoni, senza contare che il ritmo generale dell'avventura è spesso tanto sincopato quanto privo di mordente.

Detta ancor più chiaramente, questo London Case, spesso e volentieri, non chiederà altro che riversare su Hestings alcune deduzioni in modo del tutto casuale, quasi come se il nuovo personaggio non fosse altro che una sorta di “tramite” tra una parte e l'altra dell'avventura. Si visita quindi una location, si interrogano i sospetti, si cerca degli indizi, si effettuano i collegamenti mentali nel menù dedicato ai pensieri di Poirot, e poi in modo quasi randomico tocca rivolgersi ad Hestings, sperando che si sblocchino le doverose linee di dialogo che porteranno poi al passo successivo. Il tutto senza un vero coinvolgimento del PNG o senza una apparentemente logica.

Non solo, perché nel tentativo di rendere il gioco un po' più “interattivo” rispetto al capitolo precedente, complice la presenza di più scenari a disposizione (tutti comunque molto piccoli e limitati), il team obbliga spesso al giocatore a gironzolare tra le varie mappe disponibili, alla ricerca di oggetti collocati in modo non sempre così ovvio, o di personaggi che vengono disposti spesso in certe mappe in modo quasi casuale.

Si tratta di scelte abbastanza illogiche, per altro in controtendenza rispetto al titolo precedente in cui non solo i personaggi, ma anche il passaggio tra un capitolo e l'altro, parevano decisamente meglio scritti e connessi, rendendo quest'avventura a volte inutilmente prolissa, se non proprio stancante il che, considerando che compresa la lettura di ogni linea di dialogo e la scoperta di ogni piccolo segreto vi impiegherà meno di 3 ore di gioco, rende il tutto quasi paradossale.

Non solo, anche dal punto di vista tecnico, questo secondo episodio delle avventure di Poirot sembra compiere almeno un paio di passi falsi, anzitutto cannando in pieno l'ambientazione di gioco. Un esempio lampante è dato dalle varie location che, al netto del riferimento londinese, non propongono nessun vero scorcio della città inglese che, per quanto visto, potrebbe tranquillamente essere una città qualsiasi dell'Europa centrale, se non addirittura Parigi se si guarda una mappa specifica (per altro che propone una camminata piuttosto inutile). Paradossalmente, l'unica cosa che ci ha ricordato Londra è stato l'accento del doppiatore di Hestings, ma semplicemente perché a dare voce al personaggio è il medesimo doppiatore delle più recenti interazioni dello Sherlock Holmes di Frogwares. Questo e nulla più.

Seppur qualche scorcio possa comunque risultare accattivante, va poi criticata anche l'inusuale scelta registica compiuta dal team (almeno in questo specifico contesto), di affidare completamente ai personaggi animati in game la recitazione delle scene, spesso anche con primi piani che non fanno altro che evidenziare la pochezza delle animazioni e dei modelli, con questi ultimi che sono sì e no apprezzabili da lontano, e spesso davvero brutti da vicino. Una scelta davvero ingiustificabile considerati i limiti del gioco, che non fa che accentuare agli occhi del giocatore il bugdet molto limitato dell'avventura.

Povere celluline grigie!

Dulcis in fundo, Poirot: The London Case perde anche l'occasione di proporsi come un'avventura davvero degna del cervello del popolare investigatore, trattandosi di un titolo non solo molto lineare, ma anche estremamente semplice. Ad esempio: pur avendo aggiunto più inetrazioni ambientali di quante non ce ne fossero in passato, The London Case non riesce mai davvero a sviare il giocatore, se non dal punto di vista meramente narrativo, offrendo sempre una vista molto chiara di quelli che saranno gli elementi con cui dovremo interagire nel corso dell'avventura. Anche l'assenza di un vero e proprio set di oggetti raccoglibili, o anche solo analizzabili, impedisce al giocatore di sbagliare, e non essendoci la possibilità di sbagliare le proprie deduzioni, anche quando bloccati basterà semplicemente andare a tentoni rivisitando le location già esplorate (dove, ricordiamolo, spesso vengono ricollotai a random alcuni personaggi), o andare a tentativi nelle connessioni mentali del nostro investigatore.

Non esistono bivi, non ci sono fraintendimenti, e non ci sono oggetti con cui interagire che non siano quelli fondamentali al gioco. Una situazione paradossalmente frustrante laddove, ad esempio, avrebbe aggiunto pepe poter osservare, analizzare o anche solo raccogliere la qualunque, come succede ad esempio per la succitata serie di Broken Sword o, perché no, in minor misura anche nell'altrettanto storica saga di Syberia, creando così delle false piste per il giocatore che avrebbe, in tal modo, dovuto davvero aguzzare l'ingegno, avvicinandosi anche a quello che è lo scopo dei metterci nei panni del miglior investigatore di sempre. In questo senso non solo non si mette davvero alla priva il giocatore, ma l'intera risoluzione dei vari casi diventa una mera questione di tentativi e buona sorte, quando sarebbe bastato davvero poco per rendere il tutto un tantino più “emozionante”, pur senza compiere scelte drastiche come quelle effettuate proprio da Frogwares per il suo Sherlock Holmes.

Poirot, i videogame e i bias

Prima di chiudere un piccolo pensiero a margine, che nasceva originariamente come preambolo a questa recensione, ma che piazzeremo qui ad uso e consumo solo di chi avrà voglia di leggerlo, visto che poco c'entra con il gioco in sé, ma c'entra tanto invece con me e con Poirot. Pertanto sentitevi pure liberi di saltarlo a pié pari.

Personalmente, ci ho messo anni per apprezzare le avventure di Monsier Hercule Poirot, unanimamente considerato il miglior detective del mondo ed orgoglio della polizia belga. A convincermi, devo dirlo, è stata la mia compagna, che dopo anni ed anni di pushing mi ha infine spinto a perdermi nelle avventure dell'investigatore che, interpretato in TV dall'inossidabile talento di David Suchet, è infine diventato uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, tanto che tempo dopo mi sono trovato a chiedermi: “ma perché questo Poirot non l'ho mai seguito prima?”

In fondo amo profondamente i romanzi dedicati a Sherlock Holmes, così come i relativi racconti brevi, e non disdegno le avventure di stampo investigativo, anche quando particolarmente cervellotiche e complesse. La risposta è stata tanto semplice quanto fastidiosa: “il mio era un bias”. Un bias dato, fondamentalmente dall'identificare le avventure televisive di Poirot come un prodotto datato, “per vecchi”, un po' come quando ci si immagina Nonno Simpson che grida a squarciagola il nome di Matlock, celebre avvocato penalista, protagonista di un'omonima serie tv, oggi irrimediabilmente associato all'intrattenimento geriatrico.

Ora, se vi racconto tutto questo, che non c'entra un cavolo con la recensione, è solo per ricordarvi quanto spesso, anche e soprattutto nei videogame, oltre che nei prodotti d'intrattenimento in generale, si sia vincolati dai bias, che ci impediscono di godere appieno delle cose belle che il settore dell'intrattenimento ha da offrire. Un principio che è poi alla base di qualsiasi tipo di “console war”, laddove ancora esistono certi pregiudizi che ci impediscono di ammettere che certe cose possono essere belle e godibili a prescindere dalla loro età e dalla loro provenienza.

Che è un po' il motivo per cui, a ben pensarci, sono morti (ma stanno risorgendo) i videogame di genere investigativo/punta&clicca. Ma abbiate pazienza, questa è un'altra storia.

Voto Recensione di Agatha Christie - Hercule Poirot The London Case


6

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Poirot è tratteggiato in modo fedele rispetto al personaggio originale

  • Trama non eccezionale, ma comunque interessante

  • Sottotitoli, testi e menu in italiano

Contro

  • Tecnicamente molto arretrato

  • Recitazione digitale a tratti imbarazzante

  • Scarsa interazione ambientale

  • Londra?

  • Alcune scelte ludo-narrative davvero inspiegabili

  • Povero Hestings...

Commento

Agatha Christie - Hercule Poirot The London Case è un punta e clicca di stampo classico senza infamia e senza lode, che ha in sé dei pregi che, purtroppo, poco centrano con il gioco in sé. Il primo, indubbiamente, è quello di tenere vivo il nome dell'investigatore di Agatha Cristie, un personaggio eccezionale ma che oggi, purtroppo, è appannaggio di pochissime persone, specie considerando quanto esso (e soprattutto le sue bellissime avventure televisive) siano ormai roba “di un'altra epoca”. Il secondo è quello di tenere in vita il genere dei punta & clicca, che ormai pare interessare solo al team di Microids, ma che è ancora largamente amato da un mucchio di videogiocatori dai 30 anni in su. Salvo questo, il gioco in sé è praticamente un passo indietro rispetto al suo capitolo precedente, che non è quello che dovrebbe mai succedere a un sequel e questo, ovviamente, è un gran peccato.

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