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One Piece Odyssey, i pirati in salsa RPG | Anteprima

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One Piece Odyssey, i pirati in salsa RPG | Anteprima

di Andrea Baiano Svizzero lunedì 12 Dicembre 2022 16:00
  • 6 min
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Più informazioni su
  • One Piece Odyssey
  • Giochi PC
  • PlayStation
  • Xbox
  • Bandai Namco Entertainment

One Piece non ha bisogno di presentazioni, nemmeno nel mondo dei videogiochi. In 25 anni di storia l’opera di Eiichiro Oda ha abbracciato più volte il mondo dei videogiochi, affacciandosi a generi differenti. Dallo smash-like (ve lo ricordate Battle Stadium D.O.N?) al musou, passando per esperienze adventure più tradizionali. Ognuno di questi progetti ha provato a raccontare l’iconica opera con un approccio differente, tentando di trovare il modo migliore per esprimerne le peculiarità. All’annuncio di One Piece Odyssey però sono rimasto sorpreso, perché era la prima volta che un team tentava una strada differente, quella del j-rpg.

Il gioco di ruolo giapponese, così amato anche in Occidente, sembrava la scelta giusta per declinare il mondo di One Piece in modo nuovo, differente. Viene da chiedersi perché nessuno lo abbia fatto prima, ma sono quisquilie a cui possiamo rinunciare agilmente. La voglia di provarlo però era tanta, e grazie a Bandai Namco ho potuto passare esattamente 3 ore in compagnia di One Piece Odyssey, giocando tutta la parte introduttiva e testando i sistemi che caratterizzano l’esperienza.

In sviluppo da 5 anni presso ILCA, One Piece Odyssey è sempre stato un j-rpg perché il team pensava fosse il genere perfetto per raccontare le variegate avventure del mondo di Eiichiro Oda. Sin dal primo istante questa dichiarazione acquisisce una certa credibilità, perché la sensazione di star giocando qualcosa di familiare e perfettamente contestualizzato c’è tutta. Difficile non tracciare parallelismi con Dragon Quest, la storica serie Square Enix, da cui il team ha preso ispirazione per capire che strada intraprendere nel genere.

One Piece Odyssey è di fatto figlio della visione di Yuji Hori, il creatore di Dragon Quest, e propone un combattimento a turni, con un approccio all’esplorazione lineare e tipico di un certo canone del gioco di ruolo giapponese. Come vi dicevo, la sensazione di naturalezza che si prova giocando One Piece Odyssey è assolutamente spiazzante, e lascia ancora una volta straniti il pensiero che ci siano voluti 25 anni per avere un gioco del genere dedicato a One Piece.

One Piece Odyssey

Solite facce, nuova avventura

Avviata l’avventura, veniamo accolti da una dichiarazione d’intenti piuttosto suggestiva: “Una storia di legami, per creare ricordi”. One Piece Odyssey ci lancia da subito nel vivo dell’azione, ritrovando i legami storici che caratterizzano tutta la ciurma di cappello di paglia. L’ironia di Brook, l’intraprendenza di Nami o la dolce forza di Chopper, tutta la ciurma viene fotografata con un’accuratezza sorprendente, quasi stessimo vivendo una delle tante pagine del manga, o dei fotogrammi tratti dall’anime. L’arrivo all’isola di Waford segna l’inizio del viaggio, dopo un naufragio e, in lontananza, un misterioso personaggio femminile a scrutare ciò che resta della Sunny, la nostra nave.

Difficile pronunciarsi sul comparto narrativo in questa fase, ma fa ben sperare il coinvolgimento di Oda nel progetto, con una storia originale e nuovi personaggi ad arricchire l’esperienza. Il naufragio sembra nascondere un disegno più grande, ma il tono delle prime ore di gioco è piuttosto leggero e limitato, prendendosi il tempo per introdurre la ciurma e Adio e Lim, i due personaggi originali. Il tono è sicuramente quello giusto, grazie alla presentazione estetica curata e al doppiaggio giapponese. Certo è che è difficile raccontare qualcosa di nuovo, dopo una narrazione lunga 25 anni e un genere esplorato in lungo e in largo. La sensazione è che il team a livello tematico voglia “giocare” con alcuni punti fissi della serie, dalla figura ambivalente del pirata agli aspetti più fantasy e misteriosi tipici del mondo di Oda.

Apprezzabile la volontà di non alienare i non fan di One Piece, ma di offrire un’esperienza RPG universale, godibile per un pubblico più ampio. E’ ancora presto per decretare vittoria in tal senso, ma in queste 3 ore posso confermare di non aver sentito la necessità di sbirciare qualche wiki ufficiale o di sfogliare un numero a caso del manga. Il mio posto nell’esperienza One Piece? Quella di un fan che, come tanti altri, si è perso per strada ad un certo punto della storia senza mai più proseguirla. Non sarò l’unico di certo, in questa situazione.

One Piece Odyssey

A turni, ma con un twist

I primi passi per l’Isola Misteriosa sono una dichiarazione d’intenti importante, perché con grande eleganza One Piece Odyssey introduce il giocatore a tutti i sistemi che caratterizzano l’esperienza e alle figure. L’esplorazione è piuttosto tradizionale e lineare, e in questa fase siamo chiamati a ritrovare i membri perduti della ciurma e a prendere confidenza con il battle system.

Siamo di fronte a mappe generalmente estese, ma lineari e strutturare su più livelli, che lasciano spazio a intersezioni e a zone in cui ritornare in seguito. Magari sfruttando le abilità uniche della ciurma, come il Gum Gum Rocket di Luffy, che agisce come liana e permette di spostarsi verso punti di interesse o zone sopraelevate. E’ chiaro che il focus dell’esperienza non siano gli spazi ampi tipici degli open world, o open map di varia grandezza, ma in questa fase iniziale ho notato una linearità piuttosto stringente. Anche troppo, a tratti. One Piece Odyssey appare molto guidato, con l’esplorazione che spesso viene fermata dall’incedere della narrazione. Vista la limitatezza delle mappe, la necessità di seguire necessariamente il percorso prestabilito appare come una forzatura, ma è da capire se nelle fasi più avanzate sarà concessa più libertà.

Sul fronte del combat system le cose si fanno più interessanti, scongiurando il rischio di avere tra le mani un’imitazione banale di Dragon Quest. Non disperate, l’animo di One Piece Odyssey è profondamente classico, e le sue fondamenta sono quelle di un gioco di ruolo a turni. La ciurma compone il nostro party, e non manca una gestione delle abilità e i tanto amati livelli. Potrei dirvi che a cambiare, nell’idea di RPG di ILCA, sono alcune sfumature di sistemi già rodati. Mettiamo che vi lanciate addosso ad un nemico nell’overworld, la transizione al combattimento vi farà saltare all’occhio una differenza sostanziale: la divisione in aree. Durante gli scontri, infatti, il party e i nemici saranno divisi in aree differenti. Un po’ come se gli scontri avvenissero in due spazi diversi dello stesso luogo. Questo escamotage permette un approccio agli scontri diverso dal solito, anche in termini strategici.

One Piece Odyssey

Gli attacchi e le abilità speciali della ciurma, hanno infatti un range entro cui i nemici verranno colpiti. Nel momento in cui un nemico è in un’area differente, non è detto che uno dei nostri personaggi sia in grado di attaccarlo, o che il suo attacco gli permetta di spostarsi nell’altra area. One Piece Odyssey sfrutta questa meccanica per spingerci a prestare attenzione alla successione dei turni nemici, mostrati in alto a sinistra. Il passaggio ad un’altra area è infatti possibile solo se non sono presenti nemici ad ostacolarci. Gestire i diversi posizionamenti del party e dei nemici diventa quindi uno stimolo in più, in un sistema di combattimento che resta molto classico e facilmente leggibile.

I rapporti di forza sono determinati da un sistema sasso, carta, forbice, in questo caso Tecnica, Potenza e Velocità, fondamentali per ottenere un vantaggio sui nemici. Il sistema si assorbe dopo poco tempo, grazie anche ad un’interfaccia che mostra tutto chiaramente a schermo. Non è sempre leggibile al meglio, quantomeno nelle fasi più caotiche a livello numerico, ma la sensazione è che One Piece Odyssey sia riuscito a fare sua l’esperienza tradizionale di Dragon Quest al di là della semplice imitazione, con un approccio originale e funzionale.

L’idea è davvero interessante, perché spezza la monotonia tipica del genere e agisce su un livello ulteriore di dinamismo e strategia. Ed è proprio la monotonia il nemico da combattere, spesso nominata anche dal team di sviluppo. Il gioco di ruolo giapponese ha spesso fatto i conti con delle strutture troppo rigide, molto care agli appassionati ma ai fatti figlie di un approccio al genere vecchio e anacronistico. L’idea del team di One Piece Odyssey è di avere un’esperienza classica, ma che non sia ferma al passato. Il combat system si muove in questa direzione proprio per questo motivo, ma non è il solo elemento ad essere stato rivisto.

One Piece Odyssey

In molte battaglie avremo infatti delle “Dramatic Scenes”, le quali avranno delle condizioni di completamento uniche, con i nemici soggetti a vari boost di statistiche, come l’attacco migliorato.
Immaginate un Usopp in pericolo in un’area e noi col party in un’altra, l’obbiettivo è chiaramente salvarlo prima che sia troppo tardi. Oppure uccidere un nemico in 1 turno, o con un personaggio specifico del party. Superate le sfide, riceveremo un bonus di esperienza alla fine dello scontro. Un bonus sostanzioso, che nelle 3 ore di gioco mi hanno messo in una condizione di vantaggio sostanziale nel secondo dungeon.

L’idea di arginare il grinding è cosa buona e giusta, ma la sensazione è che gli scontri diventino troppo semplici. Il bilanciamento qui sarà fondamentale, per offrire una sfida adeguata che non renda gli scontri una pressione di tasti senza raziocino. Soprattutto in vista di un’avventura che si preannuncia corposa, con 30 ore per completare la storia e circa 60 per il completamento totale.


Questa corposa prova di One Piece Odyssey mi ha lasciato con una grande voglia di continuare a giocare. Il gameplay riesce ad essere un’espressione originale in un genere spesso soffocato dalla tradizione, o in costante ricerca di nuove forme, per raggiungere un pubblico più ampio. La gestione delle aree negli scontri è interessante, così come l’idea di abbattere il grinding e rendere l’esperienza RPG complessiva meno pesante.

I punti di perplessità ad ora sono legati al bilanciamento dell’esperienza, alla rigidità dell’esplorazione e ad un comparto tecnico visivamente convincente, ma dalla capacità espressiva altalenante. L’atmosfera c’è tutta insomma, e gli scorci sono davvero piacevoli, ma la rigidità delle animazioni facciali e dei modelli non sempre rende giustizia alle situazioni mostrate a schermo. Gennaio è dietro l’angolo, e One Piece Odyssey potrebbe essere una sorpresa, non solo per i fan di cappello di paglia.

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