Recensione Urban Empire

Urban Empire unisce al genere dei city builder tutta la politica legata al lavoro del sindaco. Riusciremo in 200 anni a dare vita alla città che vogliamo?

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a cura di Matteo Lusso

Urban Empire

 

Urban Empire è il gestionale di Reborn Games che ci elegge a sindaco di un nuovo centro urbano, ma a differenza dei più classici city builder, il fulcro dell'intera esperienza ruota anche attorno al mondo politico. Niente poteri da divinità per il primo cittadino, che deve far approvare ogni sua decisione dal consiglio comunale e al tempo stesso garantire l'evoluzione della propria metropoli.

Urban Empire

CONTRO: Graficamente arretrato; la libertà nel definire la città è ridotta al minimo; interfaccia caotica e informazioni nascoste; crescita economica troppo limitata; politica poco evoluta.

VERDETTO: Urban Empire porta qualche novità nel genere dei city builder introducendo elementi tipici di Crusader Kings e Democracy, come l'evoluzione della propria dinastia e il mondo politico. Purtroppo, la gestione della città risulta insoddisfacente e l'andamento dell'economia resta un'incognita a causa di un'interfaccia confusionaria che rende difficile comprendere che impatto hanno le nostre decisioni sul futuro del nostro centro urbano.

Urban Empire è un interessante connubio tra un gestionale cittadino puro e un simulatore politico. Nonostante il mix appaia interessante, il gioco di Reborn Games pecca su diversi aspetti che lo rendono monotono e anche frustrante.

La partita inizia permettendoci di scegliere fra quattro diverse famiglie, a cui sarà affidata la fondazione di un nuovo centro urbano, nella fittizia regione di Swarelia, per volere dell'imperatore. Ogni membro iniziale della dinastia ha dei tratti che definiscono dei bonus e malus nella gestione della città e nell'interazione con il consiglio comunale.

Si può scegliere fra i von Pfilzens, famiglia aristocratica dal passato militare, i Kilgannons, che rappresentano maggiormente la classe operaia, i Sant'Elias, che credono fermamente nell'evoluzione tecnologica e infine i Shuskys, emigrati russi destinati a chi vuole cimentarsi verso uno stile di gioco più neutro.

Non è possibile dar vita alla propria stirpe di primi cittadini perché ogni famiglia presenta degli eventi casuali - in realtà non così tanto - che ne modificano i tratti o hanno direttamente effetto sulla città. Questa scelta appare un po' forzata poiché si sarebbero potuti adattare facilmente a una dinastia personalizzata. In ogni caso il problema di fondo non è questo.

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Nei 200 anni di storia, suddivisi in cinque differenti ere, si continua a non capire che peso hanno le nostre scelte. L'interfaccia eccessivamente complessa rende infatti difficile avere un quadro preciso e immediato della crescita della città.

L'economia è la variabile all'apparenza più aleatoria. Sembra che le spese e gli introiti mensili aumentino e diminuiscano senza un senso logico. In realtà dopo qualche ora si inizia a comprendere l'andamento economico e quali provvedimenti prendere per mantenere un bilancio positivo. Purtroppo nelle prime partite si va veramente alla cieca dato che il tutorial spiega solo gli elementi base e l'interfaccia non aiuta a comprendere che effetti le nostre scelte avranno nel tempo.

Uno dei modi meno costosi per incrementare i profitti è quello di promulgare degli editti. Si tratta di leggi che ci permettono di regolare certi aspetti della vita cittadina. A volte può essere conveniente regolarizzare la vendita dei liquori o del tabacco per garantire un saldo positivo delle casse comunali. Naturalmente questo porta al rovescio della medaglia e viene penalizzato, ad esempio, il valore dell'ordine pubblico o della sanità.

La nostra metropoli è infatti caratterizzata dalla qualità della vita sociale, dalla bellezza dell'ambiente, dal livello d'istruzione, dalla sicurezza e dal divertimento. Si nota subito come l'interfaccia non faciliti la comprensione.

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Ognuno di questi valori viene infatti calcolato in base alla classe sociale presa in considerazione, dopodiché viene estrapolato il valore finale. Quindi a volte si è convinti di promulgare un editto, di modificare un distretto o di scegliere la risposta di un evento casuale in modo che aumenti uno o più di quei tratti, ma non è proprio così.

Sfortunatamente, gli effetti sono mostrati in una finestra pop-up in cui una piccola icona ci dice su chi o cosa influisce la nostra decisione. Però non è immediata da leggere e capire, rendendo il nostro lavoro da sindaco un po' basato sul "sentimento" che una certa scelta possa funzionare.

Questa complessità al posto di aggiungere profondità alle meccaniche di gioco, rende la partita frustrante. Questo perché, come è giusto che sia, tutto ruota attorno ai soldi. Avere un bilancio positivo rende più facile incassare l'approvazione dei vari partiti del consiglio, però le spese da coprire nell'aggiungere un servizio o istituzione e nel fondare o migliorare un distretto sono esorbitanti, soprattutto per quanto riguarda il costo mensile.

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Quindi la città rimane arretrata mentre gli anni continuano a passare. A fine ottocento manca il gas in gran parte dei distretti, a metà novecento non abbiamo ancora l'elettricità, fino ad arrivare negli anni 2000 senza linee telefoniche. Questo perché non si può fare molto per migliorare la città se si vuole mantenere un bilancio positivo. Inoltre gli aggiornamenti da applicare ai distretti non sembrano avere un grosso impatto, perché ancora una volta non si capisce bene a cosa servano.

Infatti, abbiamo convinto il consiglio comunale ad aggiungere la rete elettrica e aumentare la densità degli edifici - con una spesa mensile esorbitante - in un distretto di sole fabbriche. Siccome è possibile ricercare nuove tecnologie da un apposito albero, che sbloccano anche attività commerciali, quella spesa ci è parsa sensata per dare una spinta all'industria cittadina. Eppure, gli introiti provenienti dal distretto non sono aumentati, anzi sono calati rovinosamente fino ad andare in perdita. Ci aspettavamo la nascita di nuove aziende più moderne, che garantissero un tale investimento iniziale, ma così non è stato.