Nel corso delle ultime settimane, diverse società che lavorano nell'industria dei videogiochi hanno staccato il supporto alla Russia e alla Bielorussia per via del conflitto in Ucraina. L'ultima società a farlo è Valve, che ha deciso di bloccare i pagamenti da Steam verso gli studi di sviluppo russi e bielorussi, ma anche ucraini. I motivi però non sono legati alla solidarietà, bensì anche ad un piccolo problema logistico, ben spiegato da una mail emersa su Twitter.
La posizione di Valve è abbastanza controversa, ma giustificabile sotto un certo aspetto. Come riportato nelle mail lanciate nelle ultime ore, la società non può evadere i pagamenti verso nessun territorio citato. I publisher e gli sviluppatori presenti su Steam che lavorano e hanno a disposizione un conto corrente ucraino, russo o bielorusso non potrebbero, almeno per ora, ricevere i loro pagamenti.
Per quanto riguarda la Russia, buona parte delle transazioni economiche potrebbero essere ferme a causa del blocco di alcuni SWIFT, oltre che del fallimento di Sberbark Europe, la banca russa europea. Anche la Bielorussia è stata sanzionata dall'Unione Europea più in generale da tutto l'Occidente (o quasi), con sanzioni che rendono impossibile il pagamento verso gli sviluppatori e i publisher. Per quanto riguarda invece l'Ucraina, i motivi potrebbero essere legati alla difficoltà di inviare bonifici e pagamenti vari a causa della guerra attualmente in corso.
In a new development, Valve completely ceases sending developer/publisher payments to Russia, Belarus... and Ukraine
— Vadym 🇺🇦 (@YellowAfterlife) March 18, 2022
This doesn't impact me personally (since I'm not the "owner" of any paid titles), but for anyone relying on Steam as their source of income in these trying times, pic.twitter.com/Ix6YnJM0Xj
Nonostante molti sviluppatori e publisher si siano schierati contro la Russia, anche per evitare che i soldi delle loro tasse finiscano per finanziare la guerra attualmente in corso, la decisione di Valve sembrerebbe essere più un obbligo che altro. Dello stesso avviso anche Nintendo, che pur essendosi definita preoccupata dalla situazione e ad aver chiesto lo stop immediato del conflitto, si è trovata a fermare la vendita dei suoi prodotti anche a causa dei vari blocchi imposti alla Russia.
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