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Watch Dogs: Legion e la realtà dell'attivismo digitale

Watch Dogs: Legion come specchio dell'attivismo digitale, un racconto di come l'aggregazione virtuale sia una delle armi per difendere la libertà.

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Avatar di Alessandro Palladino

a cura di Alessandro Palladino

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Pubblicato il 08/07/2019 alle 10:30

Watch Dogs: Legion è stato un titolo che fin dalle prime indiscrezioni si è mostrato come una netta evoluzione del tono della saga di Ubisoft. Certo, si è sempre parlato di hacktivism e sistema corrotto, ma mai nei termini strettamente politici e sociali che la Londra di Legion vuole proporre al suo pubblico.

Un futuro distopico post-brexit che può apparire una fantasia tanto tecnologica quanto pessimista, ma che in realtà prende spunto dalla realtà più pericolosa del nostro mondo. Il nome Legion è quindi calzante, quasi necessario se vogliamo, proprio perché si rifà ai più importanti moti di cambiamento che la cultura dell’attivismo digitale ha influenzato nel profondo. Chi si ricorderà di Anonymus lo farà a buona ragione, come scopriremo nelle prossime righe.

Tutti possono essere parte della Legione, chiunque potrà essere il nostro eroe attivista da portare nella battaglia contro il sistema, che sia il vigile del fuoco con una famiglia distrutta o una nonnina tutta pepe. Non è importante l’identità di ciascuno di essi, piuttosto lo sono le loro azioni e la grande unione che riescono a mandare avanti in favore dei diritti e della libertà sottratti da un regime chiaramente oppressivo. Una rappresentazione per estremi delle molte ingiustizie che si sono combattute attraverso le pagine del web, nel bene e nel male.

L’anima di Watch Dogs: Legion

Facendo un piccolo passo indietro, è bene capire che Watch Dogs: Legion è pur sempre un seguito dei suoi due predecessori (Watch Dogs 1 e 2) e che il tutto si svolge nello stesso universo narrativo. I dettagli sul dove e quando sono un po’ nebulosi al momento, anche perché la Londra del prossimo capitolo sembra essere molto più avanzata tecnologicamente rispetto alla San Francisco di Marcus e amici.

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Eppure è evidente che il DedSec sia sempre vivo e vegeto, particolarmente risanato dagli eventi di Watch Dogs 2. Nell’ultimo titolo di Ubisoft abbiamo infatti assistito alla dichiarazione d’intenti da parte di un collettivo di giovani hacktivisti, un principio di una lotta alle corporazioni e multinazionali che sfruttano il mondo del web per controllare, manipolare e distruggere gli individui. Certo, lo stile di Marcus e amici era decisamente sopra le righe e la loro giovinezza ha creato una campagna molto eccentrica e caotica, basata sui meme e sulla totale lotta senza alcun freno.

Sembrava quasi un hobby fino alle fasi finali della campagna, dove la posta in gioco è diventata immensamente più alta oltre che internazionale. Lì allora si è visto uno spaccato di serietà, comunque smorzato in pochi istanti per tornare al caos incontrollato del resto del titolo. In qualunque modo si veda la rivoluzione dei giovani hacker americani, Watch Dogs 2 è il parente più prossimo di Legion, almeno nell’ideale di avere un gruppo chiamato DedSec che combatte contro ciò che è ingiusto attraverso il cyberspazio e la disobbedienza civile. Un netto distacco dalle intenzioni del primo capitolo, molto più concentrato sulla storia di Aiden e sull’individualismo della battaglia che combatteva, forse figlio di uno sviluppo concentrato concettualmente sulla falsa riga di Assassin’s Creed.

Leggi anche Watch Dogs Legion: data di lancio e tutte le informazioni rivelate durante l'E3 2019

Con Watch Dogs: Legion il DedSec, nonostante una scala maggiore, è comunque rimasto un movimento dell’underground, un’ombra insidiosa che si para costantemente davanti alla faccia di chiunque attraverso la denuncia sociale e una forte iconografia che domina sui muri delle strade londinesi. Un elemento, quest’ultimo, che riprende palesemente lo stile della comunità di Watch Dogs 2 e del modo in cui la loro comunicazione fosse strutturata per le strade di San Francisco. L’arte urbana, i graffiti e l’immaginario del web – il quale prende, mescola e reinventa icone e stili dell’alba di internet – si riconfermano come uno dei mezzi con cui gli attivisti digitali emanano la propria propaganda, utilizzando l’ironia e lo sberleffo per prendersi gioco delle istituzioni o dell’oppressione, mentre la cultura pop diventa un’arma per trasmettere ideali e messaggi diretti.

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Questo è forse l’elemento che più viene ereditato dal diretto predecessore: il carattere del DedSec, lo stile con cui si pone verso il mondo e l’identità che si è costruito con la sua fuga internazionale dopo l’ennesima lotta contro la Blume e tutta la Silicon Valley. Un idealismo che si può trovare in ogni persona e su ogni muro, a qualsiasi angolo delle strade o nel peggiore pub di londinese. Se veramente si vuole creare un movimento unitario, gli hacker devono partire proprio dal fornire uno scheletro immaginifico con cui potersi identificare.

Virtuale e Reale

Anche tale aspetto è una rappresentazione di quello che è già presente nel nostro mondo, reinterpretato ovviamente dall’originalità di Ubisoft e dal team creativo. Per quanto possa sembrare banale parlarne ora, la maschera di Guy Fawkes rappresenta proprio la traduzione reale delle “maschere” di Watch Dogs: Legion. Oltre che a celere l’identità dell’utilizzatore, nello spirito di non concentrarsi sull’individuo singolo ma sul pensiero della massa, crea una seconda rappresentazione per identificare l’appartenenza ideologica di chi la indossa. Appena la gente vede un corteo di gente sfilare con queste maschere, sa chi sono e sa cosa vogliono, così come lo sanno i mass media e i principali canali di divulgazione.

Allo stesso modo la maschera è una sorta di scappatoia per potersi unire facilmente al movimento senza dover per forza utilizzare sé stessi. E così impiegati, vigili, pompieri e pensionati si uniscono senza ripercussioni private sotto una bandiera senza volto che paradossalmente si trasforma nella massima espressione identitaria dei diritti di ognuno. Ed è da qui che Watch Dogs: Legion trae il suo concetto narrativo e la funzione di gameplay del “gioca con chiunque”, proprio perché nella storia di questi movimenti è così che funziona. Con tale concetto non poteva esistere un capo carismatico o un gruppo rappresentativo di tutti, perché avrebbe minato l’anonimato aggregante con cui l’organizzazione deve necessariamente agire.

Guarda su

Ma qual è il risultato di questa azione? Dov’è che lo scenario di Watch Dogs: Legion va a incrociarsi con il passato e il futuro delle strutture sociali europee e non? Citando Anonymus, potremmo utilizzare alcuni eventi a esso legati per fare dei parallelismi utili. Innanzitutto è abbastanza chiaro che in Legion la principale preoccupazione del popolo sia l’assenza di libertà di pensiero e privacy, sia online che offline, oltre che una lotta contro la corruzione di quelle corporazioni/industrie/organizzazioni che in qualche modo ledono il pensiero o la vita del cittadino comune.

Una delle operazioni più significative di Anonymus, e una delle prime apparizioni in pubblico come gruppo di protesta unito da un simbolo (la maschera), è stata la grandissima guerra digitale e non contro Scientology. In questo caso, Anonymus si mosse contro la controversa religione “a pagamento” proprio per via dell’enorme mole di casi che stavano venendo a galla su di essa. In poche parole, Scientology è stata al centro di alcuni degli scandali più gravi dello scenario finanziario, sociale e mediatico americano, con diverse prove di coercizione, frode e molti altri capi d’accusa che hanno generato processi e condanne. Nel 2008, a seguito di alcune minacce di Scientology stessa verso 4chan (ambiente di nascita del gruppo di hacktivisti) dopo una pubblicazione di un video di Tom Cruise (famoso seguace di Scientology e al centro di alcuni degli scandali più in vista) riguardante la chiesa, il gruppo di hacker iniziò un attacco su larga scala contro i server del culto, chiamato DDoS e diventato in seguito il marchio di fabbrica del gruppo insieme a LOIC.

Leggi anche Watch Dogs: Legion, il nuovo attesissimo titolo Ubisoft supporterà il ray tracing

La protesta però divenne velocemente virale e nel febbraio del 2008 centinaia di cortei di gente con la maschera di Guy Fawkes partirono in quasi tutte le sedi di Scientology sparse per il mondo. Questo fu il vero e proprio inizio dell’apparizione fisica del gruppo, che però a questo punto poteva contare anche sul supporto della gente comune e non solo di persone con capacità informatiche. Da qui il gruppo Anonymus, o Anon, divenne parte integrante delle proteste maggiori contro le corporazioni e chiunque minasse la libertà della rete. Prese parte a Occupy Wall Street, ma anche a tutti quei movimenti di dissenso contro la censura dei paesi Arabi per quanto riguardasse la rete e il web, o l’informazione nel senso più generale, dando perfino una mano non indifferente a creare reti sicure lontano dal monitoraggio delle dittature. Una varietà di occasioni che, nel bene o nel male, hanno definito l’identità collettiva del gruppo, principalmente anarchica e anti-capitalista.

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Lo stesso specchio identitario possiamo averlo già perfino dai primi trailer di Watch Dogs: Legion, oltre che dalla nostra anteprima direttamente all’E3 2019. Nel video di presentazione del primo gameplay la scena iniziale ci fornisce un chiaro segnale sul fatto che il DedSec sia passato a un livello successivo, diventando un vero e proprio baluardo sotterraneo per tutti gli abitanti di Londra stanchi e oppressi.

Non perché esso si respiri nelle piazze o nei pub, piuttosto perché l’avanzata totale della tecnologia ha paradossalmente permesso numerose scappatoie, backdoor se vogliamo usare un linguaggio informatico, per potersi isolare e trovare persone che la pensino in maniera simile. Per farlo però è necessario “rinunciare” alla propria identità, connettersi a una rete e fare capo al sentimento che il gruppo costruisce nella sua interezza.

Watch Dogs 2 già affrontava questo discorso quando, tra una missione e l’altra, una figura dal volto sconosciuto e dalla voce alterata (riferimento ad Anonymus) faceva comunicati manifesto del gruppo e delle loro azioni. Solo che poi, nella pratica, i cittadini di San Francisco erano solamente spettatori di una lotta intestina, lasciando che DedSec fosse un gruppo del deep web e mai fuori tra la gente comune, relegati in hack-a-ton al margine della Silicon Valley. Qui sta l’evoluzione di Legion, l’annullamento del confine tra reale e virtuale quando si tratta della lotta contro un sistema che sembra essere sempre più potente ed espanso. Lo stesso percorso che poi ha seguito Anonymus e che ha portato alla protesta fisica, come nel quadro sociale di Legion.

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Chiaro che al momento dovremo aspettare di mettere mano sul prodotto finale per poter fare parallelismi più precisi, eppure già questo approccio di Ubisoft per Watch Dogs: Legion è un segnale molto forte sul come la compagnia, e il team di sviluppo, vogliano traslare nella loro storia il percorso dell’attivismo digitale, dandogli il compito di essere la speranza maggiore in una Londra post-brexit dove non c’è spazio per la libertà. È inoltre una bella spinta sull’acceleratore della lotta tra privato cittadino, popolo dell’informazione e corporazioni dalle bieche mire, che da una parte è sempre stato il fil rouge della serie, dall’altra non ha mai voluto essere così esplicito come potrebbe esserlo nel prossimo scenario inglese.

Tutti o nessuno

Ed è proprio perché il gioco si fa più reale che la necessità di potersi lasciare alle spalle l’obbligo di calarsi in un singolo personaggio deve farsi da parte. Così come lo avrebbe dovuto fare un avatar personalizzato o un anonimo soldato da vestire all’occasione. Decentralizzando l’immedesimazione del giocatore e frammentandola in un esercito che può arruolare a suo piacere, si può creare la sensazione di poter partecipare in prima persona alla rivolta di Watch Dogs: Legion, non come spettatori ma come agenti in piena regola che decidono e vivono un collettivo in costante mutamento.

Leggi anche Assassin's Creed e Watch Dogs? Sono nello stesso universo!

Ciò permette di riflettere su un piano più personale sulle tematiche che il gioco affronterà, ma va anche a rendere più approcciabili le riflessioni più lontane dalla visione del giocatore medio (in tendenza un adolescente) attraverso il cambio di prospettiva che la mole di personaggi permette. Marcus, per quanto possa essere interessante, ci dava solo una visione della San Francisco multiculturale che era possibile esplorare nel secondo capitolo. Londra è forse una delle città più cosmopolite della Terra e confinarla negli occhi di un singolo individuo ne avrebbe azzoppato l’approccio e la ormai necessaria rappresentazione inclusiva che Ubisoft porta avanti da anni.

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Vedremo quindi la capitale UK da qualsiasi sguardo vorremo farlo e con storie che cambieranno a seconda dei personaggi che utilizzeremo. Allo stesso tempo però rimane vero che – quasi per assurdo – ciò non intacca minimamente il movimento DedSec nella sua accezione attivista, anzi è del tutto irrilevante se esso sarà composto da veterani di guerra o da anziani con il catetere.

Rimarrà sempre quel sentimento collettivo, una dimensione così ampia che sembra stare estremamente stretta perfino nella rivoluzione del “gioca con chiunque”. E ciò è il sigillo di qualità della nuova produzione di Ubisoft: Watch Dogs: Legion trasborda con veemenza fuori dai suoi confini digitali, invitandoci a una riflessione sul reale e a capire cosa possiamo fare noi per la vita sociale fuori dallo schermo del computer, indipendentemente da quale “maschera” indossiamo ogni mattina.

Watch Dogs: Legion uscirà il 6 marzo 2020, ma nel frattempo è possibile pre-ordinarlo su Amazon!
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