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Somerville | Recensione - L'apocalisse secondo Jumpship

La recensione di Somerville, un'avventura narrativa-puzzle che segue un padre alla ricerca della famiglia durante un'apocalisse

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Avatar di Andrea Baiano Svizzero

a cura di Andrea Baiano Svizzero

Pubblicato il 17/11/2022 alle 12:00
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  • Pro
    • - Visivamente ispirato
    • - Ottimi puzzle
  • Contro
    • - Emotivamente arido, ma esplode sul finale
    • - Tecnicamente altalenante, visivamente poco chiaro
    • - Controlli imprecisi

Il verdetto di Tom's Hardware

7

Somerville è un viaggio pregno d'atmosfera e fascino, ma freddo nella sua esecuzione. Esplode sul finale, ma non basta a ridare alle due ore precedenti un senso che vada oltre la rappresentazione delle fatiche, e della determinazione, di un padre alla ricerca della sua famiglia. Somerville lascia straniti nel suo tentativo di raccontare un'umanità fragile e imponente, senza mai ricordarsi di trasmettere altro oltre la potenza delle sue immagini.


Informazioni sul prodotto

Immagine di Somerville - Xbox Series X

Somerville - Xbox Series X

La televisione è accesa, sintonizzata sul vostro canale preferito. Tu, tua moglie e il piccolo pargolo siete stretti sul divano a guardarla, godendo di un momento familiare piuttosto irripetibile. C'è anche il cane, che trova conforto nel solo fatto di essere lì, in vostra compagnia. Poi sovviene il sonno, decisamente imprescindibile dopo una lunga e dura giornata. Il divano chiama, voi rispondete.

Somerville ci regala fin da subito un momento familiare estremamente ordinario, con persone ordinarie al centro della scena. Si dà da mangiare al cane, si fa il bagnetto al piccolo di casa. Finché la routine non viene spezzata da una catastrofe incomprensibile, un attacco proveniente dal cielo, di misteriosi obelischi che si stagliano su tutta la superficie terrestre.

L'attacco non lascia scampo, e i primi momenti di Somerville raccontano di una fuga impossibile, dove si tenta di salvare il salvabile, per poi sentirsi braccati dalle circostanze. La famiglia del nostro protagonista viene divisa, lasciandoci in balia del nulla, in compagnia solo del nostro cane, con un braccio improvvisamente dotato di strani impulsi elettrici. La nuova avventura di Jumpship, team nato dall'avventura solitaria di uno dei fondatori di Playdead (Limbo, Inside), si inserisce perfettamente in quel filone, raccontando una storia attraverso i suoi spazi, i suoi silenzi, e una progressione fatta di momenti esplorativi e tanti puzzle.

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La guerra dei mondi

L'avventura del team di Dino Patti in questo senso è familiare, se avrete giocato uno dei titoli sopracitati, ma è allo stesso tempo un tentativo di portare quella formula altrove. Gli spazi si allargano in Somerville, e nonostante la progressione scorra in modo piuttosto lineare, non si viaggia più sulle due dimensioni. Gli ambienti qui hanno tridimensionalità, sono attraversabili in varie direzioni e con una profondità maggiore. Uno stacco che viene spesso enfatizzato da campi lunghissimi, per appropriarmi del linguaggio cinematografico che mostrano paesaggi immensi e scorci apocalittici di incredibile bellezza. Siamo piccoli rispetto all'apocalisse, ma siamo determinati. Nel caso del protagonista, determinato a ritrovare la propria famiglia. Una fatica di Ercole, che metterà alla prova il nostro papà contro entità decisamente più grandi di lui.

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Somerville non racconta niente al di fuori delle sue immagini, non ci sono documenti sparsi per le ambientazioni, nè dialoghi ad impreziosire la messinscena. Si procede, puzzle dopo puzzle, in un viaggio puramente visuale. Fatto di scorci apocalittici, creature aliene dalle strane luci viola, e piccoli momenti di umanità dove sono i gesti e le animazioni a parlare in vece ai personaggi. Eppure Somerville non è riuscito ad emozionarmi, non nella sua interezza. Pur esplodendo sul finale, il viaggio di questo papà risulta estremamente metodico e freddo. Nel suo attraversare spazi, risolvere enigmi, superare nemici invincibili, questo personaggio non riesce mai a trasmettere nulla se non la sua inscrollabile determinazione a proseguire.

In questo senso ho trovato piuttosto indicativo il modo in cui Somerville racconta il rapporto con il cane, fin da subito al nostro fianco, pur se come presenza e non come strumento di gameplay. Ecco, semplicemente non lo fa. Non c'è alcun tentativo di stabilire un contatto con questo "coprotagonista", che anche nei momenti più intensi viene semplicemente messo da parte. Si prosegue, poco importa. Somerville sembra più intenzionato alla forma che al contenuto. A meno che non abbiate la sindrome di Stendhal, non saranno i bellissimi accostamenti di colori, né i giochi di luce nelle rovine di un'umanità assente ad emozionarvi.

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Gioco di mano

Come dicevo, Somerville sfrutta un punto di vista differente rispetto ad Inside e Limbo. Non c'è una progressione a scorrimento bidimensionale, ma un gameplay che sfrutta gli spazi tridimensionali in cui ci muoviamo più o meno liberamente. Questo permette un approccio ai puzzle differente, di più ampio respiro. Non mancano cambi di inquadratura repentini, per enfatizzare ciò che avviene a schermo. Funziona, impreziosito da uno stile visivo decisamente efficace e piacevole. Il suo più grande problema qui è il visual design, ovvero i modi in cui gli sviluppatori suggeriscono al giocatore elementi di interesse o di progressione in uno spazio. Somerville a volte è davvero faticoso da leggere, soprattutto nelle sue interazioni più microscopiche.

In un gioco tutto fatto di puzzle ed esplorazione, questo non è proprio il massimo. Nonostante ciò, i puzzle sono piuttosto riusciti e ingegnosi, e sfruttano il misterioso braccio ad impulsi del protagonista. Dovremo sfruttare le fonti di luce, per eliminare degli strani agglomerati rocciosi generati dall'invasione aliena. Si spostano cose, si abbassano leve, o si sfruttano delle bizzarre sfere animate, innocue ma decisamente ghiotte di quel materiale.

Somerville complica poi un po' le cose sfruttando in modo maggiore il braccio ad impulsi, dando ai puzzle una complessità maggiore senza mai cadere nell'ottuso. Non sempre, almeno. Peccato per un sistema di controllo impreciso, con cui ho spesso avuto la sensazione di dover combattere. Non sono mancati glitch o compenetrazioni varie, durante la mia partita, insieme a diversi cali di frame rate (su Series S).

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Somerville è un viaggio pregno d'atmosfera e fascino, ma freddo nella sua esecuzione. Esplode sul finale, ma non basta a ridare alle due ore precedenti un senso, che vada oltre la rappresentazione delle fatiche e della determinazione di un padre alla ricerca della sua famiglia. Somerville mi ha lasciato stranito, nel suo tentativo di raccontare un'umanità fragile e imponente, senza mai ricordarsi di trasmettere altro oltre la potenza delle sue immagini.

Non lo fa con il gameplay, né con i tanti momenti in cui avrebbe potuto darmi dei motivi per fregarmene dei suoi personaggi. Ottimi i puzzle, al netto di alcune frustrazioni, dovute purtroppo ad un controllo inaffidabile del personaggio e a vari glitch che rendono l'esperienza a tratti frustrante. Somerville fa diverse cose bene, con altre affidate un po' alla vostra soggettività, ma è fin troppo altalenante per definirsi del tutto soddisfacente. Un esordio per Jumpship che convince solo in parte.

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